Finché la barca va... Storia d’Italia attraverso i naufragi
Dallo speronamento fatale del Titanical Baron Gautsch – affondato da una mina – dall’Andrea Doria passando per la Luisa, divorata dalle fiamme, alla London Valour, divelta dagli scogli; e ancora la Tito Campanella ingoiata da un mare forza otto sino alla Moby Prince e la celebre Costa Concordia con la sua vicenda ancora non del tutto chiarita. Naufragi, il libro curato da Marco Cuzzi ed edito da Il Saggiatore, racconta undici tragedie del mare, una composita controstoria del nostro passato, recuperando esclusivamente le storie delle vittime – e dei superstiti – italiani di ciascuna tragedia, con rigore e metodo scientifico, fra atti di coraggio e piccole viltà.
ACCANTONANDO facili clamori e strilli da copertina, ogni reportage è un resoconto chiaro, raccontato da una prosa lineare e filtrato dal tempo, avvalendosi del racconto dei testimoni ancora in vita, consultando diari di bordo, filmati e persino inchieste parlamentari. Una vera e propria storia d’Italia sul fondo del mare mediante le catastrofi fra i flutti, con i relitti che assurgono a veri e propri simboli di un’epoca perduta e ormai dimenticata. Se il Titanic (15 aprile 1912) rappresenta la fine della Belle Époque, il piroscafo Principessa Mafalda (26 ottobre 1927) diviene l’icona del fascismo, rievocando come il suo drammatico inabissarsi ( con diverse centinaia di vittime e atti d’eroismo dell’equipaggio) venne minimizzato dalla stampa d el l’epoca per non turbare l’opinione pubblica e non gettare un’ombra fosca sul regime e le sue “mirabolanti” imprese. Emblematico il caso dell’Andrea Doria che venne speronata dal transatlantico svedese Stockholm il 26 luglio del 1956, affondando a 200 km a largo di New York.
Quell’imbarcazione costata 29 milioni di dollari, era la nave ammiraglia della nostra flotta e con essa, come scrisse Dino Buzzati, se ne andò un pezzo di patria. Idealmente avrebbe dovuto ribadire la potenza italica, cancellando il ricordo delle prestazioni deludenti della flotta militare durante la Seconda Guerra Mondiale e invece colò a picco a sud di Nantucket, in circa 70 metri d’acqua. Infine questo volume non poteva non concludersi con il disastro della Costa Concordia ( 13 gennaio 2012), ricordando – nel pezzo firmato da Giovanna Ghidetti – il varo sfortunato del 2 settembre 2005 (la madrina era Eva Herzigova ma la bottiglia non si ruppe sullo scafo) di quel “villaggio turistico semovente a cinque stelle, costato quattrocentocinquanta milioni di euro” nonché l’atteggiamento ora sprezzante, ora pauroso del comandante Schettino che diede l’assenso a lanciare il segnale di abbandono nave ben settantuno minuti dopo l’impatto.
Dietro ciascun relitto sul fondo del mare, sottolinea Marco Cuzzi, ci sono tante storie di semplice vita vissuta travolte dal disastro, scardinate dalla normalità del quotidiano, nonché gesti eroici e sacrifici estremi. Ma non solo.
OGNI NAUFRAGIO ha vittime e superstiti, strascichi, polemiche e indagini dal lungo corso, mettendo in risalto l’incompetenza e l’impreparazione della classe politica, ora come allora.
Sì, questi undici relitti raccontano l’Italia, dal 1912 ad oggi. E dietro ciascun naufragio ci sono domande ancora senza risposta. court
COSÌ e i suoi complici spagnoli, ingaggiati su un set cinematografico (il lavoro ufficiale di Sciobbica è infatti l’attrezzista per film), rapinano quell’anno un furgone blindato sulla Roma-Civitavecchia. Mortaretto è un ladro senza grandi pretese e soprattutto non ha mai ammazzato nessuno. La banda è convinta di aver rubato due casse di prodotti elettronici provenienti dal Giappone. La sorpresa è enorme quando scoprono la vera refurtiva: lingotti d’oro di un emiro arabo. La felicità è però funestata da un dettaglio non secondario. Il controsgobbo ha beffato i feroci trasteverini supportati per l’occasione da mafiosi corleonesi in trasferta. A quel punto, la priorità di Mortaretto è tenere celate le sue responsabilità per non essere ucciso. Nasconde l’oro e decide di recuperarlo per la vecchiaia. Dodici anni dopo, Sciobbica gestisce un’osteria alla Magliana insieme con la moglie Silvana, che per decenni ha “battuto” sull’Ardeatina. E da oste affronta un altro leggendario controsgobbo, stavolta per redimersi.