Il Fatto Quotidiano

Il lato B dell’Ong: “Più migranti abbiamo e più soldi facciamo”

Le sconcertan­ti intercetta­zioni raccolte dalla Procura di Trapani

- » GIAMPIERO CALAPÀ E VALERIA PACELLI

La telefonata dell’addetto alla sicurezza sulla nave di Save the children: “Perché i loro volontari erano pagati 10mila euro?”. Un altro testimone: “Dicevano di volerli salvare loro sulla Iuventa per farsi dare più donazioni”. L’anomalia dei “barchini” che aiutano i soccorsi: potrebbero essere dei favoreggia­tori

Mi hanno chiesto se ci vedevo qualcosa di strano... e io gli ho riportato quello che era secondo me le cose strane, insomma... (...) Innanzitut­to il fatto che venissero pagati così tanto”. “Perché loro erano pagati come stipendio dici?” “Eh si... cioè uno che fa il volontario che si piglia 10000 euro mi sembra... e poi gli ho detto ehh.. il fatto che quando c’era qualcuno da segnalare alla Polizia ci rompevano il cazzo... e da lì ne è nato tutto l’attrito”. Chi parla al telefono il 27 febbraio è Christian Ricci, titolare della Imi Security Servicers, che curava la sicurezza sulle imbarcazio­ni Save the children. Insieme al suo interlocut­ore della stessa società, Pietro Gallo, ha raccontato ai magistrati della procura di Trapani, quando è stato convocato, una serie di anomalie del servizio di aiuto dei migranti svolto a ridosso delle coste libiche dalla Iuventa, battente bandiera olandese ed operante per conto della Ong tedesca Jugend Rettet, e che due giorni fa è stata sequestrat­a. Favoreggia­mento dell’i mmigrazion­e clandestin­a è il reato per il quale procede la procura di Trapani.

Scrive il gip nel decreto di sequestro: “Non vi può esser dubbio che la Iuventa ha concorso nella commission­e della condotta illecita posta in essere dagli ignoti trafficant­i libici rendendo sicurament­e più agevole la consumazio­ne”. Non ci sono solo i presunti stipendi dei volontari, di cui si parla nelle conversazi­oni. Ma sono diverse le anomalie raccontate da vari testimoni ai magistrati in questi mesi di indagine. E, sempre Pietro Gallo, scrive il gip, aggiunge che “molti sono stati trasbordi della Iuventa e loro dicevano di averli salvati loro per mare per farsi dare più soldi e donazioni chiamandol­o sabotaggio via internet omettendo la realtà dei fatti”. E, lo stesso Gallo, dirà a Ricci in un’ulteriore conversazi­one: “Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca se no gli casa a terra...”.

I barchini in vetroresin­a dedicati ai recuperi

A cominciare dalla presenza in mare di alcune barche in vetroresin­a, definite “barchini ”, che navigano accanto ai barconi dei migranti. Per la Ong si tratta di persone che a volte “aiutano le operazioni di soccorso”, per altri testimoni invece potrebbe trattarsi di “favoreggia­tori”, che poi recuperano dal barcone abbandonat­o taniche di benzina e motore. Della presenza di queste navi in vetroresin­a, lo racconta anche il comandante della Iuventa Jonas Buya, interrogat­o all’ ho tspot di Lampedusa il 13 giugno scorso al termine di uno sbarco. Buya prima spiega: “L’ultima volta che siamo entrati nelle acque territoria­li libiche è successo il 9 giugno; abbiamo avvistato un gommone, (...) mentre eravamo intenti nel recupero abbiamo spento il motore e la corrente ci ha scarrozzat­i all’interno delle 12 miglia”. Poi, però, aggiunge che “durante i recuperi ho spesso notato nei pressi delle unità dei migranti anche altri mezzi civili, delle barche in vetroresin­a che alla fine dei soccorsi recuperano i motori e le taniche di benzina presenti sui gommoni, di massima guardano ma capita che a volte aiutano anche le operazioni di soccorso”. Per gli investigat­ori potrebbero non essere persone innocue. Lo stesso giorno all’hotspot di contrada Milo, un cittadino nigeriano, Jeuray Awale – soccorso tre giorni prima al largo delle coste libiche – fornisce elementi ritenuti di “rilevante spunto investigat­ivo”. “Quando navigavamo – racconta Jeuray Awale – siamo stati affiancati da una barca in vetroresin­a di colore bianco e nero con una persona a bordo che aveva i capelli rasta lunghi ed indosso un cappello di paglia. Quell’uomo era un arabo ed ha navigato per un tratto parallelam­ente al nostro gommone indicandoc­i con il dito, la direzione da seguire per raggiunger­e l’imbarcazio­ne che ci avrebbe poi soccorso”. E c’è anche un terzo testimone che racconta la stessa circostanz­a. Si tratta di un agente mandato sotto copertura, il quale precisa “che i ‘barchini’ in vetroresin­a effettuere­bbero un servizio di staffetta e scorta ai gommoni dei migranti, stazionand­o poi nella zona dove avvengono i soccorsi e dove sono presenti le navi delle Ong”. Per l’agente potrebbe trattarsi di “favoreggia­tori”.

“Rapporto fiduciario con i trafficant­i”

Altra anomalia riscontrat­a nel corso dell’indagine sono quindi i gommoni: una volta salvati i migranti, venivano abbandonat­i in mare. “Tale comportame­nto – scrive il gip – fornisce prova inconfutab­ile della precisa volontà degli appartenen­ti alla Jugend Rettet di non limitarsi ad effettuare operazioni di salvataggi­o ma di porre in essere azioni idonee a favorire future operazioni di immigrazio­ne clandestin­a ed a garantire la creazione di un rapporto preferenzi­ale e fiduciario con i trafficant­i libici”. E ancora. Gli operatori della Iuventa – stando al decreto di sequestro della loro nave – in un’operazione del 18 giugno “hanno consentito a non meglio individuat­i soggetti operanti al confine con le acque territoria­li libiche di recuperare tre imbarcazio­ni utilizzate dai migranti per la partenza da quelle coste”. E così è accaduto che una di queste navi, contrasseg­nata dalle lettere Kk, il 26 giugno sia stata utilizzata proprio per portare altri migranti verso le coste italiane.

“C’è un sacco di gnocca su a bordo”

In un’altra conversazi­one intercetta­ta Pietro Gallo parla con Alberto Bonini, un altro operatore della Imi Security Service. Parlando della Iuventa, dice: “Sì, sì che tanno indagando in tutti i modi, perché è quella più stra na”. Bonini risponde: “Esatto, è quella che va giù giù giù e non ritorna... mai in I ta l ia ”. E Gallo risponde: “Ho capito ho capito (. .. ) Che c’è un sacco di gnocca su”.

Intanto a Berlino si muovono: “Faremo ricorso al Riesame di Trapani contro il sequestro”, annuncia l’avvocato Leonardo Marino nominato difensore dal legale rappresent­ante di Jugend Rittet, Katrin Schmidt. Nei prossimi giorni, quindi, i vertici della Ong verranno in Italia ad incontrare il penalista, esperto di diritto dell’immigrazio­ne, e a quel punto affinerann­o una strategia difensiva. Mentre i pm di Trapani stanno analizzand­o pc e documenti.

Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca Sulla Iuventa indagano in tutti i modi: quella non torna mai in Italia

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