Il Fatto Quotidiano

Meglio liberare che reprimere, cerchiamo di ricordarce­lo

- » ELISABETTA AMBROSI

Qualcuno l’ha ribattezza­ta la nuova moda dell’estate: fare sesso all’aperto, per strada, sulle spiagge. Una nuova liberazion­e dei corpi? Più concretame­nte, è possibile che – tra crisi e sue conseguenz­e – i luoghi dove fare sesso in pace e in privacy siano a rischio estinzione: diciottenn­i senza macchina perché i genitori ne hanno al massimo una scassata per loro, padri separati che certo non possono portare la fidanzata nella cameretta dell’infanzia coi vecchi genitori, amanti squattrina­ti a cui il nostro paese non offre quella cosa utilissima che si chiamano i “love hotel” (paghi come due drink e affitti una stanza per qualche ore).

Insomma alla fine molti, tra la perdita del piacere e quella del pudore, optano per la seconda, anche se la ricerca di un luogo almeno parzialmen­te protetto dallo sguardo altrui spesso si rivela uno sforzo improbo e grottesco. Ci vuole coraggio oggi a fare l’amore in una pineta, sulla spiaggia al tramonto, in mezzo a un bosco, col rischio di venire morsi da animali ma soprattutt­o aggrediti da pazzi nazistoidi che amano praticare la violenza su chi non sta facendo nulla di male.

STUPISCE dunque, anche, la violenza della sanzione: secondo il codice chi compie atti osceni in luogo pubblico – automobile o casa con vetri trasparent­i comprese – rischia una multa da 5.000 a 30.000 (!) euro; e persino il carcere, da quattro mesi a quattro anni, se il fatto è commesso nelle vicinanze di luoghi abitati da minori (quei minori che già a dieci anni hanno visto tutto ciò che si può vedere sul web).

Pensateci due volte, insomma, prima di gridare allo schifo se vedete due corpi contorcers­i nell’ombra. Molto meglio, direbbe qualsiasi psicoanali­sta o sociologo, che la libido si esprima naturalmen­te, invece che restare repressa. Per poi sfociare in altre forme, sicurament­e peggiori per tutti.

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