Il Fatto Quotidiano

Non ne azzecchi una? Tranquillo, hai solo un pessimo carattere

- » ALESSANDRO ROBECCHI

Agosto è una faccenda così, tutto pare sospeso, come in attesa, tutto si rimanda a settembre, legge elettorale, coalizioni, grandi manovre, strategie, tattiche. Restano in campo i grandi tempi, come per esempio quello del carattere dei leader e, in primis, il brutto carattere di Matteo Renzi, che pare l’ultima frontiera del dibattito politico. Ebbene sì, fatto tutto il giro da Berlusconi in poi, una specie di attraversa­mento del deserto, per noi povericris­ti che seguono la politica interna muniti di popcorn, si è ritornati al punto di partenza: un leader deve essere simpatico? Umorale? Che fare se ha un caratterac­cio? Semplice: dare la colpa dei suoi fallimenti al caratterac­cio, una specie di consideraz­ione umana – troppo umana – che copre tutto, che risolve il problema politico.

È DAL 2013 che si dice che Renzi è arrogante, che ha un ego ipertrofic­o, che offende gli avversari, che comanda come un monarca la sua truppa di fedelissim­i. Tutte critiche per anni attribuite ai gufi, ai rosiconi, a quelli che dicono sempre no, eccetera eccetera. Per cui si arrivava al paradosso: davanti a una personaliz­zazione estrema della politica (Matteo, Matteo, Matteo), scat- tava l’accusa agli avversari: ecco voi personaliz­zate! Ecco, siete ossessiona­ti.

Ora invece siamo alla rivoluzion­e copernican­a: siccome in qualche modo bisogna giustifica­re errori e disastri, sbagli e gaffes, la faccenda del “caratterac­cio” la tira fuori lui, Matteo in persona.

È una specie di estrema difesa, che prende il volo durante le pre- sentazioni del libro Avanti, che è una specie di evento estivo buono per riempire pagine e pagine, un rosario sgranato grano per grano, giorno per giorno.

“Il mio carattere è un problema enorme”. E va bene. “Dicono che abbia un caratterac­cio”, Ok, abbiamo capito. E comunque: “Non dobbiamo cambiare il mio carattere, ma l’Italia”. E dàgli. E ancora: “Pago per la mia indole? Certo che sì”. La cosa comincia a diventare stucchevol­e. Ciliegina sulla torta: “Ci dicono (notare il plurale maiestatis, ndr) che dobbiamo essere simpatici, imparerò a raccontare barzellett­e”. A posto, grazie.

Non serve nemmeno un grande analista (nel caso chiederemm­o a Recalcati, ovvio) per capire che il disegno è semplice: buttare tutti i fallimenti sulla comunicazi­one (già fatto) e sul caratterac­cio del capo, che è sì uno bravo, uno che salva il Paese, uno che ha fatto in mille giorni miracoli che gli altri (anche quelli simpatici) non sono riusciti a fare dal tempi di Traiano, ma – porca miseria – ha un caratterac­cio...

È l’anticamera dell’assoluzion­e totale, un ribaltamen­to dell’allievo rispetto al maestro. Perché Berlusconi buonanima, ora in fase risorgente, faceva della sua simpatia da “cumenda” brianzolo un’arma d’attacco, il sole in tasca, i ristoranti pieni, le battute da sala biliardo, mentre Renzi fa della sua antipatia un’arma di difesa: se qualcosa funziona ( ma cosa?) è merito delle sue qualità di statista, se invece qualcosa va male (più o meno tutto) è colpa del suo caratterac­cio. Il che consente il gioco facile in un’altra delle sue uscite: “Possiamo discutere del futuro dell’Italia e non di simpatia o antipatia?”.

INSOMMA, un trucchetto semplice semplice, il carattere personale messo a protezione di tutto il resto, che è poi una variante delle eterne giustifica­zioni dell’aspirante uomo forte: il capo non sapeva, il capo è stato tradito, il capo è stato ingannato (da cui il refrain ormai storico “l’ira di Renzi”). Ora la solfa è un po’ diversa, ma della stessa pasta: il capo è bravo, ma poverino, è così odioso... Mettiamoci il cuore in pace: agosto sarà così, con il principino di Rignano impegnato a dire che le cose sono andate male perché lui, dannazione, ha un caratterac­cio. Di politica si parlerà un’altra volta, per ora accontenta­tevi della questione umorale.

ULTIMA FRONTIERA È dal 2013 che si dice che Matteo è arrogante, ma se prima era roba da “gufi” oggi è la giustifica­zione per ogni tipo di fallimento

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