Le gioie dell’Ottocento ovvero il Corsera e la Costituzione
Dal 4 dicembre la Costituzione batte dove qualche dente duole. Con effetti paradossali. Al Corsera, per dire, hanno dovuto chiamare il poliziotto buono (l’ex presidente della Consulta Valerio Onida) dopo che la canicola estiva, venerdì, aveva liberato gli estri più “liberali” di Angelo Panebianco, giurista di fama, riformista senz’aggettivi e allergico alla Carta “socialisteggiante” del ’48 che ci nega le gioie del ritorno all’Ottocento. “È il momento di chiedersi se non sia il caso di intervenire col bisturi sulla prima parte della Costituzione, sui famosi principi”, ha buttato lì: “Cambiare la II Parte lasciando invariata la I era come tentare di innestare la testa di un cavallo sul corpo di un cane” (l’eleganza, d’altronde, non è prescritta dalla Costituzione, né richiesta per fare l’editorialista). Come detto, pure a via Solferino devono aver pensato che era troppo e hanno chiamato Onida: non è che glielo spiega lei? E quello, paziente: “Predicare un ritorno all’ideologia dell’individualismo e dello ‘Stato minimo’, e la distruzione dello ‘Stato sociale’ faticosamente costruito nell’Europa uscita dalla guerra mondiale (e oggi in difficoltà), non vorrebbe dire rivedere la Carta, ma stravolgerne i principi supremi: ciò che certo non si potrebbe fare col procedimento dell’art. 138, ma riaprendo un processo costituente”. E qui il liberale, nel salotto con le buone cose di pessimo gusto, tentenna: e se va a finire come l’altra volta? Meglio niente. E poi certe volte la storia fa strani giri: in Cile, per dire, il liberalismo l’ha portato Pinochet, mica la costituente.