“Se serve a incassare faccio scoppiare anche una bomba”
Disposti a tutto per 10 euro di indennità Le intercettazioni dei vigili del fuoco piromani: triplicati gli interventi per incendi veri o fasulli con l’aiuto dei parenti
Fin’ora era una voce sotto traccia, respinta con sdegno dagli interessati, e confermata di tanto in tanto dal singolo arresto di un operaio forestale in servizio antincendio sorpreso con i fiammiferi ad appiccare il fuoco, invece che a spegnerlo. Ora che a Ragusa ne hanno beccati 15 (il capo agli arresti domiciliari, gli altri indagati), un’intera squadra di volontari aggregati ai Vigili del fuoco, si ripropone in Sicilia il problema della tutela del territorio affidato alle cure di un precariato criminale che si preoccupa di devastarlo per lucrarci sopra.
In questo caso il “prezzo” sono solo 10 euro a intervento, il costo pagato dallo Stato ai volontari organizzati nella squadra D del distaccamento di Vigili del fuoco di Santa Croce Camerina, che tra il 2013 e il 2015 hanno sperimentato un metodo ineffabile per arrotondare i compensi: reclutando parenti e amici incaricati di lanciare inesistenti allarmi telefonici al centralino del 115 simulavano gli incendi e in molti casi, come nel film di Ron Howard Fuoco assassino, li andavano ad appiccare direttamente a cassonetti e sterpaglie ai bordi delle strade, prima di uscire a sirene spiegate con le autobotti per andarli a spegnere. Quattro in squadra per ogni intervento, 40 euro assicurati in questo criminale gioco del fuoco ‘fai da te’.
‘’LORO SANNO TUTTO, sanno che abbiamo dato fuoco”, hanno detto, ammettendo così la loro colpevolezza, proprio mentre venivano intercettati in una saletta della questura di Ragusa in attesa di essere interrogati. In quell’occasione si sono scambiati accuse reciproche ma gli investigatori della squadra Mobile di Ragusa, guidati da Nino Ciavola avevano già raccolto le prove necessarie per inquadrarli nell’operazione ‘Efeso’, scattata ieri dopo alcuni mesi di intercettazioni telefoniche e pedinamenti.
L’osservazione e la documentazione ambientale raccolta hanno consentito di “inchiodare” Davide De Vita, il caposquadra che nelle ore di servizio usciva alla guida di un furgoncino per andare ad appiccare le fiamme. Al gruppo di ‘pompieri incendiari’ il pm di Ragusa, Valentina Botti, aveva contestato anche l’associazione per delinquere, ma l’ipotesi è stata respinta dal gip Andrea Reale, e adesso la Procura sta valutando se riproporla con un ricorso. Dallo “screening in cui si sono esaminate ragioni e giustificazio- ni degli interventi – ha detto il pm Botti – si è passati all’intercettazione dei componenti; è emersa l’esistenza di un accordo tra Vigili del fuoco volontari che simulavano interventi per l’erogazione delle indennità, pagate sulla base degli interventi fatti”. Ad allertare gli investigatori erano stati gli stessi vigili del fuoco, insospettiti dal numero di interventi della squadra D, oltre 120, pari a tre volte la media delle altre. Un dato che aveva suscitato malumori ma anche la voglia di aggregazione di altri volontari, che speravano di guadagnare di più. Per loro, infatti, l’indennizzo di 10 euro scatta soltanto se viene compiuto un intervento: se restano in caserma non percepiscono alcun rimborso.
SEPPURE MINIMO, l’indennizzo ottenuto aveva alimentato un giro di affari a cui nessuno voleva rinunciare: in un caso, gli investigatori della Mobile hanno sorpreso De Vita che diceva di essere disposto “a fare scoppiare una bomba” pur di percepire l’indennità. I 14 incendiari non sono stati arrestati, nonostante la richiesta della Procura, perché il gip ha ritenuto che il tempo decorso (2013-2015) dai fatti e la confessione dei reati attenuasse le esigenze cautelari; a finire agli arresti domiciliari è stato il solo caposquadra perché sorpreso ad appiccare il fuoco anche dopo il 2015, fino a poco tempo prima di essere allontanato dal corpo dei Vigili del fuoco come tutti i suoi colleghi.