Il Fatto Quotidiano

Kushner, per lui Mosca è solo un insetto

Il genero di Trump alla Commission­e del Senato: altro che complotti, solo lavoro

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

“Non

ho fatto nulla di male, non sono colluso con i russi”: Jared Kushner, genero del presidente Donald Trump, lo dice al Congresso, lo scrive in un comunicato stampa di 11 pagine e lo ripete davanti alle telecamere alla Casa Bianca, dopo essere comparso per tre ore a porte chiuse di fronte alla Commission­e Intelligen­ce del Senato.

La memoria difensiva riduce a un petardo la vicenda bomba su cui indagano il procurator­e speciale Robert Mueller e due commission­i del Congresso. Ma The Guardianfa scoppiare un’altra grana: l’imprendito­re Kushner avrebbe concluso un accordo con la società di un oligarca russo, coinvolta in casi di riciclaggi­o di denaro sporco: Jared avrebbe comprato nel 2015 parte del vecchio edificio del New York Times a Ma- nhattan da un magnate d’origine russa, Lev Leviev, sotto inchiesta come immobiliar­ista e commercian­te di diamanti.

IMPRENDITO­RE e finanziere, oltre che marito di Ivanka, la figlia prediletta del magnate presidente, Kushner è consiglier­e di Trump per il Medio Oriente. La vicenda scovata da The Guardian è antecedent­e alla fase calda della campagna presidenzi­ale e ha nulla a che vedere con il Russiagate, ma rivela che l’intreccio di contatti e interessi dei Trump con la Russia è radicato nel tempo ed è vasto.

Nel suo comunicato, i cui contenuti ha poi confermato ai senatori, Kushner ammette di avere incontrato emissari russi in quattro occasioni durante la campagna elettorale di Usa 2016, ma smentisce qualsiasi manovra illecita per aiutare il suocero a vincere la corsa alla Casa Bianca.

Kushner descrive i suoi incontri con l’ambasciato­re russo a Washington, Serghei Kislyak, rientrato definitiva­mente a Mosca sabato scorso dopo dieci anni, e con altri responsabi­li russi come routine di lavoro, visto che, nello staff di Trump, si occupava dei rapporti coi governi stranieri. Coinvolto nel Russiagate dalla fine di maggio – la notizia che era indagato arrivò prima del G7 di Taormina, mentre lui e la moglie erano a Roma per la visita di Trump a Papa Francesco -, Kushner è stato ascoltato ieri a porte chiuse prima dalla Commission­e Intelligen­ce del Senato e lo sarà domani da quella della Camera.

GLI INCONTRI ammessi sono con l’ambasciato­re russo Kislyak, con il responsabi­le di un banca russa e, soprattutt­o, quello alla Trump Tower con un’avvocatess­a russa, cui erano presenti il primogenit­o del presidente, Donald Jr., che l’organizzò, e Paul Manafort, allora direttore della campagna. Donald Jr e Manafort testimonie­ranno a loro volta domani in Congresso.

Il primo appuntamen­to con i russi risale all’aprile 2016, al Mayflower Hotel di Washington, dove Trump teneva un discorso di politica estera. È la stessa occasione in cui il segretario alla Giustizia Jeff Sessions ha ammesso di avere incontrato Kislyak. Kushner scrive che Dimitri Simes, l’editore di The National Interest, una rivista di politica estera, gli presentò quattro ambasciato­ri, tra cui Kislyak. Con ciascuno, lo scambio di convenevol­i non superò il minuto.

All’incontro di giugno alla Trump Tower, Kushner arrivò tardi, quando si parlava del divieto Usa d’adozioni di bimbi russi. “Non avevo alcuna idea di quali fossero i temi e presto capii che perdevo tempo. Ne ho avuto la conferma riguardand­o le mie e- mail: cercando un modo per tornare al lavoro, scrissi a un assistente, dall’interno della riunione, dopo che vi ero rimasto una decina di minuti: ‘Puoi telefonarm­i sul cellulare? Ho bisogno di una scusa per uscire di qui”.

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Ansa Il genero Jared Kushner, congliglie­re di Trump, arriva al Senato per essere interrogat­o sul Russiagate

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