Il Pd con l’uomo di Alfano (e Totò)
Il sottosegretario Castiglione gongola: oltreché il candidato governatore (Giovanni La Via in pole) nell’isola, il Pd offre pure l’accordo per le Politiche
Prima di procedere nella lettura bisognerà tener conto di questo aforisma infilato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa all’inizio del Gattopardo: “In nessun luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve”. Parlandosi qui di politica siciliana, forse la durata è ancora minore. Fatto sta che nell’isola tutto sembra apparecchiato per una riedizione in grande stile dell’accordo di Palermo tra Renzi e Alfano: alle ultime comunali il Pd e Alternativa popolare si sono presentati insieme, coi simboli camuffati, raccogliendo l’8% e spiccioli.
IL RISULTATO deve aver entusiasmato i due partiti visto che - benedetti dall’ex ministro Dc Totò Cardinale - stanno discutendo come riproporre la formula per le Regionali del 5 novembre. Il ras alfaniano nell’isola, il sottosegretario Giuseppe Castiglione - che andrà a giudizio immediato nell’inchiesta sulla gestione del Centro richiedenti asilo di Mineo, feudo elettorale suo e del suocero Pino Firrarello, ex senatore Pdl - l’ha detto ieri chiaramente all’Ansa: “Il dialogo è molto avanzato. L’accordo non è ancora chiuso, ma il confronto è positivo”.
Per sposarsi col Pd e portargli i suoi voti, però, Alfano e soci chiedono due cose. La prima è che il candidato governatore sia dei loro: il nome più getto-
Il Celeste ci ripensa Formigoni, finora grande sponsor dell’intesa a sinistra, ora è tornato da Silvio
nato è quello di Giovanni La Via - eurodeputato, presidente della commissione Agricoltura a Strasburgo (e già assessore con Cuffaro e Lombardo) e una delle poche facce presentabili dell’alfanismo siculo - ma in corsa restano anche l’ex ministro Gianpiero D’Alia e Dore Misuraca. Quest’ultimo è anche l’uomo che sta ge- stendo le trattative coi plenipotenziari renziani: il coordinatore Pd Lorenzo Guerini e il ministro Graziano Delrio.
Fin qui, niente di sconvolgente per un partito che deve uscire vivo dal disastro, anche mediatico, della Giunta di Rosario Crocetta. Solo che c’è la seconda richiesta, non trattabile, degli alfaniani: l’accordo deve valere anche per le Politiche. In sostanza, se la legge elettorale rimane quella venuta fuori dalle Politiche, in Senato non ci sarà il premio di maggioranza, ma la possibilità di coalizzarsi sì: per Alternativa popolare è la differenza tra vivere e morire visto che la soglia di sbarramento è all’8% per le liste “solitarie” e al 3% per quelle che fanno parte di una coalizione che superi il 20% dei voti.
Siccome, però, in nessun luogo quanto in Sicilia la verità ha vita breve, l’altro coordinatore regionale di Ap, Francesco Cascio - condannato a 32 mesi per aver favorito due imprenditori - parla sì di trattativa in “fase abbastanza avanzata” ma chiede anche una riunione di partito: “C’è una pattuglia di 16 parlamentari tra regionali e nazionali e nessuna decisione che riguarda l’Isola può essere presa senza il sigillo del direttivo”.
E SEMPRE perché in nessun luogo eccetera, ieri il primo sponsor di quel progetto finora, Roberto Formigoni - che ha i suoi guai con la giustizia anche lui e guida un manipolo di eletti nell’Assemblea regionale - ha invece svoltato a destra. “L’alleanza col Pd i siciliani non la vogliono”, ha detto all’Adnkronos:“In Sicilia ci sono le condizioni per un’alleanza del centrodestra, basata su generosità e inclusività, ma per questo ogni componente minore deve smetterla di porre condizioni”. Tradotto: Silvio Berlusconi, tramite Gianfranco Miccichè - che intanto tenta di boicottare la candidatura di Nello Musumeci, appoggiata da Salvini e Meloni - gli ha promesso qualche poltrona nell’isola e, più probabilmente, a Roma nel 2018.