Quel biglietto da visita fatto di fragilità e impresentabili
Parigi dubita? Dalla parentesi Belsito al ruolo di Bisignani e intelligence fino al boiardo senza eredi. Quel che preoccupa del gruppo italiano
Il ministro francese dell'Economia Bruno Le Maire parla chiaro: “Migliaia di lavoratori ai cantieri Saint Nazaire sono preoccupati” di finire sotto la Fincantieri, perché “non ci sono garanzie sufficienti”. Il ministro italiano dello Sviluppo Economico Carlo Calenda sintetizza così l'esito dell'incontro romano: “Per creare un grande gruppo occorre fiducia reciproca”. Il ministro dell'Economia Pier Ca r l o “S t i am o- L a v or an d o ” Padoan festeggia il rinvio del problema a dopo le vacanze (“A bbiamo tempo fino al 27 settembre”), una liturgia che finora ha sempre annunciato disastri ma che non è una notizia. La notizia invece, ridotta all'osso, è che il governo francese non si fida della Fincantieri e neppure del suo azionista di controllo, il governo italiano. Due le possibili reazioni. La patriottica indignazione che fa figura e non impegna. Oppure una domanda laicamente europeista: e se i nostri compatrioti avessero ragione? Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Sette anni fa era Roberta Pinotti, oggi ministro della Difesa, a non fidarsi: “Il piano di ristrutturazione Fincantieri pone un serio pericolo di chiusura o ri- duzione degli impianti con gravissimo danno per l'occupazione”. La solita crisi della cantieristica è stata provvisoriamente risolta dal governo Renzi e dal ministro Pinotti che, fidandosi di se stessi, hanno finanziato navi da guerra per 5 miliardi per “dare ossigeno” ai cantieri. Oggi però la strada della fiducia reciproca è lastricata di informative dell’intelligence. Ci sarà un motivo se il governo italiano ha messo alla presidenza di Fincantieri l'ex capo dei servizi segreti Giampiero Massolo. E dunque perché offendersi se il presidente francese Emmanuel Macron, prima di affidare agli italiani l'unico cantiere francese in grado di costruire una portaerei, ha consultato Google News?
AI TEMPI in cui Pinotti non si fidava alla guida di Fincantieri c’era già Giuseppe Bono, boiardo socialista craxian-amatiano. La cultura del mercato che ora vorrebbe insegnare al banchiere privato Macron se l’è fatta come direttore generale dell'Efim, baraccone delle partecipazioni statali finito sotto una montagna da 13 mila miliardi di lire di debiti. Al vertice dei cantieri civili e militari lo mise nel 2004 Silvio Berlusconi che qualche anno dopo gli mandò Valter Lavitola a pretendere la provvigione per certe navi militari da vendere al Brasile. Bono lo mandò al diavolo, o al- meno così ha raccontato ai magistrati, e si trovò convocato a palazzo Grazioli dove trovò B. in compagnia del mediatore che presentò come “il mio uomo”.“Ebbi la netta impressione che Berlusconi fosse pressato da Lavitola”, riferì Bono.
Era l'epoca gloriosa in cui Pinotti protestava e Bono, oggi suo beniamino e alfiere dell'eccellenza tecnologica italiana, perseguiva il primato cantieristico ingaggiando consulenti del rango di Dalmierino Ovieni, uomo di fiducia dell’allora leader del Sindacato padano Rosy Mauro, pagato per un paio d’anni 2 mila euro al mese da Fincantieri senza fare niente. Ovieni era solo la punta dell'iceberg su cui gli scafi Fincantieri lucidavano la propria correttezza gestionale. Bono riuscì persino a digerire un vice presidente come Francesco Belsito, il tesoriere di Umberto Bossi, che appena nominato trascinò Bono a pensosi convegni con il Senatùr sul futuro dell’industria. E Bono obbediva perché, come i francesi sospettano, più che ai mercati questo grande manager guarda alle buone relazioni politiche. Adesso il governo francese scopre su Google News che Belsito, processato con Bossi, ha accumulato nelle ultime settimane condanne per oltre 8 anni di carcere. E ancora resta aperto il dibattimento più delicato, quello per le commesse Fincantieri. E pensano, i francesi: ma come lavorano les Italiens?
BONO protesta: perché vi andavano bene i cantieri Stx in mano ai coreani e dite no agli italiani? Semplice: i coreani erano privati, quindi facilmente controllabili dallo Stato francese. Dare i cantieri navali alla Fincantieri equivale invece ad assoggettarli a un governo straniero, un governo capace di nominare un Belsito alla vicepresidenza e magari di fare l'offeso se glielo fai notare, o se preferite un governo capace di affidare la Fincantieri (oltre 20 miliardi di commesse pluriennali, decine di migliaia di posti di lavoro tra diretti e indiretti) a un padre-padrone di 73 anni senza uno straccio di piano di successione, visto che non si sa quale raccomandato politico avrà l’appoggio giusto quel giorno lontanissimo.
Poi i francesi vedono che l’energico sostenitore del fronte anti-francese è Luigi Bisignani, noto da un quarto di secolo anche Oltralpe per le brillanti teorie (e pratiche, dispiegate con la tangentona Enimont) sul rapporto Stato-mercato e pubblico-privato. E si chiedono in che guaio si stanno cacciando.