Contro Dublino l’Italia spera in un siriano
Valutare cosa significa “attraversamento clandestino”
Mercoledì
la Corte di giustizia dell’Unione europea esaminerà i ricorsi contro l’Austria e la Slovenia che potrebbero rivoluzionare l’intero sistema adottato da Bruxelles per governare la crisi dei migranti. A essere contestato è l’utilizzo dell’articolo 13, il cardine del Regolamento che è alla base della Convenzione di Dublino, secondo il quale quando è accertato “che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente”: è la base giuridica per dire che ciascun Pae- se deve farsi carico di chi arriva sul suo suolo. Quella che in pratica, costringe Italia (e Grecia) ad accogliere il grosso degli arrivi. Il ricorso sostiene che le parole “attraversamento clandestino” nel Regolamento non sono applicabili.
TUTTO NASCE dai ricorsi riguardanti le richieste di protezione internazionale avanzate ai due paesi da un cittadino siriano, A. S., e da due famiglie afghane. Persone che hanno raggiunto rispettivamente Lubiana e Vienna dopo aver attraversato Siria, Turchia e il mar Egeo e, percorrendo la rotta balcanica, dopo aver attraversato la Croazia. Hanno impugnato la decisione delle autorità dei paesi di arrivo, secondo i quali non avrebbero dovuto far richiesta di protezione internazionale a loro, ma alla Croazia.
L’avvocato generale dell’Unione, la Sharpston, nelle sue conclusioni dell’8 giugno (anticipate dal Manifesto ) lascia aperto qualche spiraglio: dice - per esempio - che l’ingresso dei richiedenti non può essere definito “regolare”, ma neanche “illegale”. Il Fatto quotidiano è giunto in possesso del parere dell’Avvocatura generale dello Stato italiano che spiega con quali motivazioni l’Italia sostiene il ricorso della Croazia. L’Avvocato dello Stato nota che la parola “illegalmente” è scritta in maniera diversa nelle varie lingue europee. Per questo si rifà all’ar- ticolo 31 della Convenzione di Ginevra, che stabilisce che illegalmente o irregolarmente significa “senza autorizzazione”. Cosa che non si potrebbe dire di quelli che arrivano in Italia, perché al momento in cui sbarcano sul territorio italiano, vengono portati negli hotspot e poi identificati, non si può più dire che sono arrivati senza autorizzazione.
È EVIDENTE, come spiega il viceministro degli Esteri, Mario Giro che si tratta di una battaglia giuridica, che è anche politica: “La sentenza del 26 potrebbe aiutare a uscire dall’ambiguità anche politica del Regolamento ed essere motivo sufficiente per ridiscuterlo”. Previsioni su come andranno le cose mercoledì non se ne fanno, anche perché i giudici sono 24 e di ogni Paese. Quello che è certo è che - comunque vada - la battaglia non finirà qui. Anche di fronte a una sconfitta, si ripartirebbe dalle motivazioni della sentenza.