Il Fatto Quotidiano

Da Andreotti, Gladio e Falange Armata a bombe e Trattativa

Reggio-Palermo La ricostruzi­one dei pm calabresi s’incastra alla perfezione con le indagini del pool siciliano Stato-cosche

- » GIUSEPPE LO BIANCO E SANDRA RIZZA

La teoria è affidata alla massima gattoparde­sca del “cambiare tutto perché nulla cambi”. La pratica al perverso intreccio tra mafia, ’ndrangheta e settori deviati dei servizi, orfani di Gladio, che tentano di mantenere lo status quo attraverso l’ennesima strategia della tensione. È lo scenario disegnato nell’ordinanza del gip di Reggio Calabria Adriana Trapani che racconta il biennio delle bombe ’92-’94 sulla base delle indagini del pm Giuseppe Lombardo che si incastrano a perfezione con la ricostruzi­one del pool Stato-mafia di Palermo.

TUTTO COMINCIA da via Montenevos­o, dove nel covo milanese delle Br il 9 ottobre del ’90 viene ritrovata una versione più ampia del memoriale Moro: tra gli argomenti delle 53 pagine nuove che compaiono nel documento, rispetto alla precedente versione ritrovata nel ’ 78, c’è proprio la questione Gladio. Pochi giorni dopo, il 24 ottobre del ’90, Giulio Andreotti rivela al Parlamento l’e sistenza della struttura St a y Behind, e un mese dopo ne proclama lo scioglimen­to: “Lo smantellam­ento di Gladio – scrive il gip Trapani – era stato per alcuni esponenti degli apparati di sicurezza e i loro sodali, ma sarebbe meglio parlare dei manovrator­i di costoro (vedremo come si giungerà ad individuar­e in non identifica­ti appartenen­ti della VII divisione del Sismi, e del residuo ma pervicace piduismo gelliano, il nucleo di tali forze), il segnale di un intollerab­ile ridimensio­namento del proprio potere”. Insomma, aggiunge il gip, “le mafie e le descritte schegge infedeli di apparati statali sembravano accomunati in quegli anni ad uno stesso destino: i nuovi equilibri geo-politici sta- vano mutando i meccanismi di un sistema in cui erano prosperate”.

Nell’ordinanza, ecco che il gip mette in sequenza alcuni fatti immediatam­ente successivi alla caduta del muro di Berlino: tre giorni dopo la denun- cia in parlamento di Andreotti, ovvero il 27 ottobre del 1990 sullo scenario mediatico compare per la prima volta la sigla eversiva “Falange Armata” che rivendica, a sei mesi di distanza, l’omicidio dell’ed uc a to r e carcerario Umberto Mormile, assassinat­o l’11 aprile del 1990 “dalla potente cosca calabro- lombarda dei Papalia”. Mormile avrebbe assistito in carcere a contatti sotterrane­i tra il boss detenuto Domenico “Mi c o” Papalia e misteriosi 007. La stessa sigla di rivendicaz­ione verrà suggerita un anno dopo, nell’autunno 1991, ai vertici di Cosa nostra riuniti ad Enna per progettare l’attacco stragista allo Stato. Per i pm di Reggio Calabria, che l’hanno indicata come tema di prova dell’inchiesta sul patto stragista tra Cosa nostra e ’ndrangheta, la Falange Armata è una firma “ideata e utilizzata da appartenen­ti infedeli dei Servizi di sicurezza sia per regolare conti interni ai Servizi stessi, sia per essere messa a disposi- zione, inizialmen­te in funzione di depistaggi­o, delle azioni criminali eseguite dalle organizzaz­ioni mafiose”. Se ne accorse per primo l’ambasciato­re Francesco Paolo Fulci, tra il 1991 e il 1993 direttore del Cesis, che denunciò come almeno sedici telefonist­i della Falange Armata fossero membri della VII divisione (K) del Sismi, responsabi­le di Gladio. E scoprì la sovrapposi­zione dei luoghi da cui erano partite le telefonate di rivendicaz­ione delle minacce con le sedi del servizio militare.

TRA GLI ATTORI in campo, il gip calabrese cita anche Licio Gelli, che nel 1993 “in modo tanto arrogante quanto spudorato quasi rivendicò la posizione degli stragisti”, attribuend­o l’attacco allo Stato ad un “diffuso e giustifica­to malcontent­o contro la cosiddetta partitocra­zia”. Ecco che lo stragismo del ’92-’94, nella ricostruzi­one degli inquirenti di Reggio Calabria, si muove su un doppio livello: quello mafioso, che punta ad ottenere vantaggi carcerari, e quello eversivo che mira ad un sovvertime­nto istituzion­ale con l’obiettivo di conservare le prerogativ­e esistenti tra gli apparati deviati dello Stato: “Cambiare tutto per non cambiare nulla.”

“Si comprende così – conclude il gip di Reggio Calabria – come l’alleanza tra Cosa nostra e ’ndrangheta, durante la stagione delle stragi del 1993, che aveva come obiettivo immediato quello di ricattare lo Stato e costringer­lo alla Trattativa, fosse stata anche influenzat­a dai suggerimen­ti, dall’approvazio­ne e dal favore con cui Gelli e i suoi la vedevano”.

L’omicidio Mormile L’educatore carcerario fu ucciso nel 1990 perché aveva assistito alle visite degli 007 a “Mico” Papalia

Una stagione di strategia della tensione che coinvolge pezzi dello Stato e mafie 1990 30 ottobre

Compare per la prima volta sullo scenario mediatico la sigla “Falange Armata” 1991 autunno

I vertici di Cosa nostra si riuniscono ad Enna, in Sicilia, per progettare l’attacco allo Stato: viene suggerito loro di utilizzare la “Falange Armata”

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Ansa Il “Divo Giulio” Il sette volte premier Giulio Andreotti nel 1992

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