Il Fatto Quotidiano

La guerra lampo in Libia di Groucho N. e Harpo B.

- » MARCO PALOMBI

Sarà un accostamen­to blasfemo, ma questa vicenda del conflitto in Libia del 2011 - su cui in questi giorni si susseguono le interviste rivelatric­i - assomiglia a una rassegna sui fratelli Marx, da Una notte all’opera a La guerra lampo. Si comincia così: Hollande freme per far fuori Gheddafi e farsi gli affari suoi in Libia; il fine stratega Cameron pure; Obama, che all’epoca in Nordafrica faceva cadere regimi a rotta di collo, pure; Putin fischietta­va. L’Italia non vorrebbe guerreggia­re, però, che fai, dici di no agli amici? E così s’arriva al teatro dell’opera di Roma: 17 marzo 2011, Muti dirige Il Nabucco. Alla fine del primo atto Giorgio “Groucho”(musone) Napolitano convoca in un salottino riservato il ministro della Difesa La Russa, il presidente del Senato Schifani, il premier Berlusconi, il suo consiglier­e Bruno Archi, Gianni Letta e, già che c’è, pure Paolo Bonaiuti. Al telefono da New York il ministro degli Esteri Frattini spiega che all’Onu ha vinto Hollande: si va a Tripoli, bel suol d’amore. Groucho N. pronuncia le fatali parole: “L’Italia non può rimanere fuori”. Harpo B., il fratello muto, non parla e si dibatte in preda al mal di stomaco: Muhammar è tanto un amico... Poi, però, lascia fare, salvo dire, anni dopo, “ho pensato di dimettermi” (ma intanto si dava da fare coi “responsabi­li” per non farlo). Il Pd applaude. E fu la guerra lampo, oggi detta “la guerra che l’Italia ha fatto all’Italia”(Prodi sull’emergenza sbarchi). Costruito il deserto chiamato pace, sono arrivate le Ong, prova certa, se ce n’è una, del precedente passaggio di un esercito occidental­e.

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