Ambasciatore non porta pena, ma pacchi di soldi
Stile TrumpNomine prestigiose a chi contribuì alla campagna elettorale del tycoon: Duke Buchan, spedito a Madrid, ha versato 898 mila dollari
Cambiano i presidenti, e cambiano gli ambasciatori. Ma la tipologia resta la stessa: a rappresentare gli Stati Uniti nei ‘Paesi Disneyland’, quelli dove si vive bene, che sono alleati e non creano problemi, ci vanno milionari senza esperienza diplomatica – e spesso neppure politica -, che in campagna elettorale hanno dato un robusto sostegno economico al candidato vincente.
Vale praticamente sempre per Roma e per Madrid, capitali molto ambite, può valere per Londra e Parigi, capitali ancora più ambite, ma di maggiore peso internazionale, e magari per Tokyo. Fuori dalla logica dell’ambasciata come forma di sdebitamento, restano di solito i posti che davvero contano, la Russia, la Cina, la Germania, l’Onu, l’Ue, la Nato, dove c’è bisogno di gente preparata e competente, che sa quel che fa: non vanno necessariamente a diplomatici di carriera, perché l’a mb asciatore di nomina politica è prassi negli Stati Uniti, ma a personalità d’esperienza.
UNA NOVITÀ portata da Donald Trump, rispetto ai suoi predecessori, è che pure a Mosca ha mandato un ricco donatore, Jon Huntsman, che ha però due caratteristiche particolari: è sperimentato come diplomatico, avendo già rappresentato gli Stati Uniti a Singapore e soprattutto a Pechi- no; ed è pure un imprenditore con interessi in Russia, così da lasciare sperare che gli affari russo-americani girino per il verso giusto. Un’altra novità dell’era Trump è rappresentata dagli ambasciatori per meriti sportivi: a Londra, va, è un esempio, Woody Johnson IV, un finanziere milionario, che organizzò raccolte di fondi pro Trump, ma che è, soprattutto, proprietario della squadra di football americano dei New York Jets. Il magnate presidente è in ritardo con le designazioni, ma il Senato, prima di andare in vacanza, gli ha dato l’ok su alcune nomine: è passato fra gli altri il nuovo
ambasciatore in Italia, Lewis
M. Eisenberg, un finanziere che in campagna s’è prodigato per Trump e pure un politico con posizioni di responsabilità fra i repubblicani – ne fu tesoriere -. Finanziere, investitore e filantropo, Eisenberg ha presieduto per sei anni la Port Authority di New York.
PER MADRID Trump ha scelto
Duke Buchan, che parla spagnolo, se la cava pure con il catalano e ha studiato a Siviglia e Valencia. E che – dato non trascurabile – ha versato 898 mila dollari alla campagna del presidente, il massimo legalmente consentito, ed ha avuto con la moglie Hanna un ruolo attivo nella raccolta fondi.
Finanziere non sempre di successo, Buchan, 54 anni, corona un suo sogno ed appare culturalmente attrezzato a gestire le relazioni tra Usa e Spagna in una fase di turbolenze indipendentiste catalane.
Ma ci sono pure scelte che sono e suonano provocatorie. A Bruxelles, presso l’Ue, voleva mandare Ted Malloch, un ipercritico dell’i n te gr azione e dell’euro, capace di attirarsi l’ira delle istituzioni comunitarie prima ancora di essere designato. Il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione europea di ri- fiutargli l’accredito.
Sul fronte politico resta la grana Corea del Nord: il generale McMaster, consigliere per la Sicurezza nazionale, in un’intervista a MSNBCipotizza una “una guerra che impedirebbe alla Nord Corea di minacciare gli Usa con le armi nucleari. Il presidente è stato molto chiaro su questo: ha det- to che non tollererà il fatto che la Corea del Nord minacci gli Usa”. Capitolo Russiagate, il
New York Times so t to li ne a che Robert Mueller, il procuratore speciale che indaga sui possibili legami tra lo staff del presidente e la Russia, abbia chiesto agli uffici presidenziali documenti relativi a Michael Flynn, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale travolto dalla vicenda tanto da dimettersi. È la prima volta dall’inizio delle indagini che una richiesta simile viene avanzata alla Casa Bianca.
La grana Pyongyang La Casa Bianca parla di “guerra preventiva”, ma sembra tattica per smorzare il Russiagate