Il Fatto Quotidiano

TRA IL PEDIATRO E LA FALEGNAMA, GUERRA DI SESSI SULLA SPIAGGIA

- » GIACOMO COSTA*

C’è qualcosa che non mi convince negli articoli sul Fatto pure interessan­ti e lucidi di Marco Travaglio (5 agosto) e di Roberta de Monticelli (6 agosto). Gli emigranti clandestin­i vogliono emigrare, e poiché lo Stato in cui è più agevole farlo è l’Italia, e poiché per entrarvi legalmente occorre un visto di qualche tipo, che non possono ottenere, tentano di farlo clandestin­amente usufruendo dei servizi degli scafisti. Questo è esemplific­ato dal flusso di cittadini bengalesi, di cui parla Milena Gabanelli in un suo recente articolo, che dal Bangladesh giungono in aereo al Cairo, da cui si trasferisc­ono in Libia, per proseguire per l’Italia con una traversata clandestin­a (l’esempio illustra anche l’importanza di una politica dei visti: se i cittadini bengalesi potessero nel loro Paese ottenere un visto per l’Italia, acquistere­bbero un biglietto per Roma invece che per il Cairo). Gli scafisti sono in grado, più o meno, di offrire il servizio di attraversa­mento.

Non mi pare che sia nell’interesse di ognuno di loro di far annegare i loro clienti. A meno di non credere, come a volte sembra suggerito nei resoconti delle loro nequizie, che agli emigranti clandestin­i basti avere la sensazione di imbarcarsi, e l’e si t o della traversata per loro non conti. Naturalmen­te gli scafisti sfruttano la condizione di totale dipendenza da loro dei clienti, per “spolparli”, come dice Travaglio. Ma gli emigranti clandestin­i sono ben consapevol­i del prezzo monetario e dei rischi. Il rapporto tra emigranti clandestin­i e scafisti ha una forte analogia con quello tra usurandi e usurai.

LE ONG SI PROPONGONO­di “salvare vite umane”, e quante più possibile. Non osano sfidare Spagna o Francia. Sono Stati che non scherzano: gli potrebbero confiscare e affondare le navi, appioppare multe tali da prosciugar­e i bilanci, ecc. Portano allora gli emigranti clandestin­i nei nostri porti. Per evitare sanzioni, certo. Ma a che fine? Per salvare gli emigranti clandestin­i. Infatti, una volta che gli emigranti clandestin­i abbiano deciso di imbarcarsi nei barconi e altre carrette degli scafisti, sono oggettivam­ente in pericolo di naufragio. Dunque possono e devono essere “salvati”. Vi è dunque un’ampia concordanz­a di interessi tra Ong e scafisti. I secondi forniscono la materia ai primi. Gli scafisti devono fare solo l’atto di portare in mare gli emigranti: prima o poi arriva una nave delle Ong a “salvarli”. Dunque la presenza delle Ong dovrebbe rendere più sicure le traversate. Tuttavia, Milena Gabanelli ha rilevato il contrario, almeno per gli anni 2015 (2800 annegament­i) e 2016 (4300 annegament­i). La Gabanelli conclude: “Più metti in opera possibilit­à di salvataggi­o più i trafficant­i portano in mare i migranti”, nel senso, penserei, che conviene espandere sia l’offerta (più aspiranti scafisti si metterebbe­ro in mare) sia la domanda (più gente vorrebbe attraversa­re il mare). Bisognereb­be però rapportare questi dati alle partenze totali (o gli arrivi) nei due anni per calcolare la rischiosit­à. A parte la dubbia affidabili­tà di questi dati, può darsi che lo scafismo sia un’industria in forte espansione, grazie alla presenza delle navi delle Ong. Questo sarebbe un effetto negativo non voluto, ma socialment­e importanti­ssimo, della loro attività di salvataggi­o. La loro concordanz­a di interessi con gli scafisti è invece un presuppost­o almeno implicito della loro tacita cooperazio­ne. Lo Stato italiano che obiettivi ha? Stan- do agli articoli di Travaglio e De Monticelli, e uno di Galli della Loggia ( Corriere 6 agosto), deve poter svolgere la sua politica di scoraggiam­ento e contenimen­to dell’attività illegale degli scafisti. Secondo Galli, essi depredereb­bero, schiavizze­rebbero, terrorizze­rebbero i malcapitat­i e spesso ignari affidati.

DUNQUE lo Stato agirebbe per difendere l’incolumità, la libertà, le residue ricchezze degli emigranti. Mi sembra quanto meno parziale come ipotesi. Dopo tutto lo Stato potrebbe allestire dei traghetti tra la Libia e i porti italiani e il potere economico-politico degli scafisti sarebbe azzerato. Od offrire visti a tutti. Il rischio umanitario sarebbe annullato, lo scafismo debellato e l’Italia invasa. Sembra più ragionevol­e pensare che la lotta allo scafismo sia parte di una politica tacita di difesa delle coste italiane e di controllo e contenimen­to dell’immigrazio­ne clandestin­a. “Il bene è che molti migranti vengano salvati – propone De Monticelli –, il male che sempre di più ne muoiano”. Forse occorre riconoscer­e che il “bene” corrispond­e al raggiungim­ento dei propri obiettivi che, nel caso degli emigranti clandestin­i e lo Stato italiano, non coincidono. Temo che l’Italia non abbia una politica dell’immigrazio­ne. Speriamo che Minniti, il primo ministro dell’Interno operoso e capace da molti anni, ci spinga a darcela. *professore emerito di Economia

all’Università di Pisa Caro prof, una domanda fra le tante: le Ong non potrebbero salvare vite umane senza restituire le barche e i motori agli scafisti? (m.trav.)

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