Il paradosso della legge: i docenti non possono presentare i certificati
Il dilemma del comma 22: “Serve una misura ad hoc”
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è stata la rivista specializzata Tuttoscuola: con il nuovo anno, circa 1,4 milioni di operatori scolastici potrebbero dover presentare la certificazione dei vaccini effettuati e non più l’autocertificazione prevista dal decreto approvato a fine luglio (unico obbligo sopravvissuto al fallimento - per mancanza di copertura economica - al tentativo di far vaccinare anche il personale scolastico).
IL COMMA 3-bis dell’articolo 3 prevede, infatti, che entro tre mesi dalla entrata in vigore della legge gli operatori scolastici, sanitari e socio-sanitari presentino una dichiarazione “resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445” che comprovi la loro situazione vaccinale. Il problema è che proprio il citato DPR 445/2000, che regolamenta anche le disposizioni sulle certifi- cazioni sostitutive, all’articolo 49 (Limiti di utilizzo della misura di semplificazione) dispone: “I certificati medici, sanitari (...) non possono essere sostituiti da altro documento, salvo diverse disposizioni normative di settore”. In pratica, il riferimento a sostegno della norma annulla la norma stessa. Tuttoscuola ha quindi ipotizzato uno scenario paradossale: attualmente i docenti statali (di ruolo o supplenti annuali) sono circa 856 mila. Il personale Ata statale (di ruolo o supplente annuale) è di circa 207 mila unità. Complessiva- mente, quindi, gli operatori scolastici statali sono circa 1.063.000. Vanno poi considerati il personale delle scuole non statali (136 mila unità) e i supplenti temporanei. Il totale fa 1,4 milioni.
“Se non vi sarà un chiarimento ministeriale urgente - spiega Tuttoscuola - quell’esercito entro tre mesi (prossimo novembre) dovrà richiedere altrettante attestazioni mediche che documentino la propria situazione vaccinale”. E qui, un altro calcolo: “considerato che, in base ai dati Istat, i medici di base sono 45.200, questi dovreb- bero rilasciare in media una trentina di certificazioni a testa”.
SENZA CONTAREche, in mancanza di un’anagrafe vaccinale nazionale (la sua creazione è stata introdotta proprio con il decreto vaccini) è probabile che le autorità sanitarie, non disponendo di dati d’archivio, siano costrette a prendere atto soltanto delle dichiarazioni degli interessati. Praticamente un’autocertificazione in conto terzi. “Tanto vale, quindi - conclude Tuttoscuola - che un apposito decreto ministeriale, avvalendosi della eccezione prevista (“salvo diverse disposizioni normative di settore”) autorizzi l’autocertificazione”.