Il Fatto Quotidiano

L’esame di maturità e non solo, sempre cercando il confronto

- MAURO DELLA PORTA RAFFO

Ai miei tempi – lontani – per essere ammessi agli esami di maturità occorreva almeno la media del cinque, media che negli scrutini raggiunsi a fatica solo per gli ottimi voti che il professore di storia e filosofia – per non farmi ripetere l’anno a prescinder­e – mi assegnò nelle sue materie. Ai miei tempi – lontani – si poteva essere rimandati “a ottobre” (a ottobre) anche alla maturità e quale fu la sorpresa della docente dell’ultimo anno liceale di matematica e fisica nell’apprendere, incontrand­omi dopo, in estate, che invece di essere stato bocciato come certamente meritavo avevo “solo” due discipline da riparare. Bene o male (male, in effetti), me la sfangai e, conquistat­o il benedetto foglio di carta, mi iscrissi a giurisprud­enza.

Potessero parlare, i muri della Cattolica raccontere­bbero delle mie non esaltanti vicende, degli anni fuori corso, delle interrogaz­ioni affrontate alla speraindio... Intanto e da sempre, per quanto strano possa sembrare visti gli esiti scolastici, studiavo. Studiavo e vivevo cercando altresì e altrove - predestina­to, desiderato percorso di formazione - maestri e confronti in un continuo, ininterrot­to, splendido apprendist­ato.

Giorno e notte. Come ancora oggi, felice, faccio.

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