L’ultimo azzardo di Pisapia per fare guerra alla Ditta
Il grande freddo L’ex sindaco di Milano non cede, Articolo 1 neanche: la scommessa del Pd “liberato” da Renzi in autunno
La minoranza dem e Campo progressista: se perde in Sicilia, Matteo si dimetterà
Aspettando Pisapia. Fino a novembre, alle regionali siciliani che cadono il cinque di quel mese. Un’attesa ungarettiana. Un incubo vero per i bersanian-dalemiani di Articolo 1. Unica, superflua consolazione la poesia. “Si sta come d’autunno sull’Ulivo
Pisapia”.
Spiega un autorevole maggiorente demoprogressista: “Il gioco di Pisapia è lo stesso di Cuperlo, Orlando e Franceschini dentro il Pd. Pensano che dopo la sconfitta in Sicilia, Renzi si faccia da parte come Veltroni a suo tempo. È l’ennesima scommessa a perdere perché non accadrà nulla di tutto questo. Il Pd andrà alle elezioni con Renzi segretario”. La prima scommessa persa, cointestata anche all’onnipresente (in spirito) Romano Prodi e a Enrico Letta è quella del referendum istituzionale del 4 dicembre. Gli antirenziani del Sì pensavano a una vittoria di misura per poi condizionare il segretario. Invece.
POMERIGGIO alla Camera. In aula si parla dei vitalizi. Nel Transatlantico tiene banco la crisi tra Campo Progressista e Articolo 1 dopo il vertice saltato Giuliano Pisapia e Roberto Speranza, l’altro giorno. Il motivo è noto: con il pretesto delle polemiche per l’abbraccio con Maria Elena Boschi alla festa meneghina del Pd, l’ex sindaco di Milano si è messo di traverso al processo costituente di questa nuova sinistra, allargata all’ex Sel vendoliana, ai civici di Montanari e Falcone, a Civati. Teme, Pisapia, il bagno di sangue di eventuali primarie per costruire candidati e programma per le Politiche. E soprattutto non ha mai sciolto la sua ambiguità verso Renzi e il Pd. Di qui le accuse di tatticismo sull’attesa per novembre. Un’illusione secondo l’ala dura della Ditta perché almeno fino alle elezioni il Pd non sarà liberato da Renzi. Ed è per questo che tutti mantengono le proprie posizioni.
Ancora ieri i pisapiani in missione alla Camera hanno avuto il compito di tenere tesa la corda e spargere altri veleni contro la Ditta e in particolare di D’Alema, rei di volersi impadronire coi numeri del progetto e allo stesso tempo “coprirsi” con la leadership dell’ex sindaco. Pur avendo uno scarso radicamento territoriale, Pisapia ha un agguerrito cerchio magico cui D’Alema, intervistato dal Fatto, fece riferimento in questi modi: “Senza fare nomi, ci sono personaggi che non hanno amministrato neanche i loro condomini”.
Persone magari piene di idee ma con scarso consenso. I pisa- piani formano uno straordinario accrocchio per provenienza partitica: i centristi di Tabacci (e Sanza), gli ex comunisti Ferrara e Furfaro, il prodiano ancora iscritto al Pd Gad Lerner.
SULL’ALTRO FRONTE, ieri pomeriggio, il coordinamento di Articolo 1 ha tenuto una lunga riunione. La linea è: “Non si cede di un millimetro”. Nessun ripudio di Pisapia. Anzi. Porte aperte come prima. Ma il percorso costituente con primarie e tutto il re- sto non si discute. Per certi versi è l’eterno scontro tra il partito pesante e organizzato, con militanti e circoli, e il movimento elitario aperto alla società civile, con il decisivo discrimine dell’antirenzismo. Quello che è certo è che i milioni di voti persi dal Pd, e oggi finiti tra astensionismo e M5s, non si recuperano ostentando abbracci con la Boschi di Banca Etruria: la politica si è sempre nutrita di immagini e suggestioni.
In ogni caso, la prospettiva di perdere Pisapia non spaventa i bersanian-dalemiani. “Sottrarlo a Renzi è un fattore importante”, racconta un altro demoprogressista. Una frase che è anche la spia di come la contesa sull’ex sindaco sia diventata una sorta di gioco della figurina da strappare all’avversario a tutti i costi. E senza dimenticare che coi problemi di posti che Renzi sta avendo per le liste (almeno cento parlamentari in meno con la previsione ottimistica di averne 180 nel 2018) potrà al massimo accontentare Pisapia e un paio di suoi fedelissimi. I calcoli sbagliati dell’ex sindaco sono poi aggravati, secondo Articolo 1, dalla confusione di uno dei suoi sponsor principali, il gruppo debenedettiano di Repubblica. Nel giro di due giorni, il quotidiano di Calabresi ha dapprima inserito Pisapia nelle liste di Renzi e poi lo ha tolto riferendo di una rinascita dell’Ulivo con Prodi, subito smentita dal Professore. Perdere Pisapia, dunque, non genera drammi, qualora il tormentone dovesse durare fino all’autunno. Il ragionamento sui leader alternativi è già cominciato. Semplici riflessioni per il momento, in cui si estraggono maieuticamente nomi. Sullo sfondo, in caso d’emergenza, la carta Bersani.