Il Fatto Quotidiano

Haftar&Gheddafi: i gemelli diversi che avvisano l’Italia

Libia, il generale manda segnali per dimostrare che il premier Sarraj non conta nulla, il figlio del Colonnello cerca visibilità: “Roma fascista”

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Mezza Libia, e forse più, quelle navi italiane nelle proprie acque territoria­li non le vuole proprio. Che sia per calcolo o per ripicca, piovono minacce sulla missione chiesta all’Italia, tra dubbi e ripensamen­ti, dal premier Sarraj. Protagonis­ti delle scaramucce verbali delle ultime 48 ore sono due personaggi di peso diverso: uno è il generale Haftar, un passato da uomo della Cia e un presente fatto di buoni rapporti con l’Egitto di al-Sisi e la Russia di Putin, oltre che con la Francia di Macron; l’altro è un figlio di Gheddafi, appena uscito di prigione e già capopopolo, Saif al Islam (la spada dell’Islam) Gheddafi.

RISPETTO alla Francia, che l’ha apparentem­ente scavalcata nella mediazione diplomatic­a in Libia, l’Italia sconta un maggior sbilanciam­ento delle sue posizioni a favore di Sarraj, premier scelto dalla comunità internazio­nale, e una certa lontananza dall’Autorità di Tobruk, il cui Parlamento è il frutto delle ultime elezioni libiche e il cui uomo forte è Haftar; minando l’iniziativa di Sarraj, dimostrere­bbe di avere il controllo del territorio – almeno della Cirenaica - e della parte più efficiente delle forze armate. Il parlamento italiano aveva appena dato via libera alla missione di supporto na- vale in acque libiche, la cui logica resta fumosa, al di là dell’obiettivo di contrasto ai trafficant­i di esseri umani, che l’Assemblea di Tobruk esprimeva una forte opposizion­e e anticipava una richiesta di mediazione dell’Onu, perché la presenza di navi straniere nelle acque territoria­li “sarebbe una violazione della sovranità del Paese”.

Paradossal­e: il governo non riconosciu­to dall’Onu sollecita la mediazione dell’Onu contro un accordo fatto dal premier insediato dall’Onu. Ma – anche – questa è la Libia. La sortita del Parlamento di Tobruk era seguita dall’esplicita minaccia del generale Haftar, pronto ad ordinare alle sue forze di bombardare le navi italiane impegnate nella missione ed entrate nelle acque territoria­li. L’informazio­ne va presa con cautela, perché si basa solo su un tweet di al Arabiya. Il ministro dell’Interno Minniti, o il presidente della Commission­e Difesa del Senato, Latorre, riconoscon­o che “la missione italiana in Libia deve fare i conti con una situazione estremamen­te complessa”.

IL NERVOSISMO nel Mediterran­eo è confermato dall’incidente di pesca tra Tunisia e Libia: due pescherecc­i di Mazara del Vallo, l’Aliseo e l’Anna Madre, sono stati attaccati da un’imbarcazio­ne doganale tunisina, al largo di Zarsis, in acque internazio­nali. Il vescovo di Mazara, Mogavero: “Episodi come questo dimostrano che il Mediterran­eo non è più un mare sicuro”. Se le minacce di Haftar suonano concrete, le parole del figlio di Gheddafi suonano farneticaz­ione: Saif al Islam dice che l’Italia ha “nostalgia del colonialis­mo fascista, quando le spiagge di Tripoli erano colonie di Roma”. Citato in modo indiretto da Lybia 24, la ‘spada dell’Islam’ afferma che “i politici italiani hanno rovinato le relazioni bilaterali” nel 2011 e che ora stanno ripetendo l’errore “con l’invio di navi, provocando i risentimen­ti del popolo in armi per i loro comportame­nti irresponsa­bili”. Saif al Islam è da poco uscito dal carcere di Zintan e s’ignora dove sia: potrebbe trovarsi a Bayda, nell'Est del Paese, nell’area cioè controllat­a dalle forze di Haftar.

DOMENICO MOGAVERO VESCOVO DI MAZARA

Episodi come quello successo ai due pescherecc­i siciliani danno contezza che il Mediterran­eo non è più un mare sicuro

La presenza di navi militari straniere nelle acque territoria­li libiche sarebbe una violazione della sovranità del Paese PARLAMENTO DI TOBRUK

L’Italia ha nostalgia della colonia libica, i politici ripetono l’errore del 2011: con l’invio di navi provocano risentimen­to SAIF GHEDDAFI

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Ansa Voce grossa Il generale Khalifa Haftar e Saif al-Islam Gheddafi
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