Meglio liberare che reprimere, cerchiamo di ricordarcelo
Qualcuno l’ha ribattezzata la nuova moda dell’estate: fare sesso all’aperto, per strada, sulle spiagge. Una nuova liberazione dei corpi? Più concretamente, è possibile che – tra crisi e sue conseguenze – i luoghi dove fare sesso in pace e in privacy siano a rischio estinzione: diciottenni senza macchina perché i genitori ne hanno al massimo una scassata per loro, padri separati che certo non possono portare la fidanzata nella cameretta dell’infanzia coi vecchi genitori, amanti squattrinati a cui il nostro paese non offre quella cosa utilissima che si chiamano i “love hotel” (paghi come due drink e affitti una stanza per qualche ore).
Insomma alla fine molti, tra la perdita del piacere e quella del pudore, optano per la seconda, anche se la ricerca di un luogo almeno parzialmente protetto dallo sguardo altrui spesso si rivela uno sforzo improbo e grottesco. Ci vuole coraggio oggi a fare l’amore in una pineta, sulla spiaggia al tramonto, in mezzo a un bosco, col rischio di venire morsi da animali ma soprattutto aggrediti da pazzi nazistoidi che amano praticare la violenza su chi non sta facendo nulla di male.
STUPISCE dunque, anche, la violenza della sanzione: secondo il codice chi compie atti osceni in luogo pubblico – automobile o casa con vetri trasparenti comprese – rischia una multa da 5.000 a 30.000 (!) euro; e persino il carcere, da quattro mesi a quattro anni, se il fatto è commesso nelle vicinanze di luoghi abitati da minori (quei minori che già a dieci anni hanno visto tutto ciò che si può vedere sul web).
Pensateci due volte, insomma, prima di gridare allo schifo se vedete due corpi contorcersi nell’ombra. Molto meglio, direbbe qualsiasi psicoanalista o sociologo, che la libido si esprima naturalmente, invece che restare repressa. Per poi sfociare in altre forme, sicuramente peggiori per tutti.