“Ora il re è nudo, con gli scafisti i contatti ci sono”
Il pm Gratteri “Le organizzazioni dicano sì al codice, se non c’è nulla da nascondere”
“Non conosco le indagini in Sicilia, ma i contatti tra trafficanti e Ong ci sono stati. Il mio collega di Catania Zuccaro lo aveva detto molto tempo prima ed è stato aggredito perchè ha detto che il re è nudo. Naturalmente non dobbiamo generalizzare, ma chi lo ha attaccato allora ora dovrebbe dire: mi sono sbagliato. E scusarsi con lui”. A parlare è Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro.
I salvataggi umanitari “contestati” perché border line tra Italia e Libia (con la nave Iuventa, già sequestrata), lo spettro di collaborazione con gli scafisti, la tratta di esseri umani... Dottore, quali strumenti investigativi sono necessari in questo frangente? La possibilità di intercettare in acque internazionali c’è sul piano tecnico, ma nei paesi di origine, come la Libia, è impossibile. Si può solo con le rogatorie internazionali, ma per la Libia a quale giudice di quale autorità di governo inviamo la rogatoria? La legislazione premiale c’èe può essere applicata ma il problema è che manca la materia prima: se non ci sono gli arrestati non ci possono essere collaboratori di giustizia. E il reato di clandestinità non è stato un deterrente, i migranti sono talmente tanti che sanno di non andare in carcere: il rischio è minimo rispetto al loro obbiettivo di vita.
Sabato è scattata la prima “sanzione” per chi non ha firmato il codice: Msf non è stata fatta sbarcare a Lampedusa. È una misura efficace?
È un qualcosa rispetto al nulla ma non è la soluzione del problema. Si sta tentando di bloccare le partenze dalla Libia ma serve solo a rallentare la soluzione. Il 98% dei mi- granti parte da 4 stati del centro Africa, prima di discutere del Mediterraneo bisogna parlare del deserto. Quello alle coste è solo un tappo, in cui, peraltro, i migranti vengono rinchiusi come schiavi, picchiati e violentati. E qui deve intervenire l’Europa: ignorare il problema non mi pare il ragionamento di una civiltà occidentale, invece quando l’Italia strilla l’Europa gli dà un po’ di soldi per scaricarsi la coscienza. Ma noi non siamo la Turchia, tutto ciò mi sembra umiliante. Torniamo in Italia: il discrimine sulla firma del codice per le Ong è stato l'accettare che la polizia giudiziaria potesse salire armata a bordo delle navi. Lei è d'accordo con il ministro Minniti? Penso che se vogliamo capire meglio cosa accade a bordo delle navi è doveroso che l’Italia chieda alle Ong di far salire ufficiali di polizia giudiziaria. Servono a capire chi contattano, con chi si relazionano, cosa accade davvero in occasione degli interventi. Del resto, se non hanno nulla da nascondere non ve- do perchè non debbano aderire.
Alcune Ong (Iuventa e Msf) sostengono che il fine umanitario degli interventi esclude ogni collaborazione con le autorità di polizia. Lei come risponde? Comprendo la questione ideologica, ma qui si tratta della sicurezza nazionale: l’ideologia mettiamola da parte.
Ascoltando le intercettazioni a cui si fa riferimento nel decreto di perquisizione Iuventa sembra emergere una sorta di regia tra le ong, quantomeno a bordo. Cosa ne pensa?
Preferisco non parlare delle indagini di altre Procure, per dare una valutazione occorrerebbe conoscere l’intero fascicolo.
Uno degli aspetti più “oscuri” riguardo le Ong è il loro sistema di finanziamento. La Jugend Rettet dichiara nel proprio bilancio un attivo di 18mila euro e nel 2016 dice e di averne spesi poco più di 21mila. Davvero poco. Moas invece non rende pub-
blici i propri finanziatori... È uno degli aspetti più importanti, è ovvio che nei momenti in cui queste navi attraccano in un porto italiano la procura può fare accertamenti e chiedere i bilanci e capire se sono veri o meno: basta calcolare quanto costa una nave e ci si accorge che i finanziamenti sono molto piu’ elevati dei costi. È un tipo di indagine che i colleghi siciliani sono certo che staranno facendo e le ong dovrebbero essere le prime a rendere pubblici e chiari i bi- lanci. Per un dovere di trasparenza, innanzitutto, verso i loro donatori.
La politica non ha finito per delegare troppo alle Ong? Purtroppo la politica interviene solo quando non ne puo fare a meno, in questo caso il grande limite è l’egoismo: l’abbiamo visto al parlamento europeo con l’uscita di Macron, da qualcuno definito una garanzia per il rafforzamento dell’Europa. Ma finora, con il suo nazionalismo sfrenato, è stato esattamente l’opposto.