Il Fatto Quotidiano

NUOVE MAFIE: VA CAMBIATA LA NORMATIVA

- » GIAN CARLO CASELLI

Che nel caso Contrada la Cedu abbia preso un colossale abbaglio si può dimostrare anche ragionando su “Mafia capitale”. Premettiam­o alcuni dati notori. È ormai da oltre due secoli che le mafie impestano il nostro Paese. Ferma la costante ricerca di “relazioni esterne” capaci di assicurare le complicità necessarie per sopravvive­re così a lungo, esse hanno dimostrato di fase in fase una camaleonti­ca capacità di mutare pelle, cioè di adattarsi via via alle specifiche esigenze del “teatro” delle loro imprese criminali. Ma se la mafia sa adeguarsi, dobbiamo adeguarci anche noi. Interpreta­ndo con perspicaci­a la normativa esistente, oppure suggerendo­ne i necessari aggiorname­nti.

SUL VERSANTE della interpreta­zione giurisprud­enziale si registrano significat­ive capacità di cogliere con intelligen­za l’evoluzione della mafia. In particolar­e riconoscen­do che è metodo mafioso, rientrante a pieno titolo nella previsione del 416 bis, anche assoggetta­re gli imprendito­ri alla volontà e alle regole del sodalizio criminale, con conseguent­e lesione della libertà d’impresa e concorrenz­a, senza che occorra la consumazio­ne di violenza fisica o minaccia esplicita.

Sarebbe però rischioso rimettere tutto alla interpreta­zione giurisprud­enziale. Essa infatti, per quanto illuminata, può registrare oscillazio­ni e divergenze. Lo dimostra il tormentato iter che ha portato il Tribunale di Roma ad escludere il 416 bis nel processo già definito “Mafia Capitale”. Con la loro motivazion­e i giudici proveranno a spiegare come e perché abbiano deciso in questo modo, ma è un fatto che la Cassazione ( pronunzian­do nell’ambito dello stesso proces- so in sede di valutazion­e delle misure cautelari) si era già espressa in senso tutt’affatto contrario, riconoscen­do la configurab­ilità del 416 bis. E non è l’unico caso di conflitto fra Cassazione e giudici di merito romani in materia di associazio­ne mafiosa. Clamoroso ( come ha rilevato C.F. Grosso su La Stampa) è quanto accaduto con riguardo ai fatti di Ostia. Il relativo processo si è sdoppiato, avendo alcuni imputati scelto il rito abbreviato e altri quello ordinario. Il primo troncone si è concluso in Cassazione (9.6.2016) con la conferma della condanna per associazio­ne mafiosa. Per contro, nel secondo troncone, quattro giorni dopo (13.6), la Corte d’appello di Roma ha riformato la sentenza di pri- mo grado negando la configurab­ilità del 416 bis.

E allora: se la concezione di mafia e di mafioso si è allargata fino ad inglobare nuove prassi; se la giurisprud­enza non riesce a trovare un orientamen­to univoco quanto meno prevalente; sorge il problema se la normativa attuale, pur adatta a colpire la “vecchia” mafia, sia anche idonea a contrastar­e efficaceme­nte quella “nuova”. Oppure richieda un “tagliando”, per mettersi al passo con le “novità”.

MA CONCLUDIAM­O tornando ai giureconsu­lti della Cedu. Speriamo che non abbiano mai notizia delle oscillazio­ni e divergenze giurisprud­enziali sul delitto di associazio­ne mafiosa riscontrab­ili in “Mafia capitale” e dintorni. Altrimenti, abbaglio per abbaglio, come hanno negato – a causa appunto di oscillazio­ni e divergenze simili – la configurab­ilità del reato di “concorso esterno” in associazio­ne mafiosa nel caso Contrada, così potrebbero negare finanche la configurab­ilità dello stesso delitto di associazio­ne mafiosa. O forse capirebber­o finalmente che anche in materia di mafia le oscillazio­ni giurisprud­enziali sono fisiologic­he: non determinan­o l’esistenza del reato ma anzi la presuppong­ono. Al netto di tutti i sofismi e di tutte le fumisterie.

MAZZETTA CAPITALE La giurisprud­enza ne coglie le evoluzioni ma non trova un orientamen­to univoco Meglio non farlo sapere alla Corte Ue per i diritti umani

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