Romeo, i dubbi della Cassazione sul trojan
Ora rischia di finire in un nulla il filone d’inchiesta sul padre dell’ex premier
L’utilizzabilità
delle intercettazioni nei confronti dell’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e dell’ex manager della Consip Marco Gasparri scricchiola dopo la sentenza della Cassazione depositata ieri. E scricchiola anche l’indagine su Tiziano Renzi e Carlo Russo.
Il perché è presto detto: se le intercettazioni delle conversazioni captate mediante il virus spia iniettato nei telefonini di Romeo per ascoltarne le conversazioni non saranno utilizzabili, il processo per la corruzione di Gasparri si potrebbe salvare usando le dichiarazioni auto-accusatorie dello stesso Gasparri.
Mentre l’indagine per traffico illecito di influenze nei confronti del padre del leader Pd e del suo amico Carlo Russo, sarebbe destinata ad abortire sul nascere. Certo ci sono i ‘pizzini’ che secondo l’accusa sarebbero stati vergati da Romeo ma senza le parole di Russo sarà più difficile dare un senso a quei foglietti trovati nella spazzatura. Già oggi è difficile sostenere in giudizio che dietro la scritta ‘30 mila euro per T.’ si celi una proposta per un pagamento a Tiziano Renzi. Senza le intercettazioni l’impresa sarebbe davvero ardua.
LA CASSAZIONE ha annullato l’ordinanza di arresto di Romeo perché ha ritenuto non adeguatamente motivata da parte del Tribunale del riesame la sua adesione alle richieste di Procura e Gip. Non solo sulla legittimità dell’uso da parte del Gip di Roma delle intercettazioni disposte a Napoli dai pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano ma anche sulle esigenze cautelari contenute nell’ordinanza di arresto romana. Secondo la Cassazione, infatti, il Gip Gaspare Sturzo non avrebbe motivato a dovere cosa sia ‘il metodo Romeo’. La Cassazione non ha bocciato, ma ha solo rimandato le intercettazioni al Tribunale del Riesame. La Corte non ha scritto che quelle conversazioni non sono utiliz- zabili. Ha solo detto che il Tribunale non ha spiegato adeguatamente la sua decisione in merito. Ora quindi il Tribunale dovrà motivare meglio perché ha rigettato le richieste dei legali di Romeo.
LE INTERCETTAZIONI erano state effettuate con l’utilizzo di un virus spia, iniettato dentro il telefonino di Romeo e dei suoi collaboratori al fine di trasformarlo in una sorta di microspia. La Cassazione mette ora paletti severi sull’uso di questo mezzo potente e invasivo e per questo limitato alle indagini di mafia. I pm di Napoli hanno iscritto Romeo solo il 7 novembre per associazione a delinquere semplice aggravata dal cosiddetto favoreggiamento mafioso ex articolo 7. E solo il 26 novembre 2016 per associazione a delinquere di stampo camorristico, 416 bis, e solo per le questioni relative all’ospedale Cardarelli. L’indagine per reati collegati a fattispecie di mafia legittimava la captazione con il virus trojan delle conversazioni di Romeo. Ora la Cassazione chiede al Tribunale di motivare meglio perché quelle intercettazioni erano necessarie ai pm napoletani per scoprire quei reati così gravi.
Secondo la Cassazione, infatti, non basta che il gip di Napoli le abbia ritenute lecite e utilizzabili allora. Ci vuole un’autonoma valutazione ora per allora da parte dei giudici romani che validano l’arresto di Romeo. Quindi il Tribunale del Riesame dovrà riscrivere e motivare il suo provvedimento sulla base di questi principi. La sesta sezio- ne (presidente Giacomo Paoloni, relatore Gaetano De Amicis) con la decisione scritta il 13 giugno scorso ha invece ‘promosso’ il metodo usato dai pm napoletani e dal Noe dei Carabinieri per acquisire i pizzini dalla spazzatura di Romeo.
Non c’era bisogno del contraddittorio tra le parti chiesto dalla difesa di Romeo rappresentata dagli avvocati Giovan Battista Vignola e Francesco Carotenuto. Unico punto sul quale la Corte bacchetta il riesame è ancora una volta la motivazione: il Tribunale dovrà spiegare meglio perché ha rigettato le eccezioni dei legali di Romeo sulla perizia calligrafica.
Non è finita
I togati passano la palla al Riesame: decidete voi sulle conversazioni captate con il virus spia