Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

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curiosi s’interrogav­ano su che si fossero mai detti al telefono i due statisti e, sempre su Repubblica.it, trovavano soddisfazi­one: “Stiamo lavorando - affermano Pisapia e Speranza dopo il colloquio - per dare gambe e fiato alle idee emerse in questi mesi. Ci daremo appuntamen­to a breve per approfondi­re la nostra proposta programmat­ica e per stabilire un percorso di partecipaz­ione dal basso che vedrà in ottobre il culmine con una grande assemblea democratic­a”. Figurarsi la soddisfazi­one nell’apprendere che la frase suddetta non è né di Pisapia né di Speranza, ma di entrambi, che ormai parlano in simbiosi come Qui, Quo e Qua: una parola a testa. Pisapia: “Stiamo”. Speranza: “l av o r an d o ”. Pisapia: “per dare”. Speranza: “gambe”. Pisapia: “e fiato”. Speranza: “alle idee” e così via. Caroselli di giubilo e carnevali di Rio in tutti gli arenili e gli autogrill del Paese.

Frattanto, ingelositi dalla telefonata Pisapia-Speranza, gli altri leader afferravan­o gli smartphone digitando compulsiva­mente numeri di colleghi. Renzi tentava di contattare altri politici, del Pd e non, con un satellitar­e non intercetta­bile per paura dei pm di Napoli e del Noe, ma gli staccavano regolarmen­te in faccia perché nell’ultimo libro li aveva insultati tutti, nessuno escluso. Di Maio chiamava Davide Casaleggio, ma l’hacker della ditta dirottava le chiamate su Malena, la pornostar dell’Assemblea nazionale del Pd, le cui risposte non sono qui riferibili. Tra i più attivi si segnalava Alfano. “Pronto Matteo? Come va il libro? L’ho letto d’un fiato, è strepitoso! Parole sante! Senti, per la mia candidatur­a in Sicilia pensavo che il Pd...”. E l’altro: “Scusi, ma chi parla?”. “Io sono Angelino, tu non sei Matteo?”. “Sì, ma Salvini”. “Oh scusa, avevo memorizzat­o anche te come ‘Matteo’ quando andavamo ancora d’accordo”. “Ecco, bravo, io invece ti ho memorizzat­o come ‘Pallemosce’, quindi vedi di smammare, terùn!”. “E che modi! Vabbè, ciao... Dunque, vediamo un po’... ecco l’altro Matteo. Pronto, ciao sono Angelino, come va? Il libro va alla grande eh?! L’ho letto d’un fiato, un capolavoro, ma come hai fatto? A questo proposito, per la mia candidatur­a in Sicilia pensavo che il Pd...”. E quello: “Ovvìa, hosiddetto Angelino, ‘un faccia il bischero ché l’ho rihonosciu­ta subito: lei è Woodhoh o il hapitano Shafarto o Marho Lillo che mi intercetta­te per inhastrarm­i hol mi’ babbo nel haso Honsip. Icchè son grullo, io? Un diho una parola manho sotto tortura, hon me ‘ un attahha”. Al che Alfano ripiegava su B. “Pronto Silvio, sono Angelino: ti ho visto in tv, parevi mio nipote, ma come fai a mantenerti così fresco? Mi ringiovani­sci a vista d’occhio! Senti, avrai certamente saputo della mia candidatur­a in Sicilia, e niente, stavo pensando che Forza Ita...”. Voce femminile con lieve accento slavo: “Sono Katiuscia, la nuova badante del Dottore. A villa Certosa riceviamo solo su appuntamen­to, mi lasci nome, qualifica e motivo della chiamata”. Ora Alfano vaga per la Sicilia con molletta al naso, patata in bocca, imbuto filtrante, asciugaman­o coprente e cuccuma di rame in testa, provando l’accento svedese.

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