Il Fatto Quotidiano

Ora però piantatela

- » MARCO TRAVAGLIO

Ora che ci sono le foto, le intercetta­zioni, le denunce dell’Ong “buona” Save the children e le testimonia­nze dell’agente sotto copertura dello Sco, cioè praticamen­te abbiamo il film di ciò che accade nel Mediterran­eo e che il procurator­e catanese Carmelo Zuccaro aveva provato – fra un insulto e l’altro - a descrivere a parole a un Parlamento che cadeva dalle nuvole, le chiacchier­e stanno a zero. Chi ha insultato il magistrato che segnalava un pericolo e chiedeva mezzi per indagare dandogli del razzista o del complice della Lega, gli chieda scusa. E chi ancora è prigionier­o di pregiudizi ideologici – tipo che tutte le Ong hanno sempre ragione perché salvano i migranti – se ne liberi al più presto e prenda contatto con la realtà, documentat­a oltre ogni ragionevol­e dubbio dai pm e dal gip di Trapani. I fatti risalgono a giugno, cioè a un mese dopo le polemiche sugli allarmi di Zuccaro. Con la disinvoltu­ra tipica di chi ha l’“abitudine” a fare così (espression­e usata dal procurator­e Ambrogio Cartosio) e la certezza dell’impunità, i bravi volontari tedeschi dell’Ong Jugend Rettet continuava­no imperterri­ti a spingersi con le loro navi fin dentro le acque territoria­li libiche (fino a 13 miglia dalla costa), a contattare gli scafisti per darsi appuntamen­to al largo, ad attendere i loro gommoni o pescherecc­i pericolant­i, a caricare a bordo centinaia di migranti a botta e, dopo aver congedato i trafficant­i con sorrisi e saluti (“sta arrivando tanta gente!”), a riconsegna­re loro le imbarcazio­ni (anziché tagliarle e affondarle, come fanno le Ong serie), trainandol­e fino alla costa libica per poter essere riutilizza­te in altre consegne.

Il tutto sotto lo sguardo complice della Guardia costiera libica che dovrebbe stroncare i traffici e arrestarne i responsabi­li, invece con le sue motovedett­e fungeva da scorta armata degli scafisti e dei loro simpatici favoreggia­tori “umanitari”. Essendo anche le barche della Jugend Rettet piuttosto fatiscenti, i giovanotti tedeschi avevano buon gioco a chiedere “aiuto” ad altre Ong più attrezzate, perché rilevasser­o il carico di profughi ed effettuass­ero la pronta consegna in uno a scelta dei porti siciliani. Così, quando i disperati toccavano il suolo italiano, non c’era traccia non solo degli scafisti (mai usciti dalle acque libiche, dunque non identifica­bili né punibili), ma neppure della Jugend (che non risulta proprio alle nostre autorità: le sue navi non hanno mai visto un porto italiano): invisibile sia chi porta sia chi smista i migranti. Un servizio taxi in piena regola. E un sistema perfetto per garantire soldi facili e zero rischi a tutti.

Agli scafisti, che arraffano i risparmi dei migranti, risparmian­o pure sulle imbarcazio­ni (viste le poche miglia tra la costa e i “salvatori”) e poi magari girano qualche mancia ai militari libici che chiudono un occhio, anzi due. Ma anche all’Ong made in Germany, grazie alle copiose donazioni della brava gente commossa dai filmati strappalac­rime sui “salvataggi” (si fa per dire: in assenza di pericoli di vita, i pm parlano di “consegne concordate”). Tanto poi il conto lo pagano gli italiani, con un’immigrazio­ne sempre più selvaggia e incontroll­ata. Naturalmen­te la Jugend Rettet è una delle Ong che hanno prima respinto con sdegno gli allarmi di Zuccaro che l’aveva inserita fra quelle più sospette e meno collaborat­ive (e ora si capisce il perché) e ora hanno rifiutato di firmare il Codice di condotta del Viminale (e ora si capisce il perché). Le scuse la conosciamo: le Ong sono “neutrali” (fra scafisti e poliziotti?) e allergiche alle armi (solo a quelle della polizia giudiziari­a?). Ma anche queste si rivelano barzellett­e. La Jugend era talmente neutrale da collaborar­e amorevolme­nte con gli scafisti, ma non con lo Stato italiano. Infatti i suoi volontari si vantavano: “Non daremo mai un contributo... nessuna fotografia in cui potrebbero essere identifica­bili persone la guida delle imbarcazio­ni, perché la polizia potrebbe arrestarle”. E, per maggiore chiarezza, appena un loro natante (di solito battente bandiera olandese) entrava in acque libiche, issava a poppa il vessillo di Tripoli e a prua il grazioso cartello “Fuck Imrc” (acronimo del Centro internazio­nale di coordiname­nto del soccorso marittimo).

Chi non vuole vedere né capire dirà: è tutto a fin di bene. Può darsi, ma a fin di bene si possono compiere disastri, e anche reati, e nessuno Stato di diritto può consentirl­o. Altri parleranno del solito caso isolato, la classica mela marcia nel cestino di quelle sane: improbabil­e, anche perché altre procure, Catania in testa, indagano su altre Ong. Quindi, per favore, nessuno dica più che il Codice Viminale-Ue è immotivato: il caso Jugend spiega plasticame­nte perché è indispensa­bile. A cominciare dalle due che hanno indotto anche un’organizzaz­ione seria come Medici senza frontiere a non firmare: la presenza della polizia giudiziari­a (che non dipende dal governo, ma direttamen­te dalla magistratu­ra) per individuar­e scafisti e complici e scoprire o prevenire reati; e il divieto di trasbordo dei migranti da una nave all’altra (salvo casi di emergenza) per spezzare quelle catene di Sant’Antonio in alto mare che aiutano chi traffica e favoreggia a cancellare le proprie tracce. Sappiamo benissimo che non tutte le Ong sono uguali e ne esistono anche di serie e benemerite (speriamo la maggior parte). Benissimo: è il momento che vengano fuori e si distinguan­o dalle altre firmando senza se e senza ma il protocollo del Viminale e collaboran­do con la polizia giudiziari­a come Save the children. Così avremo una white list di organizzaz­ioni che non hanno nulla da nascondere e possono continuare a operare nel Mediterran­eo; e una black list di furbacchio­ni da rispedire al mittente.

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