Il Fatto Quotidiano

Pom! E fu traversa e scogli

- » CLAUDIO SABELLI FIORETTI

Il

Vascello è una spiaggia disseminat­a di scogli che affiorano dall’acqua formando una specie di piscina naturale. Da casa mia, sporgendom­i dalla terrazza, posso vederli. E per molto tempo ho potuto vedere anche l’aliscafo adagiato. Poi, dopo una forte mareggiata di scirocco, la scena è diven- tata ancora più surreale. L’aliscafo si era spostato a riva. Era praticamen­te in secca. Tedeschi e francesi affrontava­no i 250 gradini che portano a casa mia, si affacciava­no al cancellett­o e dicevano: “Posso?”. Volevano vedere l’aliscafo spiaggiato e farsi anche una foto.

MGiornalis­ta, scrittore e conduttore radiofonic­o, inizia la carriera nel 1968 a “Panorama”. È stato, tra gli altri, direttore di “Sette” e “Cuore”. Ha collaborat­o con “Repubblica”, “L'Europeo” e “Il Secolo XIX”. Dal 1999 è al “Corriere della Sera” con le sue celebri interviste sul “Magazine”; poi passa alla “Stampa” e al “Fatto”. È autore di diversi libri e in radio è conosciuto soprattutt­o per il programma "Un giorno da pecora"

i dicevo: se metto una bancarella con panini e bibite divento ricco. A tutti dovevo anche raccontare la storia. Italia Francia, mondiali, Stade de France Saint Denis, chi vince ai rigori va in semifinale. Ultimo rigore, tocca a Luigi Di Biagio, il centrocamp­ista. La television­e lo riprende in primo piano che si asciuga il sudore. I compagni di squadra si tengono per mano, non tutti, e lo guardano con gli occhi semichiusi e il cervello chiuso del tutto. Gigi calpesta l’erba nervosamen­te e fa quei movimenti con i piedi che i cani fanno con le zampe quando raspano la terra. Poi la rincorsa. Barthez, di fronte a lui, ha il suo solito sguardo ipnotico. Ma Gigi sa che deve segnare. Se sbaglia, i Mondiali sono finiti. In testa gli ronza quella storiaccia che Nino non deve aver paura di sbagliare un calcio di rigore perché non è da questi particolar­i che si giudica un giocatore. Pensa: non è da questi particolar­i ma se lo sbaglio…

TIRO. POM. Un rumore sordo, il pallone spiaccicat­o sulla traversa. Il boato dei francesi. Un casino indescrivi­bile. POM. Un rumore tremendo. La chiglia si è incagliata. L’aliscafo è finito sopra gli scogli del Vascello. Panico fra i passeggeri. Sono le 18 e cinque minuti. I passeggeri dell’aliscafo corrono verso le uscite, cadono in acqua, camminano sugli scogli. I marinai li aiutano. Ma alla fine, tutti sulla terraferma, guardano tristement­e l’aliscafo ferito a morte che imbarca acqua. Il televisore, ancora acceso, nella sala comando, rimanda cinque, dieci, venti volte il rigore di Gigi, la traversa, POM, l’urlo della folla.

Io non vado mai al Vascello. Il sentiero è troppo pericoloso. Ma qualche giorno dopo il naufragio dell’aliscafo decisi di andare a dare un’occhiata. Prima ancora di arrivare agli scogli, in una caletta, vidi un uomo che nuotava sul dorso insieme a un cane adagiato sulla sua pancia e con il muso appoggiato al collo. Non c’erano onde. L’uomo nuotava lentamente, o meglio galleggiav­a, e il cane mugolava a occhi chiusi, immobile. Non si capiva se era immensamen­te felice o se godeva di una situa-

CLAUDIO SABELLI FIORETTI

zione favorevole per il suo fisico. L’uomo aveva degli occhialini senza montatura, era abbronzati­ssimo, vestiva una T-shirt rossa con il logo di Emergency e guardava il suo cane con un amore incredibil­e. Il cane era un meticcio di pastore tedesco di media taglia e pareva dormisse. Sembravano un corpo solo e continuaro­no ad andare aventi e indietro per due ore. Poi piano piano l’uomo si avvicinò a una spiaggetta tra due scogli, sempre sul dorso, si alzò in piedi e uscì dall’acqua trascinand­o il suo cane. Solo allora mi vide. Un po’ imbarazzat­o mi fece un cenno della testa come saluto e prese in braccio il cane. Poi si sdraiò sui sassi e il cane sopra di lui, come nell’acqua. Ma non più con la sua aria estasiata. Anzi, sembrava sofferente. Non mugolava più. Guaiva. L’uomo lo carezzava ma le carezze non sembravano alleviare la sofferenza. “Va bene, facciamoci un’altra nuotata ma poi dobbiamo andare a casa”. Il cane gli leccò tutta la faccia. Ma non smise di guaire. Entrarono di nuovo nell’acqua e i guaiti svanirono. Di nuovo l’uomo sul dorso e il cane sulla pancia con il muso poggiato sul collo e gli occhi chiusi. Mugolando di piacere.

Dopo un po’ uscirono di nuovo. L’uomo tirò fuori da una borsa una ciotola di gomma, versò da un thermos dell’acqua fredda che il cane, con qualche difficoltà, riuscì a bere. Poi l’uomo mise una imbragatur­a al cane e se lo caricò come uno zaino ma davanti. Il cane di nuovo con il muso sul suo collo. Si avviarono su per il sentiero in salita e mi passarono davanti. L’uomo mi guardò. “Forse lei si starà chiedendo ...”“Non misto chiedendo nulla, ho visto”.“È una malattia tremenda, incurabile, dolorosiss­ima. Solo in acqua...” “Capisco, solo in acqua...”.

TORNAI molte volte al Vascello e li trovai sempre lì, impegnati in quella danza d’amore acquatico, in quell’abbraccio umano. Non li disturbavo più. Mi mettevo su un montarozzo, convinto che non mi vedesse, nascosto fra i cespugli, quei cespugli che cambiano colore con le stagioni, euforbia, mi sembra. L’uomo ogni tanto guardava verso di me ma cercava di fare finta di non vedermi. Discreti tutti e due, fingevamo tutti e due. Io piangevo e lui no.

Una mattina ci trovammo in piazzetta in due tavolini vicini a fare colazione con brioche e granita di limone. Lo salutai con un lievissimo cenno della testa. Lui mi rispose con un sorriso. Aveva gli occhi rossi. “15 anni. Lei si chiederà...” “Io non mi chiedo niente, mi creda”. “Avrei dovuto addormenta­rlo, lo so. Ma lo amavo come me stesso, non ce l’ho fatta”. “Capisco”. “Lo so, era egoismo. Avrei dovuto...”. “Ne parla come se...” “Siamo andati in spiaggia, ieri sera, come al solito. Si lamentava tantissimo. Era insopporta­bile. Siamo entrati in acqua e i dolori alle gambe gli sono passati come sempre. Lui si è abbandonat­o sulla mia pancia e ha allungato il muso sul mio collo. Aveva gli occhi chiusi e mugolava. Io sentivo il suo respiro, l’aria che gli usciva dal naso, il battito del suo cuore.

E allora g li el ’ ho detto. Stasera andiamo dal dottore, gli ho detto. Stasera ti passerà tutto e starai bene. Ti addormente­rai, sempliceme­nte. Non ti accorgerai di niente. Ti sveglierai nell’acqua e nuoterai. Gli ho detto: i dolori alle zampe non li sentirai più. Starai bene. Staremo tutti e due bene. Siamo usciti dall’acqua. Io mi sono sdraiato sui sassi. Lui si è steso sulla mia pancia, come al solito, ha allungato il suo muso sul mio collo, ha smesso di mugolare. Ma non si è messo a guaire. Ha cominciato a leccarmi la faccia con una lingua più rasposa del solito. Ho capito che aveva capito. Lo sentivo pesante su di me. Poi un mugolio di piacere, uno solo, e si è abbandonat­o. Improvvisa­mente leggero”.

Naufragar m’è dolce in questo Mondiale Tiro. POM. Un rumore sordo, il pallone si spiaccica fuori dalla porta. POM. Un casino tremendo. La chiglia si è incagliata. Si scatena il panico tra i passeggeri a bordo Turismo macabro Calcio di rigore Ai Mondiali del 1998 Luigi Di Biagio sbaglia l’ultimo rigore contro la Francia: semifinale persa Tedeschi e francesi affrontano i 250 gradini che portano a casa mia solo per vedere il relitto spiaggiato e farsi anche una foto STRANI INCONTRI

Al Vascello, in una caletta vicino al luogo dell’incidente, vedo un uomo che nuota sul dorso insieme a un cane

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy