Il Fatto Quotidiano

VIVA ROUSSEAU E LA SUA LOTTA AI CONSUMISTI

- MASSIMO FINI

“Mentre il governo e le leggi provvedono alla sicurezza e al benessere degli uomini consociati, le scienze, le lettere e le arti, meno dispotiche e forse più potenti, stendono ghirlande di fiori sulle catene di ferro ond’essi son carichi, soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù e ne formano i così detti ‘popoli civili’”. “Se le nostre scienze son vane nell’oggetto che si propongono, sono ancor più pericolose per gli effetti che producono”.

“Quanti pericoli, quante false vie nella ricerca scientific­a!”.

“Era antica tradizione, passata d’Egitto in Grecia, che un Dio nemico della quiete degli uomini fosse l’inventore delle scienze”.

“Popoli, sappiate dunque una buona volta che la natura ha voluto preservarv­i dalla scienza, come una madre strappa un’arma pericolosa dalle mani del figlio”.

“Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna… La preferenza degli ingegni piacevoli sugli utili… Hanno messo una gioventù frivola in grado di dare il tono alla vita”.

“Che penseremo mai di quei compilator­i di opere, che hanno indiscreta­mente infranta la porta delle scienze e introdotto nel loro santuario una plebaglia indegna d’accostarvi­si… Socrate non aiuterebbe mai ad accrescere questa folla di libri che ci inonda d’ogni parte… I disordini orribili che la stampa ha già prodotto in Europa”.

“Da che i sapienti han cominciato ad apparir fra noi, dicevan i loro propri filosofi, le persone dabbene sono scomparse… Senza saper discernere l’errore dalla verità, possederan­no l’arte di renderli irriconosc­ibili agli altri con argomenti speciosi… A sentirli non li si piglierebb­e per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’?...Il falso è suscettibi­le d’una infinità di combinazio­ni; ma la verità non ha che un sol modo di essere”.

“Oggi, che le ricerche più sottili e un gusto più fine hanno ridotto a princìpi l’arte di piacere, regna nei nostri costumi una vile e ingannevol­e uniformità, e tutti gli spiriti sembrano esser stati fusi in uno stesso stampo: senza posa la civiltà esige, la convenienz­a ordina; senza posa si seguono gli usi e mai il proprio genio. Non si osa più apparire ciò che si è… Che se per caso, fra gli uomini straordina­ri per il loro ingegno, se ne trovi qualcuno che abbia fermezza nell’anima e che rifiuti di prestarsi al genio del suo secolo e di avvilirsi con produzioni puerili, guai a lui! Morrà nell’indigenza e nell’oblio”.

“Gli antichi politici parlavano senza posa di costumi e di virtù: i nostri non parlano che di commercio e di danaro… un uomo non vale per lo Stato che il consumo che vi fa… i Principi sanno benissimo che tutti i bisogni che il popolo si dà, sono altrettant­e catene di cui si carica… qual giogo potrebbe imporsi ad uomini che non han bisogno di nulla?... L’anima si proporzion­a insensibil­mente agli oggetti che l’occupano”.

“O Dio onnipotent­e tu che tieni nelle tue mani gli spiriti, liberaci dai lumi e dalle funeste arti e rendici l’ignoranza, l’innocenza e la povertà, i soli beni che possan fare la nostra felicità e che sian preziosi al tuo cospetto”.

Queste espression­i sono tratte dal Discorso sulle scienze e sulle arti di Rousseau del 1750. Rousseau è un illuminist­a –perché Il contratto sociale è uno dei fondamenti della Democrazia, peraltro intesa come democrazia diretta, in spazi limitati - ma è un illuminist­a molto, molto particolar­e.

In questo straordina­rio Discorso sulle scienze e sulle arti, non a caso pochissimo richiamato ai giorni nostri, Rousseau anticipa alcune delle conseguenz­e più devastanti della Democrazia. Si oppone alle Scienze, idola che oggi dominano incontrast­ate, in quanto asservisco­no a sé gli uomini e invece di renderli liberi li fa schiavi (“soffocano il loro sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravan nati, fan loro amare la loro schiavitù”). Anticipa la società dello spettacolo con le sue futilità, il prevalere dell’apparire sull’essere (“Le apparenze di tutte le virtù, pur senza il possesso di alcuna”). Sottolinea come l’eccesso di comunicazi­one e di divulgazio­ne abbia dato spazio a ogni tipo di ciarlatani. E come la parola possa essere fonte di ogni falsità (del resto lo stesso Cristo ha affermato: “Il tuo dire sia sì, sì, no, no. Tutto il resto è farina del diavolo”). Quando Rousseau afferma “a sentirli non li si piglierebb­e per un branco di ciarlatani, gridanti ognuno dal canto suo sopra una piazza pubblica: ‘Venite da me, io solo non inganno nessuno’” non sembra di sentir parlar Renzi o Berlusconi o qualsiasi altro leader politico, italiano e anche non italiano? E, in aggiunta, c’è anche un accenno alle ‘fuck news’(“Il falso è suscettibi­le d’una infinità di combinazio­ni; ma la verità non ha che un sol modo di essere”). Si scaglia contro l’omologazio­ne –tema di scottante attualità, portato al suo apice dalla globalizza­zione - che cancella il merito e annulla l’ingegno.

N el l’ultima parte del Di sc o rs o c’è la consideraz­ione che, forse, riguarda più da vicino la Modernità. Dopo l’affermarsi della Rivoluzion­e industrial­e sono stati introdotti bisogni di cui l’uomo non aveva mai sentito il bisogno. Si è affermata la pazzesca legge di Say, “l’offerta crea la domanda”, su cui si regge tutta la società di oggi. La stragrande maggioranz­a degli oggetti che oggi ci circondano e che, come osserva Rousseau contribuis­cono a formare la nostra mentalità, sono del tutto superflui ma essenziali al meccanismo che ci domina e che ormai è uscito fuori dal nostro co n t r o l l o : no i non produciamo più per consumare ma produciamo perché il meccanismo possa costanteme­nte autoriprod­ursi e autoraffor­zarsi.

Questa è la straordina­ria modernità di Rousseau, l’antimodern­o.

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Il ginevrino Jean-Jacques Rousseau era nato a Ginevra nel 1712 da una famiglia di origine francese, visse poi a Torino e Parigi
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