Kagame, e sarò (per sempre) il tuo presidente
Ha vinto con il 98% dei consensi, gli Usa: “Operazioni di voto irregolari”
Quando
un candidato alle elezioni presidenziali vince con il 98% dei voti, forse sarebbe il caso di porsi qualche domanda. In Ruanda, giovane repubblica in forte espansione economica dopo l’orrore del genocidio del 1994, Paul Kagame, 59 anni, etnia tutsi, da diciassette anni a questa parte non ha rivali. Secondo gli Stati Uniti le elezioni che lo hanno confermato alla guida del Paese sono state “turbate da irregolarità durante le operazioni di voto”.
IL LEADER dell’Fpr (Fronte patriottico ruandese, una milizia trasformata in movimento politico) è riuscito in ciò che neppure i dittatori hanno ottenuto. Ieri è arrivata la conferma, scontata, sull'esito del voto celebrato domenica. Kagame ha la- sciato le briciole ai suoi avversari, semplici controfigure: lo 0,72% all’indipendente Phillippe Mpayimana, e appena lo 0,45% all'unico candidato di opposizione “gr a d it o ”, il Verde Frank Habineza: “Ringrazio chi mi ha votato - ha detto Habineza - il risultato non mi conforta, ma colgo l’occasione per congratularmi col presidente Paul Kagame. Un appello ai ruandesi: siate calmi, uniti ed in pace”. L’unica candidata seria, in grado di infastidire il leader tutsi, Diane Rwigara, è stata costretta ad abbandonare la disputa.
Le firme che aveva raccolto per presentare la sua candidatura sono state, per ben due volte, ritenute irregolari. Paul Kagame, è passato dal 93% delle prime presidenziali, nel 2003, al risultato di ieri.
Un plebiscito che gli consentirà di governare almeno fino al 2024 ed estendere, vista la recente modifica della Costituzione, di ripresentarsi alle prossime presidenziali e invecchiare al potere; sulle orme dei vecchi dittatori africani, da Robert Mugabe in Zimbabwe a Teodor Obiang Nguema in Guinea Equatoriale, fino alla dinastia Bongo in Gabon. Da eroe per il popolo ruandese a leader con evidenti limiti nella gestione dell’opposizione per alcuni osservatori internazionali.
Una circostanza che lascia perplessi è come Kagame abbia fatto a convincere la maggioranza dei ruandesi di etnia hutu a garantirgli il consenso. La percentuale dei tutsi, infatti, non arriva al 20% e in fondo in Ruanda i conti col passato non sono mai stati chiusi.
NEL VICINO BURUNDI, dove le tensioni sono alle stelle, sta accadendo l’esatto contrario, ma soprattutto Kagame cerca di giocare la sua partita nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Molti lo accusano di appoggiare ed armare i gruppi ribelli nelle regioni del Kivu e Katanga per il controllo delle risorse di cui il Congo è ricchissimo. Resta poi un buco nero che appartiene alla storia: l’attentato che, di fatto, ha avviato il genocidio ruandese, la sera del 5 aprile 1994: l’abbattimento dell’aereo presidenziale, con a bordo Juvenal Habyiarimana. L’i nchiesta, partita l’indomani del disastro aereo sui cieli della capitale Kigali, assieme alla mattanza a colpi di machete, non è mai arrivata ad una conclusione. E non è mai stato chiarito se Kagame abbia avuto o meno un ruolo. Oggi il Ruanda è pacificato, ma il rischio di un ritorno delle violenze settarie non è scongiurato: “Il passato può tornare - racconta Jean Uwamahoro, ruandese di Kigali - non siamo al sicuro. Sto cercando di lasciare il Paese e partire per l’Europa”.
L’ascesa Paul Kagame, 59 anni, è salito al potere dopo il genocidio del 1994; nel 1990 aveva guidato le milizie Tutsi per fermare il genocidio compiuto dal governo Hutu. È riconosciuto dalla comunità internazionale tanto che partecipa al World Economic Forum di Davos