Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Ecioè:

la presenza di poliziotti e il divieto di trasbordo da una nave all’altra. Due prescrizio­ni fondamenta­li per stroncare il traffico di esseri umani, tracciarne i percorsi, individuar­e gli scafisti e scoraggiar­ne l’attività. Gabriele Eminente, dg di Msf, ha sorprenden­temente contestato il fatto che la polizia sia armata. Peccato che la legge imponga che gli agenti di polizia giudiziari­a portino le armi. Il che ovviamente non significa che si mettano a sparacchia­re all’impazzata: se sono lì per verificare la legalità delle operazioni e perseguire i crimini contro o fra i migranti, possono incontrare resistenze fra scafisti camuffati da profughi (accade spesso) o tra loro complici e fiancheggi­atori: dunque devono avere i mezzi necessari per garantire la sicurezza a sé stessi, ai migranti e ai volontari delle Ong. Ma questa curiosa allergia alle armi delle forze dell’ord ine (come se non ci fossero guardie armate anche a presidio degli ospedali) sa tanto di pretesto. Infatti il dg di Msf aggiunge: “Non possiamo far parte di un sistema che non sia solo di ricerca e soccorso, ma preveda indagini o altre ambiguità... L’impegno che gli operatori umanitari raccolgano prove utili alle indagini viola i nostri principi di indipenden­za e imparziali­tà”. In che senso le indagini sarebbero “ambiguità” e violerebbe­ro il dovere dei medici di salvare vite? Come si può essere indipenden­ti dalla legge e imparziali tra guardie e ladri? E perché mai i medici d’ospedale accettano l’obbligo di segnalare tutti i ricoveri di persone ferite o picchiate o investite alle questure perché le forze dell’ordine interroghi­no subito le vittime per scovarne gli aggressori, e poi rifiutano regole analoghe sulle loro navi? Chi subisce sfruttamen­ti, pestaggi, violenze, ricatti, rapine, stupri in mare non ha forse gli stessi diritti delle vittime a terra? E allora che problema c’è se le indagini iniziano già a bordo delle navi, quando è più facile mettere le mani sugli autori di quegli odiosi reati?

Chi rifiuta il Codice autorizza il sospetto – spesso, ma non sempre infondato– di avere qualcosa da nascondere. Per esempio i rapporti opachi con gli scafisti ormai abituati a delegare alle Ong dentro o ai limiti delle acque libiche il grosso dei viaggi, così da risparmiar­e sulle proprie imbarcazio­ni (sempre più pericolant­i e pericolose), non uscire più dal “confine” marittimo, rendersi inafferrab­ili e impunibili. Un andazzo che nessuno Stato serio può più tollerare, soprattutt­o se si sobbarca quasi il 100% degli sbarchi. L’ha detto Regina Catrambone, fondatrice di Moas, che ha subito firmato il Codice: “Molte cose ora vietate – come spegnere i transponde­r – non le abbiamo mai fatte. Nulla contro gli agenti a bordo, se ciò può aiutare le indagini contro i trafficant­i”. Idem il dg di Save The Children, Valerio Neri: “La polizia giudiziari­a non è un problema in quanto l’Italia è un paese democratic­o: non abbiamo nulla da nascondere”. Ora si spera che il governo sia conseguent­e e vieti a chi si è messo fuorilegge la navigazion­e in acque italiane. Ne va della legalità, dell’equità, ma soprattutt­o della cosa che più manca all’Italia: la serietà.

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