Per Trenitalia il cliente è sempre un ostaggio
Il dilettantesco blairismo in salsa italiana degli anni ‘90 ha generato mostri. I monopoli naturali, ribattezzati public utilities per ingannare il senso comune, considerano privatizzazioni e/o liberalizzazioni come l’autorizzazione a farsi gli affari loro e dei protettori politici, in nome di un mercatismo analfabeta da imbroglioni e alla faccia degli utenti e dei contribuenti che dissanguano. L’Italia è aggredita da un vero e proprio cancro culturale. Trasporti, telecomunicazioni, poste, gli stessi ospedali, che adesso chiamano aziende, sono in mano a una genia di sedicenti manager che coprono con le ragioni del conto economico la propria incompetenza di raccomandati politici. Ma il “dover essere” imprenditoriale lo invocano solo per truffare i clienti, per dimenticarlo quando devono assumere a peso d’oro l’amico o l’amica di chi li ha nominati.
Della multa da 5 milioni data nei giorni scorsi dall’Antitrust a Trenitalia colpisce e rattrista, più del fatto in sé, la miseria culturale disvelata dalla sentenza. Le biglietterie elettroniche di Trenitalia (quindi tutte) nascondono deliberatamente le soluzioni di viaggio più economiche, costringendo di fatto i clienti più poveri a comprare quelle più costose. L’Antitrust, sollecitata da numerose denunce, apre il procedimento. Chiede un parere all’Autorità dei trasporti, la quale ricorda il regolamento europeo 1371/2007 che obbliga le società ferroviarie a comunicare la tariffa più bassa per ogni percorso.
QUI TRENITALIA DISPIEGAla sua cultura da strozzino. Protesta per “l’intempestività” dell’intervento Antitrust, perché sanziona una pratica nota da molti anni. Insomma, ci si appella al silenzio assenso, come dire “visto che non siete intervenuti per anni considero acquisito il diritto di fottere i passeggeri”. Ma soprattutto, Trenitalia insinua che l’intervento dell’Antitrust “sia suscettibile di tradursi in un indebito sindacato sulle scelte commerciali dell’impresa”. Ecco i danni del blairismo de noantri. Questi virtuosi della raccomandazione messi a capo di un monopolio naturale (i binari) generosamente sovvenzionato, fingono di essere un’impresa a tutti gli effetti, attenta al conto economico e protesa ai profitti, e parlano di “scelte commerciali” come se gestissero un negozio di abbigliamento. Chiamano “indebito sindacato” l’intervento, doveroso quantunque tardivo, delle Autorità. Qualcuno gli dovrebbe spiegare che stare sul mercato vuol dire perdere i clienti che non rispetti, e che la prima regola del mercatismo è servire e non truffare i cittadini per i quali il tuo posto di lavoro esiste. Al contrario, vessare i sudditi che dal tuo monopolio non possono fuggire non è stare sul mercato ma sulla poltrona dove ti ha messo un politico in cambio di chissà che cosa.
P.s. L’Italia non fa tutta schifo. Le indagini dell’Antitrust hanno scoperto dentro Trenitalia numerose persone oneste indignate con i capi per la porcheria a danno dei passeggeri. A tal proposito sarebbe bello che il presidente Sergio Mattarella chiedesse all’Antitrust il nome del vero eroe di questa storia, quel passeggero che si è preso la briga di denunciare che “in riferimento alla tratta Roma Termini-Pozzuoli Solfatara, le biglietterie self-service consentono l’acquisto esclusivamente delle soluzioni con treni Frecciarossa e Intercity via Napoli Centrale ad un prezzo di circa 40 euro, omettendo invece la soluzione con treni regionali e cambio a Villa Literno (Caserta) dal costo di circa 11 euro”. Un cittadino con tanto coraggio civico e fede nelle istituzioni da credere che la sua lettera sarà letta e non cestinata meriterebbe un’onorificenza e andrebbe indicato come esempio ai giovani. Molto più di certi cavalieri del lavoro.
Twitter@giorgiomeletti