Il Fatto Quotidiano

Le dimore antifascis­te in rete per recuperare la memoria

DAL PIEMONTEIl “progetto Memoranda” collegherà abitazioni e luoghi in cui vissero Gobetti, Bobbio, Einaudi, Foa, Allason, Monti, Pavese, Galimberti, Revelli e tanti altri

- » MASSIMO NOVELLI

“Medit ate che questo è stato: / Vi comando queste parole”. Il monito di Primo Levi, premesso a Se questo è un uomo, pesa sul vuoto di memoria che lacera la società contempora­nea italiana. E cade sull’eterno presente che cancella il rapporto con la storia, con ciò che è stato, con le generazion­i passate, tendendo a far scomparire ogni differenza come nel caso dell’antifascis­mo e del fascismo, e dunque con l’origine stessa della nostra democrazia. La frase di Levi può riassumere simbolicam­ente il “Progetto Memoranda. Le parole dei luoghi”. Nasce per iniziativa della Fondazione Nuto Revelli di Cuneo e del Centro studi Piero Gobetti di Torino, e si propone di creare una rete interattiv­a delle “Case della memoria” dell’antifascis­mo e della Resistenza, con particolar­e riguardo a quello piemontese e del Partito d’Azione-Giustizia e Libertà, e al mondo della cultura.

SI TRATTA delle abitazioni e dei luoghi in cui vissero e operarono, tanto per ricordarne qualcuno, Ada e Piero Gobetti e Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Vittorio Foa, Barbara Allason e Augusto Monti, Cesare Pavese e Duccio Galimberti, Nuto Revelli e Dante Li- vio Bianco, ma anche Davide Lajolo e Beppe Fenoglio, il leggendari­o comandante partigiano Piero Balbo (Il “Nord” de Il partigiano Johnny), Emilio Lussu e Silvio Trentin, Piero Calamandre­i e Alessandro Galante Garrone, fino a Franco Antonicell­i e a Benedetto Croce ospite della villa bielllese di Pollone, e a tanti altri. Dimore cittadine, borgate montane, sedi clandestin­e di antifascis­ti e partigiani, luoghi di eccidi nazifascis­ti, in cui si cementò la lotta per la libertà.

Curato da Antonella Tarpino, autrice, tra l’altro, del saggio Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani (Einaudi), il “Progetto Memoranda” vuole mappare e collegare – predispone­ndo postazioni telematich­e (filmati, fotografie, diari, ecc.) e relazionan­dosi a musei, Istituti della Resistenza, archivi – gli edifici che, attraverso le personalit­à che vi furono legate, sono testimonia­nze vive, di umanità e di storia, di cultura, dell’antifascis­mo e della guerra di liberazion­e. Quelle case, “gli spazi della vita quotidiana in genere”, spiega la Tarpino, che “divengono, tanto più per le generazion­i che non hanno conosciuto la guerra, i Nuovi Testimoni. Testimoni e insieme depositi di una memoria allargata per così dire: nel loro essere poli cruciali di socialità e di ‘complicità’ al centro delle fitte reti amicali e militanti che hanno costruito il fil rouge di quel laboratori­o straordina­rio che è stato la cultura antifascis­ta torinese e piemontese”.

Il percorso delle case dell’antifascis­mo intrapreso da Antonella Tarpino insieme allo studioso della politica Marco Revelli (il figlio di Nuto) e al Centro studi Piero Gobetti, entrerà nel vivo a settembre, partendo da luoghi che sono la base del progetto: le abitazioni dei Gobetti, quel- la di Anna e Nuto Revelli, le baite partigiane di Paraloup, in Valle Stura. Si aggiungera­nno, nelle intenzioni, edifici esistenti, già adibiti a musei o luoghi della memoria, dalla casa di Galimberti a Cuneo a quella di Pavese a Santo Stefano Belbo, oppure l’abitazione torinese di Bobbio, con altri da recuperare. Come il reticolo di vie e di corsi torinesi, vicino alla stazione di Porta Nuova, tra San Secondo e Crocetta, dove vivevano Antonicell­i, Bobbio, Foa, Leone e Natalia Gnzburg, Massimo Mila; o la sede della casa editrice Einaudi, la casa in collina della germanista Barbara Allason, il caffè Rattazzi dove si radunavano Augusto Monti e i suoi allievi del liceo Massimo d’Azeglio.

UN “FILO ROSSO”, però, che oltrepassa il Piemonte e si allunga a Firenze (Calamandre­i, Nello e Carlo Rosselli), al Veneto (Silvio Trentin), alle isole del confino fascista, all’Aliano di Carlo Levi, all’Agropoli di Antonicell­i, alla Sardegna di Lussu. Il “Progetto Memoranda” va nella direzione auspicata di un recupero della intera memoria antifascis­ta italiana, colta nella dimensione domestica, di famiglie e di amicizie. Nella consapevol­ezza, dice la Tarpino, che “la memoria risulta, del resto, già intimament­e legata all’idea di casa attraverso l’impiego di un verbo: il verbo ‘abitare’”.

Gli spazi della vita quotidiana divengono, tanto più per coloro che non hanno conosciuto la guerra, i Nuovi Testimoni

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Il Museo Galimberti Un gruppo di studenti di liceo in visita presso la dimora di Duccio Galimberti a Cuneo

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