Il Fatto Quotidiano

La bufala russa si chiama “Kamember”

Priva del formaggio originale francese, Mosca fa da sé. E ci prende gusto

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

Chi

l’ha detto che l’erba del vicino è sempre più verde? Qualche volta, quella di casa nostra ci piace molto di più. Solo che magari di mezzo c’è anche la truffa.

Per esempio, i francesi scoprono non senza disappunto che il loro amato, morbido, cremoso camembert - orgoglio della gastronomi­a nazionale - i russi non solo hanno imparato a farlo, ma soprattutt­o a venderlo. Che se non fa necessaria­mente male al palato, sicurament­e non giova alle tasche dei produttori transalpin­i. E soprattutt­o, non è l’originale, ma proprio un’imitazione - come d’altro canto dice anche la nuova versione del nome.

È il quotidiano Le Monde a riferire i numeri della vergogna transalpin­a. Dopo tre anni di embargo contro alcuni prodotti alimentari europei proclamato dallo zar Putin in risposta alle sanzioni Usa e Ue contro la Russia (embargo da poco prolungato fino alla fine del 2018), dalle parti di Mosca ci si è dovuti adattare. E il tempo, in questo caso, è servito per passare da succedanei di prodotti non grandiosi, a imitazioni sempre più ardite.

COSÌ È NATOe si è sviluppato il ka m e mb e r , interament­e made in Russia. Il nome suonerà certo meno poetico nella lingua di Tolstoj (che come si sa, amava il francese), ma in fondo questa versione di formaggio ha le sue ragioni.

Il consumo dei russi è aumentato del 34% passando dalle 790.000 tonnellate dell’era pre-embargo (2013) alle oltre 1 milione di tonnellate già nel 2015. Ma soprattutt­o, la produzione in Russia è aumentata del 103%, a fronte di importazio­ni (naturalmen­te dalla Francia) praticamen­te dimezzate (- 45%): dalle 370.000 tonnellate del 2013 si scende alle 205.000 due anni più tardi.

Per questo Philippe Nyssen, imprendito­re belga fiammingo che arriva in Russia nel 1992 per occuparsi originaria­mente del settore immobiliar­e, può sorride- re e snocciolar­e numeri di un giro d’affari per lui incoraggia­nte. “Dopo il 2014”, racconta a Le Monde, gli scaffali ( dei magazzini) restavano vuoti. Adesso siamo all’inizio di una storia...”.

A CORTOdi prelibatez­ze dalla Francia, i russi hanno dovuto fare da sé. Con l’autarchia, hanno fatto di necessità virtù, mettendo su una industria di casa loro, fiorente e in espansione. Il sospetto però, è che se ne stiano decisament­e approfitta­ndo.

Giusto un anno fa, Coldiretti aveva stilato un elenco del falso Made in Italyche ha invaso gli scaffali russi: dal Parmesan fatto vicino Mosca, al prosecco della Crimea. Ora che la linea del Camembert è varcata, si può forse provare ad arginare il disastro.

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Una forma di Camembert

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