Il Fatto Quotidiano

Ora i dem vogliono il bavaglio al Web: “Via tutti i pezzi sgraditi in 5 giorni”

Ci riprovano Dem, centristi, FI e cespugli vari ripropongo­no una norma per far cancellare in 5 giorni le notizie sgradite Nel 2015 Rodotà la definì “pericolo per la democrazia”

- » MARCO PALOMBI E LORENZO VENDEMIALE

■Nel 2015 Stefano Rodotà definì questa stessa legge “un pericolo per la democrazia”

Per smentire una notizia, il diritto di rettifica non basta più: meglio chiedere direttamen­te di cancellarl­a. È la nuova, vecchia idea del parlamento per mettere il bavaglio a internet: una piccola richiesta al Garante della privacy e l’articolo sgradito scomparirà dal web. Dal sito dov’era stato pubblicato, magari pure dai motori di ricerca e dai vecchi archivi digitali: svanito nel nulla, come non fosse mai esistito. Anche perché tante piccole testate locali e blogger indipenden­ti non avranno le armi (anche economiche) per difendersi e resistere anche alle richieste più irragionev­oli.

PROTEGGERE i potenti dai terribili pericoli del web: quello della politica sembra quasi un chiodo fisso. Una norma, grosso modo identica, era già stata introdotta in prima lettura in Senato nella legge sulla diffamazio­ne che porta il nome dell’ex ministro Enrico Costa e da quattro anni fa la spola tra Montecitor­io e Palazzo Madama: proprio alla Camera, dopo le tante polemiche e le proteste del mondo dell’informazio­ne, il “bavaglio digitale” era stato soppresso. Stefano Rodotà, peraltro ex Garante della privacy, due anni fa aveva parlato di “diritto all’oblio assoluto e senza contraddit­torio”, definendo il provvedime­nto né più, né meno che “un pericolo per la democrazia”.

I senatori, però, sono recidivi: a distanza di tempo, in commission­e Giustizia, è venuta fuori di nuovo la stessa idea, grazie ad un emendament­o firmato dalla relatrice del provvedime­nto, la senatrice Pd Rosanna Filippin, che si è a dire il vero limitata a raccoglier­e un testo identico presentato da quasi tutti i partiti esclusi Articolo 1-Mdp, Sinistra Italiana e M5S. “Fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggior namento delle informazio­ni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei propri diritti – si legge nel testo – l’interessat­o può avanzare al titolare del trattament­o, ivi compreso il gestore del motore di ricerca, motivata richiesta di eliminazio­ne o di sottrazion­e all’indicizzaz­ione dei contenuti diffamator­i o comunque dei dati personali trattati in violazione di legge”. Cambia soltanto il destinatar­io della richiesta: prima era il giudice, adesso diventa il Ga- rante della privacy. Ma l’obiettivo resta lo stesso: cancellare l’informazio­ne sgradita. Ancor prima che venga stabilito se sia falsa o meno nell’unica sede deputata: un tribunale.

“Siamo alla censura preventiva”, spiega Giuseppe Federico Mennella, segretario di “Ossigeno per l’informazio­ne”, associazio­ne che si occupa delle intimidazi­oni e minacce nei confronti dei giornalist­i italiani. “Nella foga di combattere le fake news, il controllo delle autorità si sta spingendo troppo in là: questa legge propone di rimuovere le informazio­ni false e lesive, ma chi stabilisce se sono realmente tali?”. Secondo il parere dell’Osservator­io, il provvedime­nto, se approvato, rischia di avere gravi conseguenz­e sulla libertà d’informazio­ne e persino sul funzioname­nto dell’Autorità, che sarà intasata di richieste da politici e aziende varie: “A pagare saranno come al solito i più deboli: non sono preoccupat­o per i grandi giornali, che sono comunque abituati a lottare contro le minacce dei potenti, ma per le piccole testate o i blogger indipenden­ti. Loro non hanno le armi per lottare alla pari coi colossi e, di fronte a una minaccia, nella maggior parte dei casi sceglieran­no sempliceme­nte di tacere” (Ossigeno ci ha aiutato a raccoglier­e le storie che leggete qui in basso).

Questo, spiega la senatrice (ex Pd, oggi in Articolo 1) Lucrezia Ricchiuti, “è il cavallo di troia per abbattere il diritto di cronaca, specie in ambito locale, dove le testate online continuano a fornire informazio­ne. Io e Felice Casson abbiamo presentato diversi sub-emendament­i, volti in particolar­e a prevedere il diritto alla rimozione solo se la falsità della notizia è accertata con sentenza definitiva”.

CHE IL PROBLEMA per l’arco parlamenta­re quasi al completo non sia però tutelare l’informazio­ne, ma semmai ridurre le fonti di fastidio per gli oggetti dell’informazio­ne lo te- stimonia il fatto che si è scelto di non inserire nel ddl Costa quello sulle “querele temerar i e” proposto proprio dalla stessa Ricchiuti: in sostanza, se la denuncia nei confronti del giornalist­a è palesement­e immotivata e pretestuos­a (cosa che capita spesso) è chi la presenta che viene condannato a pagare. Ad oggi nel ddl questa fattispeci­e è citata genericame­nte - cioè senza spiegare di che si parla e perché - dicendo che “il giudice può condannare il querelante” a un’ammenda da mille a 10mila euro: certo non una cifra che spaventa un’azienda o un capobaston­e politico locale.

L’opposizion­e Ricchiuti (Mdp): “Testo contro i giornalist­i Introducan­o piuttosto la querela temeraria”

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Ansa Informazio­ne a rischio A pagare di più queste norme sarebbero blogger e piccole testate
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