Acea: pioggia di utili con rete colabrodo
Il gestore del servizio idrico investe poco, però paga bene i soci
Molto reddito, ma investimenti insufficienti, perché i soldi vanno in gran parte nelle tasche dei soci di controllo. Risultato, la rete idrica romana fa acqua da tutte le parti: la dispersione è in media del 45%. Perdite che si traducono, secondo il Codacons, in extracosti di 95 euro per abitante.
LA SOCIETÀ che si occupa di portare l’acqua ai romani è la Acea Ato 2(sta per Ambito territoriale ottimale). Serve 3,7 milioni di abitanti tra Roma e Fiumicino, più una sessantina di altri comuni del Lazio. È controllata per il 96,4% da Acea spa, l’utility romana che si occupa dei servizi di energia, gas e acqua, controllata a sua volta dal comune di Roma (51%), più i francesi di Suez ( 23,3%) e gruppo Caltagirone (5%). A- cea Ato 2, secondo uno studio condotto da Merian research, ufficio studi che lavora per sindacati e imprese, negli ultimi anni ha portato a casa ricavi sempre in crescita. Nel 2016 per il servizio idrico sono 550 milioni, cifra che pesa per oltre un quinto dei ricavi complessivi di Acea (2,8 miliardi). Il rendimento sul capitale (Roe) negli ultimi 5 anni è stato mediamente supe- riore al 10%, e il margine che la società ottiene dalle vendite (Ros) superiore al 25%. Gli utili, hanno continuato ad essere nel periodo superiori ai 70 milioni annui. Solo che di tale gestione in super attivo, chi beneficia di più è Acea spa (cioè Comune di Roma, che ha appena incassato dalla società 70 milioni di dividendi, più la francese Suez e Caltagirone) visto che al socio di controllo viene girato oltre il 90% dell’utile netto realizzato. Come spiegano gli analisti di Merian research, “Negli ultimi cinque anni Acea Ato 2 ha contribuito per il 26,6% all’utile del gruppo Acea”. La cifra non tiene conto, peraltro, del contributo finanziario di Acea Ato 2 come debitore della casa madre. Alla società idrica, che potrebbe tranquillamente finanziarsi da sola, Acea spa infatti dopo aver tolto gli utili presta il denaro necessario per l’operatività a breve, a tassi d’interesse di mercato.
SONO TUTTE RISORSEche avrebbero potuto essere investite nella manutenzione della rete di tubazioni che porta l’acqua ai romani, se la società fosse completamente pubblica, come imporrebbe il referendum del 2011, disatteso da molte utility. Il referendum, infatti, oltre a boc- ciare le privatizzazioni, aboliva l’obbligo di remunerare il capitale investito, secondo il principio che sull’acqua, bene comune, non si debbano fare profitti.
La società idrica, potrebbe diventare completamente pubblica, a un costo complessivo di 84,2 milioni di euro, ampiamente sostenibile considerato il reddito prodotto. “Una volta pubblicizzata, Acea Ato 2 dovrebbe definire un piano di rientro con i creditori, in particolare con Acea Spa”, scrivono gli analisti di Merian, “Si può ipotizzare un piano di rientro dai debiti della durata di 15 anni”. Le rate mensili, per il debito che a fine 2016 ammontava a circa 850 milioni, sarebbero di circa 5,8 milioni di euro, compresi interessi. Gli investimenti potrebbero essere pari a 150 milioni di euro l’anno.