I francesi ci comprano e ci prendono a sberle
Da Parmalat a Telecom, le scorribande dei cugini che poi ci chiudono la porta
Sono
finiti i tempi di Bartali. Oggi Paolo Conte dovrebbe cantare “degli italiani che si incazzano e le palle ancor gli girano”. I francesi godono.
La vicenda Stx e Fincantieri è l’ultima di una serie di sgarbi e calci nel sedere che ci vengono rifilati da Parigi.
Le cronache ricordano i pellegrinaggi dei leader francesi a Berlino, a baciare la pantofola alla Merkel. Come quando François Hollande, appena eletto, prese l’aereo per la Germania (salvo poi dover rientrare per colpa di un fulmine forse mandato da Roma). Una sfilza di incontri bilaterali - nel 2011 la Farnesina protestò - per decidere le sorti dell’Europa, come se l’Italia non fosse tra i fondatori. L’ultimo capitolo è proprio la stretta di mano di due giorni fa tra i leader libici ed Emmanuel Macron nei panni di pro- tettore. Come se l’Italia – che della Libia era la principale partner oltre che la dirimpettaia destinataria dei migranti – manco c’entrasse. Come se, aggiungono i maligni, il caos libico non fosse cominciato con Nicolas Sarkozy. L’i mpressione: alla Francia – che chiude i porti – gli affari, all’Italia i disperati. Vedi anche le porte in faccia al confine di Ventimiglia.
Ma, al di là della diplomazia, l’Italia è diventata terra di conquista nell’economia e nella finanza. A cominciare da Bnl
- banca con quasi tre milioni di clienti - che dal 2006 è controllata da Bnp Paribas. Alla Francia anche Cariparma (con le controllate FriulAdria e Carispezia) che oggi è Crédit Agricole. Recente l’acquisizione da parte della francese Amundi della Pioneer Investments, società di investimenti che prima era di Unicredit.
Acquisizioni e scalate, anche in settori delicati e strategici come media e telecomunicazioni: protagonista il gruppo Vivendi di Vincent Bolloré. Vivendi dopo i tentativi di scalata di Telecom è oggi primo azionista con il 23,94 per cento. La stessa Vivendi che ha scalato Me diase t sfiorando il 30 per cento. I francesi hanno fatto shopping anche nel settore del lusso: Fendi, Bulgari, Acqua di Parma e Loro Piana sono stati acquistati da Lvmh di Bernard Arnault.
Non sfugge il settore alimentare, a cominciare da Parmalat - 68 stabilimenti - finita sotto il controllo della Lactalis.
Francese, secondo il governo di Romano Prodi, doveva diventare anche Alitalia. Poi finì alla cordata dei patrioti tricolori voluti da Silvio Berlusconi. Con i risultati tristemente noti.
Per non dire dei rumours: da anni si parla dell’interesse del colosso assicurativo Axa per la triestina Generali. C’è poi l’innamoramento italiano per i manager francesi cui abbiamo affidato i giganti della nostra finanza. Generali, appunto, con 74 miliardi di fatturato, è guidata dal ceo Philippe Donnet. Mentre Unicredit– seconda banca italiana – vede al timone Jean Pierre Mustier.
Gli italiani hanno spalancato le porte alla Francia. Perfino troppo, dice qualcuno. E l’Italia? Un confronto impietoso: secondo Kpmg, in dieci anni i francesi hanno compiuto 186 acquisizioni per 52,3 miliardi nel nostro Paese. Mentre noi ci siamo fermati a 7,6 miliardi (97 operazioni). Si registra l’a c qu is i zi on e dell’aeroporto di Nizza da parte di Atlantia, poi Lavazza che ha comprato Ca rt e Noire e Campari che ha acquistato Grand Marnier.
Gli italiani hanno fatto acquisti meno impegnativi e in settori non strategici (dove il governo francese mette il veto, vedi i cantieri Stx). Colpa dei francesi, ma anche del nostro capitalismo senza capitali e della crisi delle banche italiane. Piccola consolazione: i francesi, quando brinderanno alle loro conquiste, lo faranno con liquori italiani.
Le grandeur Loro hanno scalato i nostri settori strategici, a noi è permesso toccare solo liquori e caffè