Renzi calunnia il Fatto, ecco le prove sul “caso” Adinolfi
Casi Adinolfi & c. Intercettazioni, “visite” della Gdf ai cronisti e le calunnie dell’ex premier nel libro “Avanti”
■ Nel suo ultimo libro l’ex premier racconta che il nostro giornale prende notizie contro di lui dal pm napoletano e dal gruppo di “Ultimo”. Non è così, e glielo possiamo dimostrare
In un passaggio del suo libro AvantiMatteo Renzi fabbrica una fastidiosa illazione su Marco Lillo, i carabinieri del Noe e il pm di Napoli Henry John Woodcock. Si parte dalla sua intercettazione del gennaio 2014 nell’ambito dell’inchiesta su Cpl Concordia, mentre discute dell’imminente ribaltone di governo con il generale della Finanza Michele Adinolfi, pubblicata il 10 luglio 2015. “È la prima volta – scrive Renzi – in cui faccio la conoscenza del Noe, Nucleo operativo ecologico dell’Arma dei carabinieri, che su incarico di un pm di Napoli, il dottor Woodcock, mi intercetta. Apprenderò dell’intercettazione mentre sono presidente del Consiglio, grazie a uno scoop del Fatto Quotidiano firmato da un giornalista che si chiama Marco Lillo. Segnatevi mentalmente questo passaggio: Procura di Napoli, un certo procuratore, il Noe dei carabinieri, il Fatto Quotidiano, un certo giornalista. Siamo nel 2014, non nel 2017, sia chiaro. Che poi i protagonisti siano gli stessi anche tre anni dopo è ovviamente una coincidenza, sono cose che cap itano ”. Si riferisce ovviamente ai nostri scoop su Consip, Lotti e babbo Tiziano al telefono col figlio.
L’IRONIA di Renzi viene demolita dall’inconsistenza dell’insinuazione. Sfatiamo una volta per tutte il mito che il capitano “Ultimo” Sergio De Caprio, fino ad agosto 2015 a capo del Noe, e il pm Woodcock diano le carte delle loro inchieste al Fatto. Semplicemente: non è vero. Lo dimostrano le undici pagine dell’archiviazione dell’inchiesta aperta nel 2015 dalla Procura di Napoli, dopo alcune sollecita- zioni del Csm, sulla pubblicazione dell’intercettazione Renzi-Adinolfi. Meno di un mese dopo, chi scrive, coautore dell’articolo con Lillo, fu perquisito, e De Caprio fu rimosso dal Noe. La Procura ha indagato e poi archiviato cinque carabinieri del Noe di Caserta per rivelazione del segreto d’ufficio, tra i quali l’ufficiale che condusse le indagini sulle infiltrazioni della camorra negli appalti Cpl, e che poi è transitato ai Servizi. Fu appurata la loro buona fede dietro all’errore che determinò l’ostensibilità di quelle carte. Furono pure acquisiti i tabulati del giornalista: nessun contatto con loro.
L’indagine ha dimostrato che l’informativa con le conversazioni di Renzi e Adinolfi fu allegata a una misura cautelare dei pm Sirignano, Giordano e Maresca – che indagavano sui rapporti tra Cpl e clan dei Casalesi – e nulla c’entrava Woodcock, che ottenne qualche mese prima alcuni arresti nell’ambito di un’altra indagine sulla metanizzazione Cpl di Ischia, ma utilizzò un’altra informativa, con gli omissis a coprire le parole dell’ex premier e del generale. Anche il pm Sirignano diede, correttamente, la stessa disposizione.
Ma i carabinieri e la cancelliera del pm fecero confusione e in- serirono l’informativa del Noe di Roma completa del capitolo 7 su Adinolfi. Gli interrogatori non hanno chiarito del tutto se i ca- rabinieri hanno sbagliato ritenendo erroneamente che quelle carte fossero già pubbliche perché allegate nell’inchiesta Cpl- Ischia, oppure hanno solo scambiato una informativa per un’altra senza accorgersi di cosa stavano infilando nello scanner. Ma l’inchiesta a caccia della nostra fonte (che abbiamo protetto rifiutandoci di rivelarla, e non è stata individuata) fu condotta con grande dispendio di energie. Ha impegnato due procuratori aggiunti, un capocentro Dia, due consulenti informatici.
MAI VISTO un tale dispiegamento di forze per un “non reato”, ovvero un articolo su una informativa non segreta ed a disposizione di almeno tre avvocati. Furono individuati e sentiti dai pm: perché i periti hanno ricostruito il percorso del file dal Tiap (la centrale informatica degli atti giudiziari) al computer dell’Ordine degli avvocati (dove furono fatte altre due copie) fino alla marca della chiavetta inserita nel computer del giornalista. Quanta fatica sprecata e quanti soldi pubblici spesi per assecondare il sospetto renziano che era dietro alle pressioni del Csm e che ha lasciato inalterato il pregiudizio dell’ex premier. E cinque poveri carabinieri che hanno dovuto ricorrere a un legale perché hanno svolto un compito che non gli competeva (è esclusiva delle cancellerie).
Ora la storia si ripete. Stavolta anche Roma si muove e indaga Woodcock come fonte di Lillo, che, però, ha spiegato che il pm partenopeo è estraneo. Ed allora siamo noi a notare una coincidenza: due volte il Fatto pubblica una intercettazione di Renzi e due volte i pm di Napoli ordinano le perquisizioni dei cronisti. La coincidenza inquietante, caro Renzi, è questa.
Due volte questo giornale ha pubblicato un’intercettazione dell’ex premier e due volte i cronisti sono stati perquisiti