Roma, patto sull’acqua Trasporti, Rota è fuori
No al razionamento idrico, vuoto all’Atac
■ Scongiurata la chiusura dei rubinetti nella Capitale. Polemica sull’uscita di scena del dirigente arrivato all’azienda pubblica pochi mesi fa. Gli tolgono le deleghe ma lui si era dimesso già il 21 luglio
Doveva essere il giorno dell’addio, e addio è stato. Ma modalità e polemiche sono da romanzo pirandelliano. Perché ieri l’Atac, la municipalizzata romana dei trasporti, ha tolto le deleghe al suo direttore generale Bruno Rota: che però si era già dimesso il 21 luglio scorso. Un paradosso che, in una giornata di accuse incrociate ed equivoci, conferma la confusione nella giunta a 5Stelle di Roma.
La certezza è che ieri l’Atac ha accettato le dimissioni di Rota, in azienda da aprile, “con decorrenza dal 2 agosto o da altra data antecedente che lei ritenga opportuna”. Così si chiude il rapporto con l’ex dg dell’Atm, l’o mologa milanese di Atac, “reo” di aver detto giovedì in due interviste al Fattoe al Corriere della Sera la cruda verità sul disastro della municipalizzata capitolina: “L’azienda ha un debito da un miliardo e 350 milioni, non possiamo nemmeno più comprare il materiale che ci serve per fare la manutenzione: il tempo è finito”. Ma la frattura risale a diversi giorni prima delle interviste. E a certificarlo è lo stesso Rota ieri pomeriggio, pochi minuti dopo che l’Atac ha diffuso il comunicato con cui l’amministratore unico, Manuel Fantasia, annuncia il ritiro delle deleghe.
PARE UNA MOSSAper spingere Rota a lasciare. Ma il manager va subito in contropiede: “Ho dato le mie dimissioni il 21 luglio scorso, e sono state accettate oggi (ieri, ndr). Come si possa silurare un manager che ha dato le dimissioni da sette giorni resta un mistero dell’amministrazione capitolina. O forse l’ennesimo tentativo di ingannare l’opinione pubblica senza rispettare dignità e lavoro”. La notizia delle sue dimissioni del 21 coglie di sorpresa anche i piani alti del Movimento, che - almeno stando alle prime reazioni ufficiose - non ne sapevano nulla.
L’impressione è quella di un cortocircuito interno, nel quale qualcuno non ha detto la verità. Tant’è che Atac prova a riparare con una nuova nota: “Le dimissioni sono state presentate su richiesta dell’amministratore unico giovedì pomeriggio. Al numero di protocollo aziendale citato da Rota in alcune dichiarazioni non è mai risultato alcun do- cumento allegato e neanche adesso è presente. Le sue dimissioni sono state accettate oggi”.
Tradotto, non c’è nessuna lettera data 21 luglio. Ma è una versione che non sta in piedi. Perché la missiva con cui Atac accetta le dimissioni è chiara: “Facendo seguito alla sua lettera del 21 luglio prendiamo atto delle sue dimissioni”. Insomma, è la stessa azienda a scrivere che sapeva da una settimana. “Ma la sindaca e gli assessori competenti non ne sapevano nulla”, giurano voci dal Campidoglio. Che aggiungono: “Nei giorni scorsi Rota aveva solo detto che non sapeva se ce l’avrebbe fatta ad an- dare avanti, non che si sarebbe dimesso”. Di sicuro però qualcosa non torna, perché in serata l’assessore ai Trasporti invia una lettera all’amministratore di Atac chiedendo “chiarimenti” sulla vicenda delle dimissioni.
NEL FRATTEMPO dietro le quinte continua ad agitarsi il caso relativo a Enrico Stefàno. Ossia il presidente della commissione Trasporti, accusato giovedì da Rota di avergli raccomandato persone in serie: “So del suo vivo interesse per una società di bigliettazione, più che di dirigenti da cacciare lui, e non solo lui, mi ha parlato di giovani da promuovere. Velocemente. Nomi noti, sempre i soliti”. Stefàno ieri ai suoi nega tutto. E nel pomeriggio su Facebook replica all’ormai ex dg: “Né io né i miei colleghi abbiamo mai sollecitato promozioni, chiesto assunzioni o spostamenti, proposto collaborazioni. Rota si scusi per una contestazione infondata”. E il renziano Michele Anzaldi non può che infierire: “Se è fal- so Stefàno quereli Rota”. Una pillola da un fiume di agenzie contro la giunta Raggi.
Ma nel giorno in cui salta l’ennesima testa nel Comune a 5Stelle, c’è già da pensare al successore di Rota. Il nome, giurano dal Movimento, c’è già. Un uomo, non romano, “già in rapporti con noi”. Dovrebbe essere presentato la prossima settimana. E lo aspetta un compito pesante. Riprendere in mano un’azienda che, per Rota, non ha altre alternative che un concordato preventivo, pena l’apocalisse. Cioè il fallimento. Un’a lt ra grande paura che incombe sul Campidoglio.
L’autogol
L’azienda nega che abbia lasciato prima, ma poi risponde ”alla lettera del 21/7”