Strage della stazione, i parenti delle vittime contro governo e pm: “Ci sentiamo traditi”
LE CRITICHE ERANO ATTESEe non sono mancante. Ieri a Bologna, nel corso della commemorazione della strage del 2 agosto 1980 in cui morirono 85 persone e rimasero ferite duecento persone per una bomba piazzata dai neofascisti del Nar, i familiari delle vittime hanno criticato governo e magistratura. L’associazione dei familiari delle vittime della Strage della stazione di Bologna ha lasciato l’aula del consiglio comunale prima che il ministro Gian Luca Galletti, rappresentante dell'esecutivo, prendesse la parola: “Non abbiamo niente contro Galletti – ha detto il presidente Paolo Bolognesi, deputato Pd - ma rappresenta un governo scorretto” che non ha mantenuto le promesse. I parenti delle vittime fanno riferimento alla declassificazione degli atti, che tarda ad arrivare, e alle questioni relative ai benefici assistenziali e previdenziali. Di fronte ai tantissimi partecipanti alla cerimonia in piazza Medaglie d’Oro, il piazzale antistante la stazione, Bolognesi ha criticato l'immobilismo e le ambiguità del governo e ha ribadito le sue accuse: “Siamo stati traditi da chi doveva stare al nostro fianco. Gli impegni presi non sono stati mantenuti”. “Posso comprendere l’insoddisfazione dei familiari, sappiamo che la strada è ancora lunga, ma si sta continuando a lavorare per dare risposte e si sono fatti dei passi avanti”, ha replicato Galletti.
Le critiche, poi, non hanno risparmiato la procura. Il presidente dell'associazione vorrebbe che “si indaghi ancora sulla loggia P2 per verificare se da quel centro del potere occulto è stato impartito il mandato stragista”: “Se dopo 37 anni di battaglie contro depistaggi e apparati per arrivare alla verità sui mandanti, qualcuno crede di scoraggiarci può darsi pace, perché non ci arrenderemo”. I familiari delle vittime contestano l'intenzione di archiviare l'inchiesta sui presunti mandanti della strage: “Dire che Mambro e Fioravanti erano spontaneisti vuol dire non aver letto neppure la sentenza di Cassazione del 1995 – ha detto Bolognesi -. Non si può chiedere l’archiviazione basandosi su vecchie sentenze senza analizzare le carte che abbiamo mandato”. Poi ha accusato la procura di fare vittimismo: “Le vittime qua siamo noi, non la Procura o altro”.
Il procuratore capo Giuseppe Amato, che la scorsa settimana aveva messo in dubbio la sua presenza alla cerimonia, ieri era presente in comune su invito del sindaco Virginio Merola e uscendo dal municipio ha risposto ai cronisti respingendo le accuse di superficialità: “Francamente non mi sembra una cosa corretta, quando poi l’impegno dell’ufficio c'è stato – ha detto -. Noi abbiamo fatto le nostre scelte che non sono irrevocabili e definitive. Ognuno deve fare il suo lavoro: la storia è una cosa, la giustizia un’altra. La giustizia ad un certo punto deve dare una risposta – ha aggiunto –. E la risposta è che quando non ci sono elementi processualmente spendibili bisogna avere il coraggio di chiudere, perché diversamente opinando si creano false illusioni, alibi, situazioni di incertezza che non sono accettabili”. Amato ha ribadito: “L’impegno che ho assunto venendo a Bologna è che la giustizia deve anche essere rapida. Poi se ci saranno altri elementi concretamente sviluppabili saremo i primi ad aprire nuovamente il fascicolo”.