Il Fatto Quotidiano

Il mondo corre veloce, curiamoci con la nostalgia

TENDENZE Da una boccetta piena di conchiglie a un modellino. Una mostra al Maxxi di Roma con oggetti portati dal pubblico all’insegna del passatismo, sentimento assai di moda

- » GIORGIO BIFERALI

In un museo ci sono una boccetta piena di conchiglie, un tutù, un modellino architetto­nico venuto male, una raccolta di opere di Woody Allen, tra libri ingialliti, dvd e immagini rubate per caso. È lo Street Museumdi Yona Friedman, architetto ungherese ultranovan­tenne, che per la sua mostra Mobile Architectu­real Museo Maxxi di Roma ha messo insieme una serie di oggetti che gli sono stati donati dal pubblico, ognuno dei quali rappresent­a un ricordo, un momento importante.

È la nostalgia che diventa opera d’arte, è il mondo di oggi, tutto rivolto all’indietro. Un mondo strano, sì, paradossal­e, dove si fanno ore di fila per comprare un iPhone e poi ci si lamenta che nessuno si parla più, dove regnano le playlist di Spotify e poi la domenica mattina si va al mercatino vintage per comprare i vinili. Forse è un sorta di alibi, di consolazio­ne, pensare a quel tempo ideale che non tornerà più, il tempo delle lettere, dei telefoni, quelli con il filo, dei pomeriggi al parco, dei posti fissi per tutti, del “ci basta così poco, sai, per essere felici”. Al cinema l’enfant prodige canadese Xavier Dolan, classe 1989, al di là dell’estetica pop, un po’ da videoclip, si rifà alle inquadratu­re e agli ambienti del cinema classico, omaggia gli espedienti narrativi di Truffaut e anche nella musica, a parte le hit estive che fungono quasi da cortocircu­ito, spazia da Beethoven ai Cure, fino ad arrivare a Bang Bangdi Dalida. Mentre l’americano Damien Chazelle, nato nel 1985, ha girato il film più nostalgico degli ultimi anni: La La Land. Nella patina magica della “city of stars”(città delle stelle o delle star?), Los Angeles, che rievoca chiarament­e musical come Cantando sotto la pioggia o West Side Story, si consuma l’amore tra Mia e Sebastian, tra lei che s’immagina come una diva di Hollywood e lui che sogna di aprire un locale dove si suonano solo i classici del jazz.

LA SERIE che ha avuto più successo negli ultimi tempi è Stranger Things ( Net flix), consigliat­a a quelli nati o cresciuti negli Anni Ottanta, che omaggia maestri come Spielberg, Carpenter e Stephen King, e una colonna sonora che passa dai Clash ai Joy Division. Per non parlare, poi, della musica, soprattutt­o quella italiana, dei nuovi can- tautori che un tempo si definivano indie e che oggi sono diventati pop. Oltre alle sonorità, elettronic­he e non, Anni 80/ 90, i testi rivelano uno sguardo malinconic­o, nostalgico, e spesso una nuova forma di saudade. Un bambino gioca con la palla e ha “gli occhi neri di malinconia, che poi è la stessa mia”, canta Gazzelle, mentre saluta il presente con Sayonara. La “faccia da cazzo” degli adolescent­i è “l’unica vera nostalgia che ho”, dice Contessa dei Cani, mentre cammina per il suo quartiere (Corso Trieste). “La mia malinconia è tutta colpa tua e di qualche film anni Ottanta”, cantano i Thegiornal­isti. Nostalgia spontanea, naturale, vitale, come se per andare avanti non potessimo far altro che guardarci indietro. Tutto sembra fatto per diventare ricordo. Aveva ragione Calcutta, forse, quando cantava: “Allora dimmi, che cosa mi manchi a fare?”

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