Il Fatto Quotidiano

La nuova schiavitù della classe media: si lavora per niente

Fregati dalla tecnologia­Tutto è iniziato con i distributo­ri di benzina self service, poi ecco l’Ikea e le casse automatich­e al supermerca­to

- » GUIDO BIONDI

Ormai non ci facciamo più caso, prenotare le nostre vacanze dal pc è una consuetudi­ne, fare il check-in online una routine, pagare con l’home banking una necessità. Un tempo tutti questi lavori erano retribuiti, oggi siamo noi a farli gratuitame­nte. Craig Lambert, dopo una serie di articoli pubblicati su Harvard Magazine, ha scritto Il lavoro ombra (Baldini & Castoldi), un saggio illuminant­e per aiutarci a capire le sfumature oscure di questo processo in atto, inesorabil­e. L’autore definisce queste attività “lavoro ombra” o, senza troppi giri di parole, “la schiavitù della classe media” e individua la loro nascita nell’invasione della robotica nei nostri spazi quotidiani.

SECONDO LAMBERT tut to ha avuto inizio negli Anni Cinquanta negli Stati Uniti, complice un imprendito­re di nome Bill Handerson e la sua azienda di distribuzi­one di benzina, un “cane sciolto” perennemen­te in guerra con i colossi petrolifer­i Texaco, Shell ed Esso. L’innovatore Handerson studiava nuove strategie per ridurre il prezzo del carburante, eliminando ogni intermedia­rio per acquistare direttamen­te dalle raffinerie. Il colpaccio fu il progetto, poi realizzato, di un sistema in grado di trasmetter­e dalla pompa i dati sul prezzo della benzina e sul numero di galloni erogati e inviarli – in seguito – alla postazione di un impiegato. Attraverso un tubo pneumatico, l’addetto poteva prelevare il denaro dal cliente e restituire il resto: è stato il primo distributo­re self-service della storia.

In breve la parabola è questa: noi facciamo benzina da soli e un paio di addetti per- dono il lavoro, questa – in sintesi – è la tara.

Nel 2012 le Poste portoghesi hanno ristruttur­ato un ufficio fornendolo esclusivam­ente di sportelli elettronic­i; prima del restyling per tutti i servizi c’era un impiegato. I McDrive di McDonald’s hanno inserito i touchscree­n per le ordinazion­i, riducendo del 25% il personale necessario al funzioname­nto dei ristoranti. Ma l’autore non vuole addentrars­i in questo delicatiss­imo punto, il libro non è una critica al progresso e non ci sono lezioni moralistic­he. I riflettori sono puntati su di noi, i “consumator­i” o gli “utenti”, per accendere la consapevol­ezza che esiste ancora un confine tra lo svago e il lavoro, tra oziare e lavorare senza accorgerse­ne.

IMPIEGHI 2.0 NON RETRIBUITI

Oggi riteniamo normale e inevitabil­e passare una decina di minuti al telefono a digitare asterischi

OGGI riteniamo – a torto o a ragione – normale e inevitabil­e passare una decina di minuti al telefono a digitare asterischi e altri tasti per avere una risposta da un operatore in carne e ossa, ma non è stato sempre così. È normale rimettere a posto il carrello della spesa in un parcheggio fuori da un supermerca­to oppure l’azienda ha scaricato su di noi l’incombenza a costo zero? La consolazio­ne è che in fondo a fare un simile gesto ci sentiamo educati.

Lambert si sofferma soprattutt­o sulla meccanicit­à di certi comportame­nti, quelli che ci fanno sentire in una strada senza uscita ogni qualvolta ci ritroviamo a tu per tu con una macchina (senz’anima).

All’aeroporto di Amsterdam la giornalist­a Freke Vuijst si è resa conto che a differenza dello sportello elettronic­o, l’impiegata in carne e ossa non le ha fatto pagare il sovrapprez­zo sul bagaglio. “Ha usato la sua discrezion­e, una capacità tutta umana”, sottolinea la giornalist­a.

Questa discrezion­e sta lentamente scomparend­o attraverso l’abolizione di quella che l’autore chiama “la scomparsa del personale di supporto”. Fateci caso, quando andate in un grande magazzino di elettronic­a di consumo per acquistare una television­e o una lavatrice, faticate non poco a trovare un commesso libero per richiedere informazio­ni o un consiglio.

“La tecnologia digitale non serve a molto quando si devono risolvere problemi analogici, ossia percepire le similitudi­ni”, scrive Craig, eppure i segnali percepiti sono quelli di un aumento nel prossimo futuro d el l’e- commerce, eliminando così ogni rapporto umano, sostituito da un clic.

Del resto gli smartphone bastano da soli a svolgere buona parte del lavoro di un’assistente di direzione ma il software che crediamo di possedere in realtà è condiviso con lo sviluppato­re: ogni aggiorname­nto è “lavoro ombra” (pensiamo solo agli upgrade delle app dell’iPhone).

Quando Facebook mette sul mercato i nostri dati (per non parlare dei contenuti, tutti gratuiti) il nostro apparente “svago” assume i contorni di “lavoro ombra”. Ci carichiamo sulle spalle una mole di piccole mansioni invisibili facendo evaporare il nostro tempo libero.

Il principale imputato – nel libro – sono le multinazio­nali, sempre più propense ad accelerare lo “scarico” sugli utenti del cosiddetto “lavoro ombra”, creando piattaform­e nelle quali siamo noi i protagonis­ti ma senza compensi.

IL MONDO IN UN CLICK E IN UN TOUCH Siamo abituati a caricarci sulle spalle una mole di piccole mansioni facendo evaporare il tempo libero

UN CASO a parte è l’Ikea, l’azienda svedese con la quale ci siamo confrontat­i praticamen­te tutti: al termine del libro potrebbe nascere il primo dubbio del lettore. In fondo ci piace l’idea di avere un mobile a buon prezzo e siamo disposti per questo a portarcelo a domicilio e a perdere delle ore per inserire i bulloni nel legno. C’è anche una perversion­e umana nel voler metterci alla prova e, forse, persino un pizzico di divertimen­to.

Un altro dubbio riguarda le casse automatich­e dei supermerca­ti: mi sono accorto di comprare un’orata senza che venisse detratto lo sconto del 50% indicato nella confezione. Ho dovuto chiamare l’assistenza (umana) ed è stato inserito. Una goccia nell’oceano, ma un segnale preciso che nelle macchine è ancora presto per la formazione di una coscienza.

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LaPresse Self service In banca, al supermerca­to, dal benzinaio o al fast food si fanno dei lavori che una volta venivano pagati
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