“Venezuela, attento alle offerte dei tre amigos”
Cento
morti - a livello ufficiale - da quando sono iniziate le proteste di piazza contro il governo. Maduro non intende fare un passo in dietro e insiste con la riforma della costituzione. Dietro le quinte, Colombia, Messico e Argentina lavorano per assicurargli un salvacondotto a patto che esca di scena e ponga fine alla crisi. Emiliano Teran Mantovani, 36 anni, ricercatore della Universidad Central de Caracas offre una lettura di questi eventi: “Credo che l’insistenza di Maduro, di restare al potere, sia legata ad una soluzione di comodo, una garanzia per uscire di scena senza rischi”. Perché a trattare sono i leader di Colombia, Messico e Argentina?
La Colombia è legata a filo diretto col nostro Paese, i suoi interessi sono molteplici e c’è una frontiera comune. Gli altri due sono tornati ad essere protettorati degli Stati Uniti, specie l’Argentina orfana della dinastia Kirchner. Cosa intende per filo diretto con la Colombia?
Parto dalle risorse, di cui Bogotà sente soltanto il profumo. Mentre il Venezuela nuota nel petrolio e possiede altre ricchezze naturali, la Colombia non è stata così fortunata. Da sempre è conosciuto come il Paese della coca. Il traffico di droga da queste parti muove qualcosa come 300 miliardi di dollari l’anno e le nostre coste sono basi sicure per bande di trafficanti senza scrupoli.
Ci sono anche ragioni storiche dietro l’ingerenza della Colombia negli affari di Caracas?
Non solo quelle. L’ex presidente colombiano, Alvaro Uribe, ha sempre accusato Hugo Chavez di essere il più stretto alleato delle Farc, la milizia maoista che ha imperversato per decenni da quelle parti. Manuel Santos, attuale presidente, vuole passare alla cassa e dopo aver disarmato i guerriglieri vuole disinnescare altri pericoli. Peccato dimentichi un particolare…
Cioè?
Le incursioni ripetute dei pa- ramilitari colombiani, Auc, Aguilas Negras, movimenti di estrema destra, in Venezuela hanno portato sangue e morte. Nel fallito golpe del 2002 per spodestare Chavez c’erano anche loro, Santos oggi lo dimentica.
Quanto influisce la politica estera di Washington nella deriva odierna del Venezuela?
Sempre di più. Dal 2015, con l’ordine esecutivo dell’ex presidente Obama, in cui il Venezuela veniva bollato come ‘ pe ri co lo ’ e ‘ m in ac ci a’ della sicurezza statunitense, il quadro si è rafforzato. Come si pongono Cina e Russia?
La Cina è dentro il Venezuela e col caos istituzionale ha tutto da perdere visto il canale preferenziale che si era stabilito con Maduro. Stesso discorso per Putin.
Il presidente dell’Organizzazione degli Stati Ameri- cani, Luis Almagro, parla di ferita aperta per i diritti umani in Venezuela.
Ha ragione, la situazione è gravissima, eppure non ho sentito Almagro rilasciare dichiarazioni di questo tipo quando ad essere coinvolti erano i diritti umani calpestati in Messico e in Colombia.
Le proteste quotidiane contro Maduro hanno causato 100 vittime, come andrà a finire?
La parte sana degli oppositori deve ancora scendere in strada. Oggi troviamo i borghesi dell’estrema destra e i ragazzini violenti dei barrios pagati a turno dall’opp osizione, oltre ai banditi armati dei colectivos di regime. L’economia venezuelana è al collasso: che fare? Prima colpire la corruzione, poi rimettere mano al sistema, evitando di puntare tutto solo sul petrolio.
Bogotà in realtà vuole mettere le mani sulle nostre risorse: il petrolio e le coste Ha poi un conto aperto per le Farc: i guerriglieri avevano l’appoggio da Caracas