Corte suprema, l’età dei giudici aizza lo scontro politico in Usa
In una ‘breve’, il Corriere dà notizia del dibattito in corso in alcuni ambienti Usa a proposito della durata in carica dei giudici della Corte Suprema. Il limite attuale è - salvo dimissioni - quello naturale, nel senso che restano in sella a vita. La proposta che viene avanzata è di concedere loro, invece, un mandato limitato nel tempo: si parla di diciotto anni. L’intento? Quello dichiarato è di permettere un ricambio più ‘accelerato’nel consesso. Nella lunga storia Usa, la Corte Suprema - la cui concludente attività trova i cardini nell’azione fondante di John Marshall che ne fu presidente dal 1801 al 1835 - ha quasi sempre, operato al meglio e non pochi tra i componenti succedutisi sugli scranni si ricordano per dottrina e intuito. Infinite le sentenze memorabili e determinanti nel successivo vivere sociale. Certo, non sono mancate nel trascorrere dei secoli lamentazioni di presidenti e politici insoddisfatti ma per quale mai ragione l’alto consesso dovrebbe essere obbligatoriamente d’accordo con il potere politico al momento prevalente? Anzi! Il capo dello Stato che maggiormente operò per cercare di mettere il bavaglio alla Corte fu Franklin Delano Roosevelt, non per niente fra le icone delle sinistre per ogni dove. Trovandosi spesso in gravi difficoltà visto che le sentenze relative alle leggi approvate dal Congresso in conseguenza delle idee da lui propugnate col New Deal erano contrarie, il Nostro, al l’inizio del secondo mandato (1937/1941), avanzò una proposta che, nel concreto, intendeva spostare a suo favore la maggioranza dei giudici. Chiese di poter affiancare (in sostanza, declassandoli) ai membri del consesso che avessero compiuto i 70 anni altri giudici in soprannumero più giovani e, a lui vicini. Infinite le proteste, tanto vibranti da convincerlo a ripiegare. Che siano anche oggi i democratici a cercare di buttare per aria tavolo e carte da gioco visto che l'attuale maggioranza in Corte è su posizioni conservatrici?
Ma certo!