Il Fatto Quotidiano

Le storie dei bimbi di Nairobi e il nostro dovere di salvarli

- FABRIZIO FLORIS

Mama Alex è la cuoca di un piccolo centro di accoglienz­a per bambini di strada alla periferia di Nairobi dove la città inizia a confonders­i con la campagna. Alcune sere quando è troppo tardi si ferma anche lei a dormire nel centro di Kivuli. In quelle sere puoi sentire i bambini che gridano “story, story, hadithi , hadithi ” (storia, racconto) così lei si siede ed inizia a raccontare una storia come quelle che ha ascoltato da piccola attorno al fuoco quando viveva al villaggio: le voci anche dei più scalmanati si fanno silenziose e gli occhi brillano. Poi a turno anche i bambini raccontano una loro storia e prende la parola Joab: “Anche io ho una storia”, ha una voce timida che si fa fatica a sentire, è tornato da poco nel centro di accoglienz­a e su di lui si vedono ancora i segni della vita di prima: non ti guarda mai negli occhi, sorride in maniera nervosa, non riesce mai a tenere ferma la concentraz­ione per più di un minuto. Mama Alex chiede di fare silenzio e Joab racconta “pole pole” (piano, piano) la storia di una iena e di un’aquila, le parole scorrono lente nella sua mente pensierosa che ha troppi fatti in testa, ma Joab le trova tutte e alla fine tutti invocano “pigeni makofi ” (grande applauso). Una mamma, dei bambini, una storia, spiega Chiara, questo è il nostro impegno: accoglierl­i, nutrirli, mandarli a scuola e alla sera una storia.

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