La Fiat in Serbia cede, aumenti per tutti
Salario per i 2.400 operai passerà dai 320 ai 350 euro (la media nazionale è 380)
Si
chiude con una parziale vittoria la protesta degli operai Fiat di Kragujevac, in Serbia. Dopo giorni di trattative tra i sindacati e la casa automobilistica, guidate dal governo nazionale, è stato trovato l’accordo per un aumento del 9,5% sullo stipendio base. Le paghe dei 2.400 impiegati presso lo stabilimento dell’ex Jugoslavia si avvicineranno quindi alla media nazionale: dovrebbero passare dagli attuali 38.500 a 42 mila dinari mensili, ossia da 320 a 350 euro, a fronte di una media salariale che in Serbia raggiunge i 380 euro.
LA RICHIESTA iniziale, che ha portato le sigle a scioperare a partire dal 27 giugno, era un incremento del 20%. Il risultato è stato un compromesso a metà strada. Il trattamento economico sarà rivisto ogni anno in base all’inflazione. Tra i punti dell’accordo, stando a quanto riferisce la stampa serba, dovrebbe esserci anche il riconoscimento di bonus per la produttività e indennità per i trasporti. Secondo le denunce dei lavoratori, infatti, il servizio pubblico non è abbastanza efficiente da permettere di raggiungere la fabbrica nelle ore notturne. Un’altra rivendicazione riguardava i turni di lavoro, diventati particolarmente stressanti dall’estate del 2016, quando Fca ha ridotto di circa 900 unità l’organico di Kragujevac: a tal fine sarà istituita una commissione tecnica per valutare l’organizzazione del lavoro. Quella sforbiciata, la prima da quando nel 2008 Sergio Marchionne è sbarcato in Serbia, ha messo in allerta governo e sindacati, timorosi che dietro quella scelta possa nascondersi l’intenzione di lasciare gradualmente il Paese. Fondamentale durante gli ultimi confronti è stato il ruolo della nuova premier Ana Brnabic. Bisogna ricordare che il governo serbo possiede un terzo del pacchetto azionario di Fca a Kragujevac. Sin dagli inizi della mobilitazione, la leader dell’esecutivo ha invitato la Confederation of Autonomous Trade Unions, unico sindacato dotato di rappresentanza per la legge naziona- le, a sospendere lo sciopero. Il sindacato, però, si è sempre rifiutata in virtù di una norma che obbliga l’azienda a sedersi a un tavolo in presenza di un’astensione. Fiat, invece, chiedeva l’esatto contrario: fine dello sciopero, altrimenti niente trattative. Nel frattempo, è giunto l’appoggio del mondo sindacale anche fuori dai confini: la Fiom ha inviato due suoi delegati, l’Usb ha incrociato le braccia per due ore in segno di solidarietà.
CON TUTTI gli interessi in gioco – lo stabilimento rappresenta il 3% della produzione nazionale e l’8% delle esportazioni – Brnabic ha insistito e il 19 luglio il sindacato ha accettato di riprendere la produzione. Gli incontri partiti subito dopo hanno permesso di raggiungere l’accordo, ma il futuro continua a rappresentare un’incognita. Come spiegato dall’O s s er va t or i o Balcani e Caucaso – sulla base delle notizie della stampa locale – non è escluso un ritiro di Fiat dalla Serbia nei prossimi anni. Nel 2016, tra donazioni, dotazioni e premi, lo Stato avrebbe dato più di 30 milioni di euro alla fabbrica (3,7 miliardi di dinari): una cifra ben superiore al monte stipendi di tutti i lavoratori.