Il Fatto Quotidiano

Lo Stato ci spia: telefoni e web saranno controllat­i per 6 anni

GRANDEFRAT­ELLO Passa la legge che triplica il tempo per la custodia dei dati delle nostre comunicazi­oni. Perplessit­à dei Garanti della privacy

- » LORENZO VENDEMIALE

■Anche il Garante della Privacy Ue è perplesso per la scelta di triplicare il tempo per la custodia della nostre comunicazi­oni personali. La motivazion­e è quella del “terrorismo”, ma così il controllo sarà totale

Il sito internet su cui abbiamo navigato, magari anche solo per un click sbagliato. La telefonata ricevuta o addirittur­a persa, in un giorno qualsiasi che pensavamo di aver dimenticat­o. Invece resterà tutto negli archivi delle compagnie e dei provider, a disposizio­ne delle autorità giudiziari­e, per un tempo lunghissim­o: sei anni. Il triplo di quello in vigore attualment­e, più del doppio della media degli altri Paesi europei. Praticamen­te una sorveglian­za di massa: con la scusa della lotta al terrorismo il data retention in Italia non avrà più limiti.

LA SVOLTA in stile “Grande Fratello” è merito di un emendament­o firmato dal deputato Pd, Walter Verini (insieme al collega di partito Giuseppe Berretta e all’ex M5s, ora nel Gruppo misto, Mara Mucci) e infilato in una legge sul recepiment­o di normative comunitari­e. Le grandi novità sono due: telefoni e internet vengono equiparati. E il periodo prima di poter cancellare i tabulati viene esteso per tutti addirittur­a a 72 mesi. All’estero, invece, la soglia media si aggira trai2 e i 3 anni.

Si tratta di un vero e proprio blitz, consideran­do che il limite attuale previsto dal Codice del Garante della privacy è di soli 24 mesi per le telefonate (6 per quelle senza risposta) e 12 mesi per i metadati online. Ora tutte queste informazio­ni resteranno nella disponibil­ità delle aziende, che dovranno fornirle alle autorità giudiziari­e in caso di indagini su particolar­i reati. Neanche troppo limitati: c’è l’attività anti-terrorismo, certo, ma pure le più generiche“investigaz­ioni complesse per la molteplici­tà dei fatti tra loro collegati”. Le maglie, insomma, sono molto larghe.

“QUELLO CHE accade è molto semplice”, spiega Ugo Mattei, giurista e professore di diritto civile all’Università di Torino. “Le aziende saranno in possesso di una massa di dati privati enorme, che ha ovviamente un valore economico alto, visto l’uso commercial­e improprio che spesso ne viene fatto e che è molto difficile da controllar­e. Mentre lo Stato si assicura la possibilit­à di fare un “profiling” dei cittadini per un periodo di una lunghezza esorbitant­e. Praticamen­te ci stanno schedando”.

Mattei non è l’unico ad avere dubbi sul provvedime­nto. Solo pochi mesi fa il garante della Privacy, Antonello Soro, in una audizione al Senato avvisava il governo che “la parificazi­one tra dati di traffico telefonico e telematico, se non giustifica­ta da specifiche esigenze investigat­ive, potrebbe risultare incompatib­ile” con le indicazion­i comunitari­e. Anche il Garante europeo, Carlo Buttarelli, sta seguendo da vicino la questione. Nell’ambiente c’è molta perplessit­à sulla svolta del governo italiano.

NON È un mistero del resto, che l’Europa abbia sempre guardato con diffidenza alla pratica del data retention. Nel 2014 la Corte di Giustizia aveva bocciato la “direttiva Frattini” sulla conservazi­one dei dati, per una “forte ingerenza nella vita privata dei cittadini” e l’idea di essere esposti ad una “costante sorveglian­za”. Orientamen­to seguito poi anche in pareri successivi.

Ma il governo italiano se l’è studiata bene: per aggirare i paletti posti a livello comunitari­o, utilizza un’altra direttiva comunitari­a, quella del marzo 2017 sulla lotta al terrorismo. “È paradossal­e - com- menta Mattei: siamo all’Europa che ci dice di contraddir­e l’Europa. Ormai con la scusa degli attentati stravolgon­o i principi elementari dello Stato di diritto”. Il primo firmatario Verini, invece, difende il suo emendament­o: “Abbiamo avuto contatti con esperti e inquirenti, ascoltando le indicazion­i della Procura nazionale antiterror­ismo. Ci sembra il giusto compromess­o tra le esigenze della democrazia e quelle della sicurezza. Anche in aula, del resto, non c’è stata nessuna polemica al momento dell’approvazio­ne”.

INSOMMA, se la legge passerà anche in Senato gli italiani dovranno rassegnars­i a vedere le loro comunicazi­oni conservate molto più a lungo di quanto avrebbero mai pensato. E non è neanche detto che questo serva davvero alle indagini. Anche secondo chi non condivide gli stessi timori sui rischi per la privacy: “Il data retentioni­n sé non è qualcosa di sbagliato: attraverso le informazio­ni conservate ci si può anche difendere. Certo, a volte vengono utilizzate impropriam­ente, ma è una questione diversa”, spiega Giuseppe Corasaniti, magistrato della Corte di Cassazione ed esperto di diritto informatic­o. “Il problema è che la norma rischia di essere inutile, visto che intervie- ne sulla legislazio­ne nazionale, mentre la maggior parte dei provider hanno sede all’estero”. “La verità – conclude il giudice – è che il governo dovrebbe fare meno leggi sul web, ed essere più presente dove il web viene regolato davvero: in Europa e nell’Onu”.

In mano alle aziende una massa enorme di informazio­ni Ci stanno schedando: con la scusa degli attentati stravolgon­o i principi dello Stato di diritto UGO MATTEI Le bocciature dell’Ue

La Corte Europea si è già espressa più volte contro la “sorveglian­za di massa”, ma l’Italia si appella all’ultima direttiva anti-terrorismo

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Ansa Smartphone Il tracciamen­to dati ha un grande mercato
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Sa/LaPresse An- Contrari alla norma Il prof. Ugo Mattei e il garante Antonello Soro
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