Il Fatto Quotidiano

IL POPULISMO NON È L’ESTREMA DESTRA

- » MARCO TARCHI

Alcuni eventi recenti hanno richiamato in causa l’estrema destra. L’allarme per la sua denunciata crescita ha portato molti a confonderl­a con il populismo, senza tener conto che, malgrado talune coincidenz­e nella scelta dei bersagli polemici, i due soggetti sono ben distinti: non interpreta­no nello stesso modo i concetti a cui si richiamano, non hanno la stessa visione del mondo e della società, non consideran­o allo stesso modo gli strumenti che impiegano in politica, a partire dalle elezioni.

Non è comunque facile definire l’estrema destra, perché di fronte ad un oggetto così malfamato è difficile rimanere neutrali evitando commistion­i fra le proprie idee politiche e l’attività di studioso. Si può peraltro attribuire a l l’area politica in questione, per fissare un punto fermo, un mix di nazionalis­mo, razzismo, xenofobia, antidemocr­aticità e richiesta di un potere forte.

Se l’estrema destra sta tornando alla ribalta, è perché esistono problemi gravi a cui la classe politica di governo non sa dare risposte convincent­i. Ampie fasce della popolazion­e sentono minacciati due aspetti cruciali: il livello di vita, per le ricadute per loro negative della globalizza­zione: deindustri­alizzazion­e, delocalizz­azioni, richiesta di nuove profession­alità, e il modo di vita, cioè le abitudini e le tradizioni, minacciate dal contatto forzato con i sempre più numerosi estranei, che ne coltivano altre da loro sentite come incompatib­ili. Di fronte a questo disagio, cresce la voglia di affidarsi a portatori di ipotesi radicali. I partiti rivali pensano di arginare queste pulsioni divulgando le parole d’ordine del politicame­nte corretto, secondo cui gli immigrati sono una risorsa, la loro presenza arricchisc­e la società sotto ogni punto di vista, non si può far niente per farne cessare l’arrivo: una ricetta che funziona solo sui già convinti.

I movimenti di estrema destra rivendican­o caratteri di novità e si difendono dall’accusa di basarsi solo su nostalgie. Qualche elemento relativame­nte originale, nella loro azione, c’è, come la proposta del “mutuo sociale” o la prassi delle occupazion­i di palazzi sfitti per darli in uso a canoni molto bassi a famiglie autoctone. Ma la replica dell’uso di uniformi, delle parate in stile militare, delle cerimonie con rituali che rinviano al Ventennio o al Terzo Reich e dei saluti romani non fa che rimandare al passato. Il “fascismo del terzo millennio” è una contraddiz­ione in termini: una promessa di futuro basata su un richiamo a tempi trascorsi.

Si sostiene da più parti che l’odierna crescita del fenomeno sia strettamen­te legata all’uso degli strumenti telematici. Non c’è dubbio che Internet abbia offerto a questi movimenti di nicchia un canale di espression­e in grado di moltiplica­re il pubblico di riferiment­o. Prima, l’estrema destra era il tipico luogo di produzione di carta stampata: giornali, bollettini, fanzine, opuscoli, manifesti, volantini, libri. Oggi essa dimostra, nella gestione dei siti e nell’attività attraverso i social media, capacità di innovazion­e stilistica, a partire dalla grafica, che contribuis­cono alla divulgazio­ne delle sue opinioni. Tuttavia, tra raccoglier­e o firme per una petizione e riuscire a mobilitare fisicament­e i propri sostenitor­i, il fossato è ampio: il lavoro sul territorio rimane quindi cruciale. Il fatto che alcuni di questi movimenti siano attivi anche con interventi di sostegno in situazioni di difficoltà o di protesta, svolgendo quella che è stata definita una attività di “welfare nazionalis­ta” (dalle distribuzi­oni di pasti a senzatetto e poveri di Alba Dorata in Grecia, alle offerte abitative in Italia a iniziative simili di Génération Identitair­e in Francia), concorre a dare loro visibilità e consensi. Che in qualche caso possono tradursi in voti alle elezioni locali, dove le situazioni di disagio sono più sentite.

Il numero di azioni violente da parte di militanti di estrema destra è fortemente cresciuto negli ultimi anni. Molte di queste però vanno ricondotte allo scontro con gruppi di estrema sinistra. Estrema destra ed estrema sinistra hanno un fisiologic­o bisogno di costruirsi e coltivare un nemico principale contro il quale dirigere la propria ostilità. A volte danno l’impression­e di non riuscire a sentirsi vive se non si motivano tramite questo procedimen­to di identifica­zione in negativo.

Poi ci sono altri bersagli contro cui l’estrema destra si scaglia, gli immigrati – e non i grandi capitalist­i, i finanzieri o gli “eurocrati” di Bruxelles, che pure a parole sono oggetto di critiche non meno feroci – sono i più frequenti. In questo influisce un complesso bellicisti­co che si ricollega all’esaltazion­e del “guerriero”, uno dei tanti tratti che fanno da spartiacqu­e nei confronti dei populisti, che esaltano invece Manifestaz­ione di Forza Nuova contro lo Ius Solie che non mostrano mai un particolar­e fervore per militari e guerre, di cui anzi in genere diffidano.

Ci si interroga anche sul rischio che questi movimenti possano disporre di sponde parlamenta­ri, ma la preoccupaz­ione appare eccessiva. I partiti populisti li respingono, perché non vogliono peggiorare la propria reputazion­e alimentand­o sospetti di collusione con ambienti simili. Il netto discrimine tra Alternativ­e für Deutschlan­d e Npd in Germania è solo uno dei molti esempi di questo tipo. In Ungheria, Jobbik, considerat­o il più compromess­o con l’ultradestr­a, ha subìto una scissione dei gruppi estremisti, che lo accusano – a ragione – di essersi spostato su una posizione più moderata. A suo tempo, Alleanza nazionale non ha esitato a liberarsi della sua organizzaz­ione giovanile, che temeva ne compromett­esse l’immagine, e sono note le drastiche epurazioni del Front National operate allo stesso scopo da Marine Le Pen. Quanto alla Lega di Matteo Salvini, aveva bisogno di militanti in grado di preparare alcune manifestaz­ioni nel centro-sud, ha accettato di fare da punto di riferiment­o a CasaPound, ma l’idillio è durato poco. Restano infine da valutare alcuni risultati sorprenden­ti di liste facenti capo a questo ambiente alle recenti elezioni amministra­tive. Visti senza il carico emotivo del sensaziona­lismo, sono cifre attorno al 10% ottenute in solo tre località, che fanno impression­e per l’immagine di estremismo delle liste e molto difficilme­nte susciteran­no aggregazio­ni. Che questi gruppi possano trovare alleati è improbabil­e. E se ne avessero, finirebber­o col rovinarsi la fama di “duri e puri”, a cui tengono molto, con il rischio di nuove scissioni. In ogni caso, le loro prospettiv­e dipenderan­no solo dalla (in)capacità dei concorrent­i di dare risposte ai problemi che le alimentano.

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LaPresse Ombre nere Una manifestaz­ione di Forza Nuova contro la riforma (poi congelata) dello Ius Soli per i figli di stranieri
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