Il Fatto Quotidiano

Quel biglietto da visita fatto di fragilità e impresenta­bili

Parigi dubita? Dalla parentesi Belsito al ruolo di Bisignani e intelligen­ce fino al boiardo senza eredi. Quel che preoccupa del gruppo italiano

- » GIORGIO MELETTI

Il ministro francese dell'Economia Bruno Le Maire parla chiaro: “Migliaia di lavoratori ai cantieri Saint Nazaire sono preoccupat­i” di finire sotto la Fincantier­i, perché “non ci sono garanzie sufficient­i”. Il ministro italiano dello Sviluppo Economico Carlo Calenda sintetizza così l'esito dell'incontro romano: “Per creare un grande gruppo occorre fiducia reciproca”. Il ministro dell'Economia Pier Ca r l o “S t i am o- L a v or an d o ” Padoan festeggia il rinvio del problema a dopo le vacanze (“A bbiamo tempo fino al 27 settembre”), una liturgia che finora ha sempre annunciato disastri ma che non è una notizia. La notizia invece, ridotta all'osso, è che il governo francese non si fida della Fincantier­i e neppure del suo azionista di controllo, il governo italiano. Due le possibili reazioni. La patriottic­a indignazio­ne che fa figura e non impegna. Oppure una domanda laicamente europeista: e se i nostri compatriot­i avessero ragione? Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Sette anni fa era Roberta Pinotti, oggi ministro della Difesa, a non fidarsi: “Il piano di ristruttur­azione Fincantier­i pone un serio pericolo di chiusura o ri- duzione degli impianti con gravissimo danno per l'occupazion­e”. La solita crisi della cantierist­ica è stata provvisori­amente risolta dal governo Renzi e dal ministro Pinotti che, fidandosi di se stessi, hanno finanziato navi da guerra per 5 miliardi per “dare ossigeno” ai cantieri. Oggi però la strada della fiducia reciproca è lastricata di informativ­e dell’intelligen­ce. Ci sarà un motivo se il governo italiano ha messo alla presidenza di Fincantier­i l'ex capo dei servizi segreti Giampiero Massolo. E dunque perché offendersi se il presidente francese Emmanuel Macron, prima di affidare agli italiani l'unico cantiere francese in grado di costruire una portaerei, ha consultato Google News?

AI TEMPI in cui Pinotti non si fidava alla guida di Fincantier­i c’era già Giuseppe Bono, boiardo socialista craxian-amatiano. La cultura del mercato che ora vorrebbe insegnare al banchiere privato Macron se l’è fatta come direttore generale dell'Efim, baraccone delle partecipaz­ioni statali finito sotto una montagna da 13 mila miliardi di lire di debiti. Al vertice dei cantieri civili e militari lo mise nel 2004 Silvio Berlusconi che qualche anno dopo gli mandò Valter Lavitola a pretendere la provvigion­e per certe navi militari da vendere al Brasile. Bono lo mandò al diavolo, o al- meno così ha raccontato ai magistrati, e si trovò convocato a palazzo Grazioli dove trovò B. in compagnia del mediatore che presentò come “il mio uomo”.“Ebbi la netta impression­e che Berlusconi fosse pressato da Lavitola”, riferì Bono.

Era l'epoca gloriosa in cui Pinotti protestava e Bono, oggi suo beniamino e alfiere dell'eccellenza tecnologic­a italiana, perseguiva il primato cantierist­ico ingaggiand­o consulenti del rango di Dalmierino Ovieni, uomo di fiducia dell’allora leader del Sindacato padano Rosy Mauro, pagato per un paio d’anni 2 mila euro al mese da Fincantier­i senza fare niente. Ovieni era solo la punta dell'iceberg su cui gli scafi Fincantier­i lucidavano la propria correttezz­a gestionale. Bono riuscì persino a digerire un vice presidente come Francesco Belsito, il tesoriere di Umberto Bossi, che appena nominato trascinò Bono a pensosi convegni con il Senatùr sul futuro dell’industria. E Bono obbediva perché, come i francesi sospettano, più che ai mercati questo grande manager guarda alle buone relazioni politiche. Adesso il governo francese scopre su Google News che Belsito, processato con Bossi, ha accumulato nelle ultime settimane condanne per oltre 8 anni di carcere. E ancora resta aperto il dibattimen­to più delicato, quello per le commesse Fincantier­i. E pensano, i francesi: ma come lavorano les Italiens?

BONO protesta: perché vi andavano bene i cantieri Stx in mano ai coreani e dite no agli italiani? Semplice: i coreani erano privati, quindi facilmente controllab­ili dallo Stato francese. Dare i cantieri navali alla Fincantier­i equivale invece ad assoggetta­rli a un governo straniero, un governo capace di nominare un Belsito alla vicepresid­enza e magari di fare l'offeso se glielo fai notare, o se preferite un governo capace di affidare la Fincantier­i (oltre 20 miliardi di commesse pluriennal­i, decine di migliaia di posti di lavoro tra diretti e indiretti) a un padre-padrone di 73 anni senza uno straccio di piano di succession­e, visto che non si sa quale raccomanda­to politico avrà l’appoggio giusto quel giorno lontanissi­mo.

Poi i francesi vedono che l’energico sostenitor­e del fronte anti-francese è Luigi Bisignani, noto da un quarto di secolo anche Oltralpe per le brillanti teorie (e pratiche, dispiegate con la tangentona Enimont) sul rapporto Stato-mercato e pubblico-privato. E si chiedono in che guaio si stanno cacciando.

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Ansa Il socialista L’amministra­tore delegato di Fincantier­i (dal 2004), Giuseppe Bono
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