Il lato B dell’Ong: “Più migranti abbiamo e più soldi facciamo”
Le sconcertanti intercettazioni raccolte dalla Procura di Trapani
La telefonata dell’addetto alla sicurezza sulla nave di Save the children: “Perché i loro volontari erano pagati 10mila euro?”. Un altro testimone: “Dicevano di volerli salvare loro sulla Iuventa per farsi dare più donazioni”. L’anomalia dei “barchini” che aiutano i soccorsi: potrebbero essere dei favoreggiatori
Mi hanno chiesto se ci vedevo qualcosa di strano... e io gli ho riportato quello che era secondo me le cose strane, insomma... (...) Innanzitutto il fatto che venissero pagati così tanto”. “Perché loro erano pagati come stipendio dici?” “Eh si... cioè uno che fa il volontario che si piglia 10000 euro mi sembra... e poi gli ho detto ehh.. il fatto che quando c’era qualcuno da segnalare alla Polizia ci rompevano il cazzo... e da lì ne è nato tutto l’attrito”. Chi parla al telefono il 27 febbraio è Christian Ricci, titolare della Imi Security Servicers, che curava la sicurezza sulle imbarcazioni Save the children. Insieme al suo interlocutore della stessa società, Pietro Gallo, ha raccontato ai magistrati della procura di Trapani, quando è stato convocato, una serie di anomalie del servizio di aiuto dei migranti svolto a ridosso delle coste libiche dalla Iuventa, battente bandiera olandese ed operante per conto della Ong tedesca Jugend Rettet, e che due giorni fa è stata sequestrata. Favoreggiamento dell’i mmigrazione clandestina è il reato per il quale procede la procura di Trapani.
Scrive il gip nel decreto di sequestro: “Non vi può esser dubbio che la Iuventa ha concorso nella commissione della condotta illecita posta in essere dagli ignoti trafficanti libici rendendo sicuramente più agevole la consumazione”. Non ci sono solo i presunti stipendi dei volontari, di cui si parla nelle conversazioni. Ma sono diverse le anomalie raccontate da vari testimoni ai magistrati in questi mesi di indagine. E, sempre Pietro Gallo, scrive il gip, aggiunge che “molti sono stati trasbordi della Iuventa e loro dicevano di averli salvati loro per mare per farsi dare più soldi e donazioni chiamandolo sabotaggio via internet omettendo la realtà dei fatti”. E, lo stesso Gallo, dirà a Ricci in un’ulteriore conversazione: “Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca se no gli casa a terra...”.
I barchini in vetroresina dedicati ai recuperi
A cominciare dalla presenza in mare di alcune barche in vetroresina, definite “barchini ”, che navigano accanto ai barconi dei migranti. Per la Ong si tratta di persone che a volte “aiutano le operazioni di soccorso”, per altri testimoni invece potrebbe trattarsi di “favoreggiatori”, che poi recuperano dal barcone abbandonato taniche di benzina e motore. Della presenza di queste navi in vetroresina, lo racconta anche il comandante della Iuventa Jonas Buya, interrogato all’ ho tspot di Lampedusa il 13 giugno scorso al termine di uno sbarco. Buya prima spiega: “L’ultima volta che siamo entrati nelle acque territoriali libiche è successo il 9 giugno; abbiamo avvistato un gommone, (...) mentre eravamo intenti nel recupero abbiamo spento il motore e la corrente ci ha scarrozzati all’interno delle 12 miglia”. Poi, però, aggiunge che “durante i recuperi ho spesso notato nei pressi delle unità dei migranti anche altri mezzi civili, delle barche in vetroresina che alla fine dei soccorsi recuperano i motori e le taniche di benzina presenti sui gommoni, di massima guardano ma capita che a volte aiutano anche le operazioni di soccorso”. Per gli investigatori potrebbero non essere persone innocue. Lo stesso giorno all’hotspot di contrada Milo, un cittadino nigeriano, Jeuray Awale – soccorso tre giorni prima al largo delle coste libiche – fornisce elementi ritenuti di “rilevante spunto investigativo”. “Quando navigavamo – racconta Jeuray Awale – siamo stati affiancati da una barca in vetroresina di colore bianco e nero con una persona a bordo che aveva i capelli rasta lunghi ed indosso un cappello di paglia. Quell’uomo era un arabo ed ha navigato per un tratto parallelamente al nostro gommone indicandoci con il dito, la direzione da seguire per raggiungere l’imbarcazione che ci avrebbe poi soccorso”. E c’è anche un terzo testimone che racconta la stessa circostanza. Si tratta di un agente mandato sotto copertura, il quale precisa “che i ‘barchini’ in vetroresina effettuerebbero un servizio di staffetta e scorta ai gommoni dei migranti, stazionando poi nella zona dove avvengono i soccorsi e dove sono presenti le navi delle Ong”. Per l’agente potrebbe trattarsi di “favoreggiatori”.
“Rapporto fiduciario con i trafficanti”
Altra anomalia riscontrata nel corso dell’indagine sono quindi i gommoni: una volta salvati i migranti, venivano abbandonati in mare. “Tale comportamento – scrive il gip – fornisce prova inconfutabile della precisa volontà degli appartenenti alla Jugend Rettet di non limitarsi ad effettuare operazioni di salvataggio ma di porre in essere azioni idonee a favorire future operazioni di immigrazione clandestina ed a garantire la creazione di un rapporto preferenziale e fiduciario con i trafficanti libici”. E ancora. Gli operatori della Iuventa – stando al decreto di sequestro della loro nave – in un’operazione del 18 giugno “hanno consentito a non meglio individuati soggetti operanti al confine con le acque territoriali libiche di recuperare tre imbarcazioni utilizzate dai migranti per la partenza da quelle coste”. E così è accaduto che una di queste navi, contrassegnata dalle lettere Kk, il 26 giugno sia stata utilizzata proprio per portare altri migranti verso le coste italiane.
“C’è un sacco di gnocca su a bordo”
In un’altra conversazione intercettata Pietro Gallo parla con Alberto Bonini, un altro operatore della Imi Security Service. Parlando della Iuventa, dice: “Sì, sì che tanno indagando in tutti i modi, perché è quella più stra na”. Bonini risponde: “Esatto, è quella che va giù giù giù e non ritorna... mai in I ta l ia ”. E Gallo risponde: “Ho capito ho capito (. .. ) Che c’è un sacco di gnocca su”.
Intanto a Berlino si muovono: “Faremo ricorso al Riesame di Trapani contro il sequestro”, annuncia l’avvocato Leonardo Marino nominato difensore dal legale rappresentante di Jugend Rittet, Katrin Schmidt. Nei prossimi giorni, quindi, i vertici della Ong verranno in Italia ad incontrare il penalista, esperto di diritto dell’immigrazione, e a quel punto affineranno una strategia difensiva. Mentre i pm di Trapani stanno analizzando pc e documenti.
Quelli sostengono solo il portafogli che portano in tasca Sulla Iuventa indagano in tutti i modi: quella non torna mai in Italia