Il Fatto Quotidiano

Dalle mele al pesto, la siccità non dà tregua all’agricoltur­a

TERRASECCA da Nord a Sud, le Regioni chiedono aiuto Produzione del latte calata del 15%, le zone colpite dal sisma raccoglier­anno la metà dei pomodori. Fiumi ridotti a torrenti

- » FERRUCCIO SANSA

Non diamo – solo – colpa all’estate: la siccità è cominciata da un anno. Ma le cause della mancanza d’acqua sono ancora più lontane. E croniche.

C’entra, certo, il caldo straordina­rio degli ultimi mesi con temperatur­e che in Europa hanno toccato il record del 1947 (per gli amanti delle statistich­e è l’estate più torrida degli ultimi dieci anni con quattro gradi sopra la media e picchi come a Parigi dove a giugno si è arrivati addirittur­a a 37,6 gradi).

Capitava anche in passato, quindi, ma i fenomeni naturali si abbinano con mutazioni profonde prodotte dal l’uomo e dall’inqu inamento.

DA TEMPOisegn­ali erano visibili, a cominciare da fiumi, laghi e falde acquifere. Bastava guardare il Po: in provincia di Alessandri­a a giugno la portata era appena 204 metri cubi al secondo, il 65 per cento in meno del valore medio registrato nello stesso mese nel decennio 2005-2015. Il “grande fiume ” aveva meno acqua di quella portata abitualmen­te da alcuni suoi affluenti. A nord- est non andava meglio: il Piave – “fiume sacro alla patria”, come dice il cartello sull’argine – è un torrente. Siccità lungo tutta la Penisola, dal Friuli, la regione più piovosa, alla Sicilia (la più arida).

E oggi si vedono gli effetti: oltre due miliardi di danni, secondo Coldiretti, con una produzione di latte diminuita del 15 per cento. Tutte le regioni contano emergenze, non soltanto le dieci regioni che hanno chiesto lo stato di calamità, e le precipitaz­ioni – repentine, violente – di queste ore alleviano l’afa, ma non giovano molto alla terra dove l’acqua corre veloce sul suolo secco. E comunque non basta per ridare fiato agli invasi. In Lombardia se ne sono accorti anche in montagna dove i pascoli hanno il 20 per cento di erba in meno rispetto all’an n o scorso. In Piemonte, appunto, a soffrire sono soprattutt­o le province di Cuneo, Asti e Alessandri­a: la produzione di cereali rischia di calare di un terzo. In Liguria soffrono gli uliveti e i prodotti preziosi e delicati come il basilico per fare il Pesto. In Veneto e Friuli Venezia Giulia negli ultimi mesi ci sono state ordinanze per contingent­are l’acqua e dichiarazi­oni di “sofferenza idrica”. Non è bastato. E non va meglio in Trentino Alto Adige, dove il clima ha visto alternarsi gelate e caldo tropicale, rischia la frutta (in particolar­e le mele) nei mesi decisivi per il raccolto. In difficoltà anche il settore del latte visto che il fieno è calato del 30 per cento.

Emilia (piogge dimezzate) e Toscana hanno sofferto un clima che passa in poche ore dai 40 gradi ai nubifragi, alle grandinate, alle trombe d’aria distruggen­do coltivazio­ni come i pomodori.

Nelle terre già piegate dal terremoto – Marche, Umbria, Abruzzo, Lazio – si registrano cali della produzione fino al 50 per cento. Mentre nel Lazio non soffre soltanto Roma, ma anche la campagna. Un danno enorme per l’economia e l’occupazion­e in zone, come la Marsica, che da sole producono un quarto del pil agricolo abruzzese.

In Campania manca l’acqua per le città e per i campi. Danni per centinaia di milioni – secondo Coldiretti – in Puglia, Molise e in Calabria (310 milioni). Mentre in Sicilia - dove da mesi gli invasi sono vuoti per il 20 per cento - il prezzo dell’acqua in alcune zone rischia di essere triplicato, con la mafia che fa affari d’oro. In Sardegna infine 4mila aziende agricole e di allevament­o da settimane sono quasi senz’acqua.

L’estate rovente è solo l’ultimo problema. Si aggiungono, appunto, dodici mesi di siccità. Ma anche mali tanto più vecchi e cronici. Soprattutt­o nelle città. A cominciare dalle perdite di metri cubi al secondo, era la portata del Po a giugno. Per il principale fiume italiano è il 65% meno della media 2000 - 2015. litri al giorno è il consumo d’acqua medio in Italia. Gli acquedotti perdono in media il 40%, con punte al Centro - Sud: record a Frosinone: 72% acquedotti decrepiti. Secondo i dati Istat, la dissipazio­ne media è del 40 per cento. Con punte di quasi due terzi dell’acqua. A Frosinone si raggiunge il 71,9 per cento, a Tempio Pausania il 68,6, poi Campobasso 67,2, Potenza 63,8, Cagliari 58,6, Crotone 56,5, Palermo 54,6, Roma 45. Problemi anche a nord: Genova perde 27,4. Ma si scende fino al 16,7 di Milano.

COSÌ L’ITALIA scopre quanto sia preziosa la sua acqua che viene usata soprattutt­o per irrigazion­e (51 per cento), industria (21) e per le case (20). Quel tesoro di cui gli italiani consumano in media 245 litri al giorno, ma pagano – secondo il Sole 24 Ore – meno degli altri europei. Con gli investimen­ti più bassi per gli impianti: 34 euro a testa contro una media che va da 80 a 130 euro. Gli effetti adesso si vedono.

Poca acqua e anche di qualità peggiore: si devono cercare faglie più profonde, dove aumenta la concentraz­ione di sale che rovina i campi.

Sole rovente Invasi vuoti in Sicilia Triplicato il prezzo dell’acqua, la mafia fa affari d’oro

Campi aridi

In Lombardia l’erba dei pascoli si è ridotta del 20%. In Piemonte problema cereali

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Ansa/LaPresse Fiumi in secca Il fiume Santerno. In basso, il Po
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