Il fiasco del fisco, i soldi degli evasori restano all’estero
CondoniIl premier allungherà la scadenza fino a ottobre, ma gli 1,6 miliardi previsti sono ormai un miraggio. Nel 2015, 130 mila richieste
Apochi giorni dalla scandenza dei termini per la presentazione delle domande, fissata al 31 luglio, la seconda versione della voluntary disclosure, la definizione agevolata delle pendenze con il fisco per chi ha nascosto capitali consistenti all'estero e perfino sotto le piastrelle del salotto, continua a essere un flop. All'appello del ministero dell'Economia mancano ancora almeno 20mila evasori “pentiti” che proprio non ne vogliono sapere. Nelle speranze del governo, che per la verità si era tenuto anche abbastanza basso nella previsione degli incassi attesi, visto il boom della prima versione della v ol un t ar y del 2015, dovevano portare 1,6 miliardi che avrebbero dovuto abbattere ulteriormente quei 15 miliardi da trovare entro l'autunno prossimo per evitare il balzo delle aliquote Iva, previsto dalle clausole di salvaguardia.
FINO A IERI sui due canali telematici dell’agenzia delle Entrate (Entratel e FiscOnline) erano arrivate circa 7.500 domande, solo il 28% delle 27mila istanze attese. La v ol un ta ry “do me st ic a” proprio non piace ai nostri viziatissimi evasori nostrani. Era già fallita nella prima edizione 2015, quando le adesioni furono solo 1.600 e nonostante la base imponibile da aggredire sia stata quantificata dai tecnici del ministero tra gli 80 e i 130 miliardi. Il governo a questo punto sta per giocare l'ultima carta: un prolungamento dei termini di adesione alla voluntary bis con un decreto del premier (Dpcm) che dovrebbe arrivare entro lunedì prossimo, appena in tempo per spostare le lancette dell'orologio a lu- nedì 2 ottobre. Basterà a convincere gli evasori più choosy (per dirla alla Fornero)? La gestione delle istanze presentate nel 2015 per la prima collaborazione volontaria ha dato luogo, nel corso del 2016, ad un introito di oltre 4,1 miliardi a fronte di quasi 130 mila istanze presentate. Con la voluntary disclosurebis, partita il 7 febbraio 2017, che permette invece di far emergere le attività sfuggite al fisco fino al 30 settembre 2016, il meccanismo si è inceppato. Pare che le nuove condizioni siano particolarmente svantaggiose. La somma fatta uscire dal buio rassicurante e protettivo di casseforti e cassette di sicurezza, fa lievitare le ultime cinque dichiarazioni dei redditi. Con la conseguenza che il contante da sanare costa il 43% sul capitale, rispetto al 7% medio della regolarizzazione della gloriosa edizione del 2015. Il prezzo, e il rischio di essere beccati un giorno, evidentemente non vale la candela.
Il ministro Padoan ha provato a fare la faccia cattiva l'altra settimana, minacciando un blitz della Gdf sui conti correnti aperti da 9.900 connazionali presso il Credit Suisse nella vicina e collaborante ( secondo l’Italia) Svizzera, ma non ha prodotto la sperata corsa agli sportelli dell'Agenzia delle Entrate. Del resto sul piano della deterrenza il fisco italiano non fa paura a nessuno. I controlli sostanziali languono e i capitali continuano a prendere la strada dei vecchi, cari paradisi fiscali, che non lo sono più solo per l'erario. Ma nonostante l'Italia si sia affidata a un accordo “opera- tivo” per lo scambio automatico d'informazioni fiscali con 88 paesi che dovrebbe partire in larga parte dal 2018, dall'Albania all'Uruguay - passando per le amministrazioni di paesi dai nomi fiscalmente poco rassicuranti come Liechtenstein, Bermuda e le varie Isole Cayman, Man, Cook, Faroe e Vergini britanniche – già si pensa a mettere “a regime” stabilmente il condono della voluntary. Intanto il fenomeno dell'evasione fiscale tricolore aumenta implacabilmente.
IN UN'ANALISI sull'andamento dell'evasione regione per regione, presentato ieri dalla Confcommercio, l’economia non osservata (Noe) in Italia secondo l’ultima stima ufficiale diffusa dall’Istat risalente al 2014, risulta pari al 13% del prodotto lordo. A conti fatti sono più di 217 miliardi di imponibile sottratti al fisco con il rigonfiamento dei costi, la sottodichiarazione del fatturato, il lavoro irregolare (evasione contributiva), le attività illegali e informali. Nel Mezzogiorno quasi un quinto del valore aggiunto è prodotto da attività che sfuggono all’osservazione e alla tassazione dell’amministrazione pubblica, a fronte di un valore di poco superiore al 12% nel Nord. Ma il dato non deve portare a conclusioni affrettate. Il valore aggiunto prodotto (non osservato e osservato) dalle regioni del meridione rappresenta, infatti, circa il 23% di quello nazionale a fronte del 56% di quelle del Nord. Ciò significa – sottolinea l'ufficio studi della confederazione dei commercianti - che, pur in presenza di un’incidenza della Noe molto piu elevata nel meridione, è nel Nord dove si concentra oltre il 47% dell’economia sommersa.