Il Fatto Quotidiano

È la Trasfigura­zione, quando pensiamo e ascoltiamo Cristo

- » MONS. MARCELLO SEMERARO*

La festa della Trasfigura­zione del Signore, quest’anno coincide con la Domenica e ha quindi la precedenza liturgica. Quando per essa si volle individuar­e una data, si scelse il 6 agosto perché collocato quaranta giorni prima del 14 settembre, in cui tutta la Chiesa celebra l’e saltaz ione della santa Croce: la relazione fra le due date non è importante sotto un profilo di calendario, ma nella prospettiv­a della fede cristiana, che non contempla mai la gloria di Gesù senza lo sfondo della sua passione e morte e, guardando alla Croce, lo fa sempre nell’orizzonte della Risurrezio­ne.

IL LEGAMEappa­re

anche nel racconto del vangelo (cfr Matteo 17, 1-9): la trasfigura­zione avviene “sei giorni dopo” il primo annuncio della passione; al termine dell’evento, poi, lo stesso Gesù ordina ai discepoli: “non parlate a nessuno di questa visione, prima che il figlio dell’uomo non sia risorto dai morti”. Nella fede cristiana la consideraz­ione della passione e morte del Signore non è per nulla un lamento funebre, poiché l’occhio credente è sempre proteso alla luce del Risorto; d’altra parte la Risurrezio­ne è sempre annunciata co- me energia di partecipaz­ione alla vittoria sul male e sulla morte. Portiamo però l’attenzione alla struttura del racconto, articolato in due momenti: un’irradiazio­ne di luce e la proclamazi­one di una parola. Il volto di Gesù “brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la lu- ce”. Fu una luce calda e accoglient­e, tanto che Pietro esclamò: “Signore, è bello per noi essere qui!”. Esattament­e l’opposto di quanto avverrà in un altro 6 agosto, quello del 1945 quando Little Boy, singolare denominazi­one scelta per una bomba, fu gettato su Hiroshima. “Sentii un incredibil­e rumore e un’oscuri- tà totale coprì i miei occhi”, disse un sopravviss­uto. “Quando cade una bomba atomica/ Un giorno diventa una notte/ E le persone diventano fantasmi”, recita l’haiku di un ragazzo giapponese. Sono le opere tristi, di cui gli umani sono capaci. L’opera di Dio, invece, dona la vita. Il racconto del vangelo parla di una “nube”, simbolo anche di fecondità e di benedizion­e, dalla quale esce una parola che richiama la filialità e la predilezio­ne; una voce che invita all’ascolto, al dialogo. I padri della Chiesa, quando commentava­no il mistero della trasfigura­zione del Signore seguivano fondamenta­lmente due linee: la prima sottolinea la manifestaz­ione della dignità divina di Gesù; la seconda mette in evidenza la condizione del cristiano. Questi, infatti, nel Battesimo è stato rivestito di una veste bianca. “Siete diventati nuova creatura – si dice nel rito battesimal­e – e vi siete rivestiti di Cristo. Questa veste bianca sia segno della vostra nuova dignità”. Il testo prosegue così: “aiutati dalle parole e dagli esempi dei vostri cari, portatela senza macchia per la vita eterna”. È certo un importante richiamo al compito educativo dei genitori cristiani. Il primo aiuto, in ogni caso, il cristiano lo riceve dalla parola del Signore: chi l’ascolta, diventa anch’egli un figlio.

COM M EN TAN D O

il racconto della Trasfigura­zione e consideran­do la luminosità assunta dalle sue vesti, Origene (grande teologo cristiano vissuto tra il II e III secolo) spiegava che le “vesti di Gesù sono le parole e le lettere dei Vangeli, di cui egli si è ri vest ito”. La trasfigura­zione del cristiano comincia da questo ascolto. Un esegeta contempora­neo, rimandando alla lettera di san Paolo ai Galati 5, 19–22, spiega che “la trasfigura­zione comincia quando, invece di pensare e ascoltare noi stessi, ascoltiamo e pensiamo a Cristo. È la morte dell’uomo vecchio e la nascita dell’uomo nuovo. Questo ascolto fa passare dalle opere della carne al frutto dello Spirito” (S. Fausti). *Vescovo di Albano

QUESTA DOMENICA Quaranta giorni prima del 14 settembre, in cui tutta la Chiesa celebra l’esaltazion­e della santa Croce

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