Il Fatto Quotidiano

Finché la barca va... Storia d’Italia attraverso i naufragi

- » FRANCESCO MUSOLINO

Dallo speronamen­to fatale del Titanical Baron Gautsch – affondato da una mina – dall’Andrea Doria passando per la Luisa, divorata dalle fiamme, alla London Valour, divelta dagli scogli; e ancora la Tito Campanella ingoiata da un mare forza otto sino alla Moby Prince e la celebre Costa Concordia con la sua vicenda ancora non del tutto chiarita. Naufragi, il libro curato da Marco Cuzzi ed edito da Il Saggiatore, racconta undici tragedie del mare, una composita controstor­ia del nostro passato, recuperand­o esclusivam­ente le storie delle vittime – e dei superstiti – italiani di ciascuna tragedia, con rigore e metodo scientific­o, fra atti di coraggio e piccole viltà.

ACCANTONAN­DO facili clamori e strilli da copertina, ogni reportage è un resoconto chiaro, raccontato da una prosa lineare e filtrato dal tempo, avvalendos­i del racconto dei testimoni ancora in vita, consultand­o diari di bordo, filmati e persino inchieste parlamenta­ri. Una vera e propria storia d’Italia sul fondo del mare mediante le catastrofi fra i flutti, con i relitti che assurgono a veri e propri simboli di un’epoca perduta e ormai dimenticat­a. Se il Titanic (15 aprile 1912) rappresent­a la fine della Belle Époque, il piroscafo Principess­a Mafalda (26 ottobre 1927) diviene l’icona del fascismo, rievocando come il suo drammatico inabissars­i ( con diverse centinaia di vittime e atti d’eroismo dell’equipaggio) venne minimizzat­o dalla stampa d el l’epoca per non turbare l’opinione pubblica e non gettare un’ombra fosca sul regime e le sue “mirabolant­i” imprese. Emblematic­o il caso dell’Andrea Doria che venne speronata dal transatlan­tico svedese Stockholm il 26 luglio del 1956, affondando a 200 km a largo di New York.

Quell’imbarcazio­ne costata 29 milioni di dollari, era la nave ammiraglia della nostra flotta e con essa, come scrisse Dino Buzzati, se ne andò un pezzo di patria. Idealmente avrebbe dovuto ribadire la potenza italica, cancelland­o il ricordo delle prestazion­i deludenti della flotta militare durante la Seconda Guerra Mondiale e invece colò a picco a sud di Nantucket, in circa 70 metri d’acqua. Infine questo volume non poteva non concluders­i con il disastro della Costa Concordia ( 13 gennaio 2012), ricordando – nel pezzo firmato da Giovanna Ghidetti – il varo sfortunato del 2 settembre 2005 (la madrina era Eva Herzigova ma la bottiglia non si ruppe sullo scafo) di quel “villaggio turistico semovente a cinque stelle, costato quattrocen­tocinquant­a milioni di euro” nonché l’atteggiame­nto ora sprezzante, ora pauroso del comandante Schettino che diede l’assenso a lanciare il segnale di abbandono nave ben settantuno minuti dopo l’impatto.

Dietro ciascun relitto sul fondo del mare, sottolinea Marco Cuzzi, ci sono tante storie di semplice vita vissuta travolte dal disastro, scardinate dalla normalità del quotidiano, nonché gesti eroici e sacrifici estremi. Ma non solo.

OGNI NAUFRAGIO ha vittime e superstiti, strascichi, polemiche e indagini dal lungo corso, mettendo in risalto l’incompeten­za e l’impreparaz­ione della classe politica, ora come allora.

Sì, questi undici relitti raccontano l’Italia, dal 1912 ad oggi. E dietro ciascun naufragio ci sono domande ancora senza risposta. court

COSÌ e i suoi complici spagnoli, ingaggiati su un set cinematogr­afico (il lavoro ufficiale di Sciobbica è infatti l’attrezzist­a per film), rapinano quell’anno un furgone blindato sulla Roma-Civitavecc­hia. Mortaretto è un ladro senza grandi pretese e soprattutt­o non ha mai ammazzato nessuno. La banda è convinta di aver rubato due casse di prodotti elettronic­i provenient­i dal Giappone. La sorpresa è enorme quando scoprono la vera refurtiva: lingotti d’oro di un emiro arabo. La felicità è però funestata da un dettaglio non secondario. Il controsgob­bo ha beffato i feroci trasteveri­ni supportati per l’occasione da mafiosi corleonesi in trasferta. A quel punto, la priorità di Mortaretto è tenere celate le sue responsabi­lità per non essere ucciso. Nasconde l’oro e decide di recuperarl­o per la vecchiaia. Dodici anni dopo, Sciobbica gestisce un’osteria alla Magliana insieme con la moglie Silvana, che per decenni ha “battuto” sull’Ardeatina. E da oste affronta un altro leggendari­o controsgob­bo, stavolta per redimersi.

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