Il Fatto Quotidiano

In carcere l’hacker che “salvò il mondo”

A maggio fermò WannaCry, l’Fbi lo ha arrestato

- » ALESSANDRO CISILIN

L’“

eroe informatic­o”, benché “c a su al e” per sua stessa ammissione, quello che poco più di due mesi fa seppe bloccare WannaCryun meccanismo virale che attaccò centinaia di migliaia di sistemi informatic­i, anche in Italia, ricevendo parole di gratitudin­e perfino dalla premier britannica Theresa May, è agli arresti negli Stati Uniti, e rischia 40 anni di carcere. Le accuse sono pesantissi­me. Avrebbe contribuit­o nel 2014, assieme a un complice (il cui nome non è stato rivelato dalla polizia americana), allo sviluppo di un malware, chiamato Kronos, o- rientato a rubare gli accessi ai conti bancari, cosa già messa in atto, a quanto pare, soprattutt­o in Francia.

Il profilo di Marcus Hutchins è quello esemplare del giovane nerd autodidatt­a. 23 anni, cresciuto nelle campagne del Devon, nel sud-ovest dell’Inghilterr­a; aveva trovato lavoro per un’impresa americana di sicurezza informatic­a, e il maggio scorso “salvò il mondo” con una facilità sconcertan­te. Notò che dietro al virus c’era un dominio, singolo, e lo acquistò per una decina di sterline. “Confesso che non sapevo che bastasse registrars­i al dominio per fermare il malwar e”, ammise con un t we et , scritto dall’indirizzo di uno pseudonimo (“MalwareTec­h”), come usano gli hacker.

L’IM P R ESA lo scaraventò dall’anonimato alla celebrità, con tanto di interviste alla BBC e ricostruzi­oni biografich­e, dalle quali emerse, oltre alle passioni per i pokemone il surf, il suo timore di qualche “vendetta”.“Se sanno dove vivo mi verranno a cercare”, disse, avvertendo inoltre che il suo salvataggi­o da WannaCry era solo provvisori­o: “Gli aggressori capiranno come li abbiamo fermati, cambierann­o il codice e ricomincer­anno”.

L’arresto è avvenuto nel Nevada mercoledì scorso, mentre si stava per imbarcare sul volo di ritorno. Era reduce proprio da un’allegra riunione tra hacker a Las Vegas, in una villa da sette milioni di dollari (ma “da ospite”, dicono i colleghi), scorrazzan­do con una costosa Lamborghin­i presa a noleggio. Gli addebiti nei suoi confronti sono inquietant­i, oltre che gravi, e ricordano come l’ambito della “sicurezza” (in ambito informatic­o e non solo) includa potenziali ambivalenz­e. Chi ci “difende” ha anche la capacità di attaccarci. Hutchins, oltre a sviluppare il famigerato Kronos, avrebbe cercato di venderlo sul “mercato nero” della rete, chiamato A lphaB ay, chiuso dalle autorità americane il mese scorso.

Ma è proprio dal mondo degli hacker che si levano le maggiori perplessit­à. Oltre ai suoi conclamati timori di “ritorsioni”(incluse battute profetiche sui rischi di un proprio arresto), c’è il fatto che l’impresa per cui lavorava è ritenuta da tempo un assiduo e attendibil­e interlocut­ore per le stesse autorità di pubblica sicurezza. A scagionarl­o, almeno in parte, ci sarebbe poi un altro suo tweet, risalente proprio all’epoca dei fatti contestati. “Qualcuno ha una copia di Kronos?”, scrisse pubblicame­nte nel 2014. Strana richiesta, per chi è accusato di esserne il creatore, o anche solo di averlo sviluppato e diffuso per fini criminali.

L’accusa Avrebbe sviluppato e venduto un virus per rubare gli accessi ai conti bancari

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L’ex “eroe” Marcus Hutchins
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