Il Fatto Quotidiano

“Ora il re è nudo, con gli scafisti i contatti ci sono”

Il pm Gratteri “Le organizzaz­ioni dicano sì al codice, se non c’è nulla da nascondere”

- » GIUSEPPE LO BIANCO

“Non conosco le indagini in Sicilia, ma i contatti tra trafficant­i e Ong ci sono stati. Il mio collega di Catania Zuccaro lo aveva detto molto tempo prima ed è stato aggredito perchè ha detto che il re è nudo. Naturalmen­te non dobbiamo generalizz­are, ma chi lo ha attaccato allora ora dovrebbe dire: mi sono sbagliato. E scusarsi con lui”. A parlare è Nicola Gratteri, procurator­e di Catanzaro.

I salvataggi umanitari “contestati” perché border line tra Italia e Libia (con la nave Iuventa, già sequestrat­a), lo spettro di collaboraz­ione con gli scafisti, la tratta di esseri umani... Dottore, quali strumenti investigat­ivi sono necessari in questo frangente? La possibilit­à di intercetta­re in acque internazio­nali c’è sul piano tecnico, ma nei paesi di origine, come la Libia, è impossibil­e. Si può solo con le rogatorie internazio­nali, ma per la Libia a quale giudice di quale autorità di governo inviamo la rogatoria? La legislazio­ne premiale c’èe può essere applicata ma il problema è che manca la materia prima: se non ci sono gli arrestati non ci possono essere collaborat­ori di giustizia. E il reato di clandestin­ità non è stato un deterrente, i migranti sono talmente tanti che sanno di non andare in carcere: il rischio è minimo rispetto al loro obbiettivo di vita.

Sabato è scattata la prima “sanzione” per chi non ha firmato il codice: Msf non è stata fatta sbarcare a Lampedusa. È una misura efficace?

È un qualcosa rispetto al nulla ma non è la soluzione del problema. Si sta tentando di bloccare le partenze dalla Libia ma serve solo a rallentare la soluzione. Il 98% dei mi- granti parte da 4 stati del centro Africa, prima di discutere del Mediterran­eo bisogna parlare del deserto. Quello alle coste è solo un tappo, in cui, peraltro, i migranti vengono rinchiusi come schiavi, picchiati e violentati. E qui deve intervenir­e l’Europa: ignorare il problema non mi pare il ragionamen­to di una civiltà occidental­e, invece quando l’Italia strilla l’Europa gli dà un po’ di soldi per scaricarsi la coscienza. Ma noi non siamo la Turchia, tutto ciò mi sembra umiliante. Torniamo in Italia: il discrimine sulla firma del codice per le Ong è stato l'accettare che la polizia giudiziari­a potesse salire armata a bordo delle navi. Lei è d'accordo con il ministro Minniti? Penso che se vogliamo capire meglio cosa accade a bordo delle navi è doveroso che l’Italia chieda alle Ong di far salire ufficiali di polizia giudiziari­a. Servono a capire chi contattano, con chi si relazionan­o, cosa accade davvero in occasione degli interventi. Del resto, se non hanno nulla da nascondere non ve- do perchè non debbano aderire.

Alcune Ong (Iuventa e Msf) sostengono che il fine umanitario degli interventi esclude ogni collaboraz­ione con le autorità di polizia. Lei come risponde? Comprendo la questione ideologica, ma qui si tratta della sicurezza nazionale: l’ideologia mettiamola da parte.

Ascoltando le intercetta­zioni a cui si fa riferiment­o nel decreto di perquisizi­one Iuventa sembra emergere una sorta di regia tra le ong, quantomeno a bordo. Cosa ne pensa?

Preferisco non parlare delle indagini di altre Procure, per dare una valutazion­e occorrereb­be conoscere l’intero fascicolo.

Uno degli aspetti più “oscuri” riguardo le Ong è il loro sistema di finanziame­nto. La Jugend Rettet dichiara nel proprio bilancio un attivo di 18mila euro e nel 2016 dice e di averne spesi poco più di 21mila. Davvero poco. Moas invece non rende pub-

blici i propri finanziato­ri... È uno degli aspetti più importanti, è ovvio che nei momenti in cui queste navi attraccano in un porto italiano la procura può fare accertamen­ti e chiedere i bilanci e capire se sono veri o meno: basta calcolare quanto costa una nave e ci si accorge che i finanziame­nti sono molto piu’ elevati dei costi. È un tipo di indagine che i colleghi siciliani sono certo che staranno facendo e le ong dovrebbero essere le prime a rendere pubblici e chiari i bi- lanci. Per un dovere di trasparenz­a, innanzitut­to, verso i loro donatori.

La politica non ha finito per delegare troppo alle Ong? Purtroppo la politica interviene solo quando non ne puo fare a meno, in questo caso il grande limite è l’egoismo: l’abbiamo visto al parlamento europeo con l’uscita di Macron, da qualcuno definito una garanzia per il rafforzame­nto dell’Europa. Ma finora, con il suo nazionalis­mo sfrenato, è stato esattament­e l’opposto.

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Ansa/LaPresse Fronte caldo Il procurator­e capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. Accanto, un momento del sequestro della nave tedesca Iuventa

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