Fisco alla rovescia: chi guadagna di più paga come gli altri
Report di Palazzo Madama: detrazioni e deduzioni non sono eque e gli 80 euro hanno fatto impazzire la curva dell’Irpef
La progressività dell’ imposizione fiscale in Italia è un bluff: la flat tax ce l’abbiamo già da tempo. Dai 28mila euro in su l’aliquota marginale totale, sotto l’effetto di addizionali, bonus, assegni e detrazioni varie, diventa uguale per tutti. Un quadro analitico degli effetti distorsivi del gigantesco apparato legislativo, nazionale e locale che incombe sui contribuenti italiani viene questa volta dall’interno delle stesse istituzioni. Si chiama Uvi, che sta per“Ufficio valutazione impatto” del Senato della Repubblica ed è presieduto dal Presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso. Questa sul fisco è una delle prime, approfondite analisi concluse e pubblicate sul sito istituzionale nei giorni scorsi, dopo un iter di formazione del personale iniziato nel 2015.
ALIQUOTE MARGINALI che si accaniscono sui redditi medi con improvvise impennate e si dimenticano di crescere dai 28mila euro in poi; aliquote medie che per alcuni scaglioni invece che crescere diminuiscono con l’aumento del reddito; “trappole della povertà” che scattano con l’applicazione di aliquote marginali effettive superiori al 100 per cento del maggior reddito guadagnato; contributi che non si pagano più dopo i 100mila euro e un’enorme aliquota “implicita” pensata solo per gli autonomi. A furia di inserire mance elettorali a questa o a quella categoria di contribuenti, senza troppo badare alla tenuta e all’equità del si- stema e a inseguire gli evasori con inutili giri di vite sulle aliquote, il prelievo ha perso ogni logicità ed è diventato un enorme campo minato che produce favoritismi, ingiuste penalizzazioni e soprattutto una montagna di elusione e evasione fiscale.
Nella ricerca dal titolo molto esplicito “La giungla delle aliquote effettive” gli analisti del Senato sono partiti dal calcolo delle cosiddette aliquote marginali, molto poco conosciute. In materia di tasse, spiegano all ’Uvi, gli italiani tendono soprattutto a percepire l’entità complessiva del prelievo, da un lato, e dall’altro i soli scaglioni dell’imposta più conosciuta, l’Irpef. Ma accanto alle cosiddette aliquote esplicite dell’Irpef esistono molte aliquote implicite - contributi, detrazioni da lavoro, detrazioni per carichi familiari, addizionali locali, bonus 80 euro, assegni al nucleo familiare - che non sono esplicitamente stabilite ma generate da un gioco di soglie di ingresso o di uscita, diritti di accesso, tetti ed esclusioni, scaglioni, vincoli di incapienza, trasferimenti personali e familiari in busta paga, connessi o meno al tenore di vita del contribuente.
È la somma dell’Irpef e delle aliquote implicite che costituiscono le aliquote marginali effettive (Ame) a determinare quanto resterà effettivamente in tasca al contribuente una volta pagate le tasse e incassati gli eventuali benefit. È un sistema complesso di cui si è persa forse la piena consapevolezza, visto il numero degli strumenti e la mole di piccoli e grandi interventi che si sono accumulati nelle diverse legislature. Ma il suo peso ha una grande importanza: le “Ame” possono incidere su offerta di lavoro, redistribuzione delle risorse ed evasione fiscale. E i risultati cui sono giunti gli esperti del Senato e del Dipartimento delle Finanze del ministero sugli effetti delle “Ame” sono clamorosi, ben lontani dai principi costituzionali dove si sancisce che chi guadagna di più in proporzione deve pagare di più.
L’andamento della curva globale delle varie aliquote, che in teoria dovrebbe crescere costantemente con il variare del reddito, schizza con picchi positivi o negativi intorno ad alcune soglie come un sismografo impazzito, dividendo la struttura italiana in tre grandi categorie: l’esenzione, un livello intermedio fino a circa 28mila euro di imponibile Irpef, ed un livello massimo indifferenziato tra 28mila e l’infinito, “dove l’aliquota marginale rimane sostanzialmente invariata, anzichè crescere, fino a svariati milioni di reddito”.
UNO DEI FATTORI più sconvolgenti dell’equità e della razionalità del prelievo negli ultimi anni, segnalano i ricercatori, è stato proprio il famoso bonus di 80 euro elargito dal governo Renzi. L’assegnazione dei 960 euro annui solo al superamento della soglia esente determina, insieme a un’aliquota marginale fortemente negativa, una riduzione dell’aliquota media. “In altre parole - osservano i ricercatori - il sistema trasferisce più soldi a chi ha più reddito”. Altri due salti di aliquota rilevanti, ma questa volta in alto, si registrano in corrispondenza del superamento della soglia esente di circa 8.150 euro (con le addizionali locali che si pagano sull’intero reddito) e dell’intervallo in cui il bonus di 80 euro mensili comincia a scendere, tra i 24mila e 26mila euro di reddito complessivo, dove si arriva a pagare il 48% del reddito generato dal solo bonus. Insieme alle altre aliquote, legali ed implicite, in questo intervallo di reddito così densamente popolato la tassazione sfiora e supera, in taluni casi, il 100 per cento dell’incremento. Alla faccia dell’equità e “a prescindere”, come direbbe il grande Totò.
ERARIO INGRATO
L’aliquota marginale rimane sostanzialmente invariata per tutti, anziché crescere, fino a svariati milioni di reddito dichiarato
EFFETTO RENZI
Il bonus dei 960 euro annui dopo la soglia esente determina una riduzione dell’aliquota media. In altre parole il sistema trasferisce più soldi a chi ne ha di più