Pd in rosso, inizia la caccia ai parlamentari morosi
Asettembre il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, manderà una lettera a tutti i parlamentari del Pd che non sono in regola con i versamenti obbligatori al partito, chiedendo di mettersi in regola. Se non lo faranno, renderà pubblici i nomi di tutti i morosi, con lo stato complessivo del debito/credito con il partito nel corso degli anni. Per chi verrà esposto al pubblico ludibrio in questo modo ottenere un posto in lista sarà molto difficile. La minaccia per ora è velata, ma diventerà sempre più esplicita. Le cifre dovute - al partito nazionale - sono di 18mila euro annui, 1500 mensili.
OGGIil Parlamento va in ferie, ma la guerra dei soldi tra i Democratici è appena iniziata. L’atmosfera che si respira al Nazareno è di sospetti, veleni e accuse incrociate. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Questo è più o meno l’atteggiamento collettivo. Domani ci sarà la seconda riunione al Pd tra i rappresentanti dei 184 dipendenti per i quali è pronta la cassa integrazione (con la prospettiva successiva del licenziamento) e i sindacati confederali. Bonifazi non ci sarà (per motivi personali), come non c’è stato a quella di venerdì scorso. Assenze che non sono passate inosservate: sembrano il segno del disinteresse.
In questo momento è proprio il tesoriere l’uomo più odiato del Pd. Il quale - nonostante la situazione - non ha rinunciato ad andare tre giorni a Formentera nel weekend. “Se la poteva risparmiare”, commentano molti colleghi non solo di partito, ma pure di corrente. Lo stesso Bonifazi che adesso veste i panni del castigatore, nel tentativo di recuperare qualche soldo per le casse dem (che hanno un buco di 9 milioni e mezzo di euro, dopo i 12 spesi per la Campagna del Sì) non è sempre stato velocissimo nel pagare. Eletto nel listino bloccato in Piemonte (e non in Toscana) inizialmente non diede nessun contributo alla Federazione, come poi altri “paracadutati” della Regione. Per la candidatura, il Pd chiedeva 30mila euro ai nuovi iscritti. C’era un segretissimo accordo tra Luca Lotti e Nico Stumpo che esonerava i candidati bloccati dal versarlo. Un anno dopo, però, in occasione delle regionali, il Pd aveva bisogno di quei soldi. A quel punto Bonifazi (e non solo lui) si decisero a versare la parte dovuta. Non tutta però. Il Tesoriere ha dato in un primo momento 20mila euro, ne darà altre 10mila da qui a fine legislatura. Ma c’è chi oltre a quei soldi e ai versamenti al Pd nazionale, ne versa altri anche ai territori.
LA SITUAZIONE è complessa: ogni Federazione ha le sue regole. Per esempio, in Lombardia ogni mese (oltre al contributo nazionale) i parlamentari danno dai 1000 euro in su. Molti parlamentari hanno stretto accordi personali o si sono visti condonare una parte dei debiti non corrisposti. Per questo, le mosse del tesoriere del Pd fanno paura: la zona è più grigia di quello che potrebbe sembrare.
Senza contare che c’è chi neanche compare nei bilanci del Pd (che sono tutti online) perché non ha dato l’autorizzazione a pubblicare i suoi dati: tra loro, Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Ds. E poi ci sono alcuni che a inizio legisla- tura hanno dato pochissimo, e poi pagato tutto insieme.
Nel bilancio 2016, per esempio, la deputata Silvia Velo, vicinissima di Andrea Orlando, risulta aver versato solo 12mila euro (invece dei 18mila). In base a un accordo con il Pd paga meno il nazionale perché dà molto alla Federazione locale. Tutti i mesi, 1000 euro al Na- zareno e 850 a Piombino. Poi, c’è Angelo Rughetti, membro del governo (Sottosegretario alla Pa): risultano nel 2016 solo 7500 euro.
LUI SOSTIENE di aver versato tutto quel che doveva nei mesi successivi. E Michela Campana, deputata Pd, solo 8500. “Sto recuperando le mensilità arretrate, ho avuto problemi di salute familiari molto gravi”. Poi c’è chi ha rivendicato di non aver pagato. Piero Martino, appena passato a Mdp, ha dichiarato all’Huffington post: “Ho sospeso il versamento al Pd quando fu scelto di lasciar morire Europa per salvare, mi dissero, l’Unità . Sapendo che era un'operazione di facciata mi indignai per i lavoratori”.
Bonifazi l’ha salutato chiedendogli gli arretrati: 78.750 euro. 49mila complessivi ne deve pure Elisa Simoni, anche lei deputata (e cugina di Renzi), che il Pd l’ha lasciato un paio di settimane fa. Nella black-list ci sarebbe anche La Forgia, ora capogruppo diMdp alla Camera, che al Pd dovrebbe in tutto 21mila euro. “Ho pagato tutte le quote mensili fino al momento in cui sono andato via”, dice lui. E poi la sfida: “Perché Bonifazi non tira fuori l’elenco?” . Da qui a quando lo farà, l’aria nel Pd sarà più velenosa del solito.
1.500 euro al mese
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